A quasi un anno di distanza dalla presentazione al Toronto Film Festival, arriva finalmente nelle sale italiane, il 27 giugno, La mia vita con John F. Donovan, penultimo film di Xavier Dolan (che nel frattempo ha presentato in concorso all'ultimo Festival di Cannes Matthias & Maxime) con un cast stellare, ovvero: Kit Harington, Natalie Portman, Susan Sarandon, Kathy Bates, Thandie Newton, Michael Gambon e Jacob Tremblay.
La mia vita con John F. Donovan rappresenta l'esordio in lingua inglese per il regista del Québec e la sua prima opera dalla lavorazione travagliata: il grande numero di premi Oscar deve aver dato non poco da pensare all'enfant prodige del cinema contemporaneo, che ha montato e rimontato il film più volte, lui che in genere è rapidissimo, arrivando perfino a tagliare del tutto il ruolo affidato a Jessica Chastain, quello di una giornalista di gossip pronta a tutto.
Storia scritta a partire da uno spunto personale, ovvero la lettera scritta da un giovanissimo Dolan a Leonardo DiCaprio, il film racconta la storia di Rupert (Jacob Tremblay), ragazzino che sogna di diventare attore come il suo idolo, John F. Donovan (Kit Harington), star della tv passata al cinema, a cui scrive una lettera piena di ammirazione e, contro ogni aspettativa, riceve una risposta.
La video intervista a Xavier Dolan
Per Xavier Dolan l'istinto e gli attori al centro di tutto
Accolto malissimo dalla stampa anglosassone, La mia vita con John F. Donovan è presto diventato il film maledetto di Xavier Dolan: la pellicola ha sicuramente dei problemi, sopratutto per quanto riguarda il montaggio (da queste parti sogniamo una versione integrale che ci restituisca anche l'interpretazione di Jessica Chastain), ma non è affatto il disastro di cui si è scritto al Festival di Toronto. Arrivato finalmente in Italia grazie a Lucky Red, il film è cinema di Dolan sotto steroidi, presentando tutti i temi più cari al regista e molte delle situazioni che abbiamo visto e amato nel corso dei suoi sei film precedenti.
Le parole del regista, che abbiamo incontrato alla Festa del Cinema di Roma del 2017, adesso suonano molto più chiare: alla domanda su come riesca a bilanciare i sentimenti con la trama dei suoi film, Dolan ha infatti detto: "Come bilancio i sentimenti? Non lo so, non è una cosa a cui penso davvero. Per me non è una questione di equilibrio: mi interessa che il film funzioni istintivamente, riguarda gli attori e le attrici. Non so se l'equilibrio sia qualcosa che si può davvero misurare e calcolare: credo che si debba rimanere fedeli ai propri istinti e seguirli, grazie all'amore per i tuoi personaggi e per la storia. L'equilibrio così arriva da solo. Non ho molto da dire sull'equilibrio, sento che i miei film ne sono tutti privi! Non so quanto me ne preoccupo."
La scelta della musica e il rapporto con il cinema italiano
Un tratto distintivo dei film di Dolan è la scelta sempre imprevedibile della musica: lo dimostra la presenza di Dragostea Din Tei in una delle scene più importanti di È solo la fine del mondo. Come mai proprio quel brano? "Ho pensato che alle persone sarebbe piaciuto ascoltare quella canzone: andava in radio in quell'epoca, ho pensato che fosse realistico e avrebbe fatto sorridere le persone. Tutto qui". Cosa ne pensa invece il regista canadese del cinema italiano? "Del cinema italiano amo la passione e il carattere: le persone non hanno molto carattere e personalità, mentre voi ne avete!"