Recensione A qualcuno piace caldo (1959)

A qualcuno piace caldo è la commedia principe (o principessa) del travestitismo e degli equivoci a tutto spiano, dove neanche la battuta conclusiva concede un attimo di respiro.

Wilder Comedy Picture Show

Oltre ad essere una commedia dal meccanismo implacabile, A qualcuno piace caldo, nella sua totale irriverenza (ricordiamoci che siamo nel 1959), è anche il film di Billy Wilder dove i temi dell'equivoco e della confusione dei ruoli sessuali si fanno più dirompenti. Ma A qualcuno piace caldo non è solo questo. La commedia di Wilder funziona anche come parodia di molti film antecedenti (dello stesso Wilder e non) e dei tanti stereotipi con cui Hollywood aveva nutrito il proprio apparato fino a quel momento. Tutto passa comunque in secondo piano al cospetto di una macchina filmica che rimugina il tutto per creare uno spettacolo magistrale e dal ritmo incalzante, con battute fulminanti e dialoghi troppo scoppiettanti per non strappare un divertito sorriso anche al musone più attempato. Andiamo con ordine.


A qualcuno piace caldo è sicuramente il film che chiude una certa fase del cinema wilderiano e con il quale il regista di origini austriache si prodiga in una specie di riassunto delle tematiche a lui più congeniali (il travestitismo hanno detto in molti, e non a sproposito), con tocchi di humour nero d'antologia che fungono, però, da momento convenzionale per innescare l'azione (si ricordi, ad esempio, come Viale del tramonto sia in realtà un racconto dall'oltretomba): ciò che spingerà Joe e Jerry ad assumere le sembianze dell'altro sesso sarà, difatti, proprio la paura di morire per mano di spietati gangsters. Ed è una paura che, come nei cartoni animati, diverte la platea. Ed è qui che Wilder compie il capolavoro, mischiando un approccio "infantile" da slapstick comedy con una tematica calda (appunto) come la posizione nei confronti della sessualità (e della morte). Tutto raccontato con leggerezza, con brio e con estro, ma non lesinando un approccio serioso verso un tema attualissimo e molto scottante, ci verrebbe da dire (e da un attento e burbero osservatore delle teorie freudiane come Wilder non ci si poteva attendere di meglio).

Nel vedere (e rivedere) A qualcuno piace caldo si ride di gusto, e non tanto perché le situazioni descritte da Wilder siano comicamente realistiche. Sono, invece, le conseguenze che scaturiscono da quegli atteggiamenti a spiazzare e ad alimentare il motore della commedia, soprattutto con quel "Nessuno è perfetto! " sussurrato in maniera disincantata dal miliardario Osgood (un birichino Joe E. Brown), che a conclusione di film, creando al contempo nuovi tranelli interpretativi, fa letteralmente esplodere tutta l'intelaiatura narrativa. Una struttura fondante che, per tutto il film, aveva fatto il verso ai film dello stesso Wilder (le auto e le sirene della polizia che rimandano all'inicipit del già citato Viale del tramonto; il getto di vapore del treno che colpisce Marilyn Monroe è probabilmente un'allusione ironica al soffio malandrino di Quando la moglie è in vacanza; mentre il riflesso allarmante dello specchietto nell'occhio di Jerry/Daphne era già stato uno dei motivi portanti del precedente Testimone d'accusa) ed ai grandi successi del periodo (i classici gangster movies come Nemico Pubblico, Scarface - Lo sfregiato, nonché la star Cary Grant sbeffeggiata nella personificazione del riccastro rampollo di casa Shell). A qualcuno piace caldo prende tutti questi elementi e inietta loro una nuova ed esilarante linfa vitale, rendendoli partecipi del trionfo della finzione al suo massimo grado. Esattamente all'opposto di quello che avevano già fatto, seppur con metodi analoghi, i reietti hollywoodiani di Viale del tramonto nel decretare la sconfitta del cinema.
Per concludere, una scontata nota di merito spetta ai due protagonisti maschili: Jack Lemmon e Tony Curtis disegnano una coppia scatenata ed affiatata che raramente ha trovato eguali nella storia del cinema, anche, si badi bene, nelle vesti di uomini "veri". Ma anche l'immortale Marilyn non è da meno, grazie alla sua figura di bambola delicata dalla sensualità debordante: d'altronde solo le vere star femminili possono garantire un equilibrio tra il davanti e il didietro; le altre si accontentino pure di ciliegie con il verme e di tubi spremuti del dentifricio e lascino a noi, poveri spettatori del nuovo Millennio, lo Zucchero Candito dei tempi andati...