È un esordio alla regia piuttosto coraggioso quello di Anna Kendrick (che ne è anche interprete), attrice che ha una grande familiarità con le potenzialità del genere grazie alla sua capacità di spaziare tra toni e immaginari differenti. Woman of the Hour parla di temi scomodi, applicati dalla Kendrick seguendo la clamorosa storia di un serial killer realmente esistito, mettendo sin da subito le cose in chiaro: il film non è una commedia.
Il titolo, distribuito in Italia da Netflix, che acquisì i diritti della sceneggiatura di Ian MacAllister McDonald, inserita nella Black List qualche anno prima, per poi venderli durante il Festival di Cannes 2022, prende come spunto l'episodio che ha visto il pluriomicida (soprattutto femminicida) Rodney Alcala partecipare ad un episodio del celebre show televisivo The Dating Game (Il Gioco delle Coppie), nonostante fosse stato più volte segnalato come sospetto alla polizia.
Un caso incredibile che fa da spunto alla pellicola di Kendrick per mettere in scena la figura di un assassino donandogli una grande complessità grazie alla prova da brividi di Daniel Zovatto (specialista di horror, non a caso), usato come chiave per parlare dei mali dello show business, delle fragilità di chi ha l'ossessivo bisogno di essere notato e di una società che ha lasciato le donne troppo sole e troppo inascoltate per veramente troppo tempo.
Woman of the Hour e Il gioco delle coppie
1978, Cheryl Bradshaw (Kendrick) è un'aspirante attrice che si è trasferita ad Hollywood nel tentativo di sbancare il lunario calcando i set, ma è rimasta sempre al palo, soprattutto perché non è che sia molto ascoltata ai provini, durante i quali ciò che conta sono le forme. Un mondo ultramaschilista e dunque ultrastupido, in cui ogni uomo è un idiota approfittatore, oppure un assassino.
Un assassino come Rodney Alcala (Zovatto), l'uomo che da quasi 10 anni si aggira per gli Stati Uniti e, approfittando della solitudine che attanaglia ragazze abbandonate a se stesse da famiglia, amore e società, le attira facendole sentire speciali, ascoltate e, finalmente, viste. Le mette davanti all'obiettivo di una macchina fotografica, trova con loro una sintonia, le porta in un luogo "ideale", lontano da qualsiasi segno di civiltà (semmai ce ne fosse una) e ne abusa per poi ucciderle brutalmente.
Insomma, un tipo terrificante, che, nonostante le segnalazioni, si trova incredibilmente libero di partecipare ad uno stupido programma misogino in cui i maschietti di turno possono contendersi la ragazza sorridente. Uno come Il Gioco delle Coppie. La ragazza sorridente stavolta, per la sfortuna dei bamboccioni, è la ben più sveglia Cheryl, costretta ad accettare di partecipare per disperazione, dopo l'ennesimo provino andato male per colpe del sistema. Pensate l'ironia della sorte se, nonostante la ritrosia ad accettare e la capacità di difendersi dagli uomini del mondo, la nostra aspirante attrice si trovasse a scegliere proprio il peggiore degli spasimanti possibili.
Gli inganni dietro il bisogno di essere notati
Il focus di Woman of the Hour, come si dice dal titolo, è quello di creare una storia in grado denunciare l'inganno che c'è dietro certe promesse. L'idea di ambientare la vicende centrale all'interno di un ritratto più ampio funziona, soprattutto per quanto riguarda l'epoca sociale (funziona anche la decisione di suddividere la narrazione in diversi anni), facendo della parabola del serial killer una sorta di metafora. Una figura dal volto distorto di una mentalità maschile che ha attanagliato gli Stati Uniti per molto tempo, e che oggi (stando alle cronache) non accenna minimamente a placarsi. Il cuore del discorso arriva con il caso che fa da innesco al titolo, e che permette di far toccare tutti i livelli presi in causa.
Anna Kendrick fa un buon lavoro di ideazione visiva, usando a dovere i meccanismi legati al ritmo (anche se a volte tira un po' troppo la corda) e riesce a reggere il doppio ruolo, dirigendo al meglio gli altri interpreti. Soprattutto Daniel Zovatto. In ottima forma, raggelante, ambiguo e infantile come mai prima nella sua carriera. Un serial killer perfettamente funzionale per la linea che il film intende adottare. Qui si può trovare il difetto probabilmente maggiore di Woman of the hour, ovvero una ricostruzione completamente faziosa della sua realtà. Visione le cui tracce sono disseminate costantemente lungo il percorso, tutte piazzate in bella vista con l'intenzione di accentuarle per poi giocarci sopra. Ma se fosse stato altrimenti probabilmente il j'accuse non sarebbe stato così sonoro. Forse.
Conclusioni
Woman in The Hour è un coraggioso esordio per Anna Kendrick, che interpreta e dirige una pellicola nata da un fatto di cronaca clamoroso che ha visto un serial killer di donne e ragazze comparire in tv nonostante fosse stato segnalato. La sua è una pellicola che vuole utilizzare il caso in particolare e la parabola dell'assassino in generale come metafora di un'anima americana ancora in essere rea di aver ingannato il mondo femminile, lasciandogli addosso una fragilità in alcuni casi mortale.
Perché ci piace
- Ottima metafora di tossicità sociale nel rapporto tra carnefice e vittima.
- Kendrick recita bene e fa recitare bene.
- Un potente atto di j'accuse...
Cosa non va
- ...che però porta con sé una visione del mondo faziosa.
- Le soluzioni tensive sono a volte un po' tirate.