What Do We See When We Look At the Sky?, la recensione: una fiaba calcistica su vita, amore e magia

La recensione di What Do We See When We Look At the Sky?, film del georgiano Alexandre Koberidze, disponibile su MUBI da oggi.

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What Do We See When We Look at the Sky?: un'immagine del film

L'osservazione dei piccoli dettagli del quotidiano alimenta la poetica del regista georgiano Alexandre Koberidze. La recensione di What Do We See When We Look At the Sky?, disponibile da oggi in streaming su MUBI, evidenzia la capacità del cineasta di descrivere un microcosmo grazie al suo sguardo d'autore e poche, pochissime parole. Tanti i silenzi o le frasi smozzicate attraverso cui comunicano i protagonisti di What Do We See When We Look At the Sky?. Mentre lo spettatore è chiamato a interpretare i loro gesti e i loro sguardi, grande spazio viene dato a una voce narrante (il regista stesso) che colma i vuoti raccontando ciò che accade negli animi in tumulto degli abitanti dell'antica cittadina georgiana di Kutaisi.

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What Do We See When We Look at the Sky?: un momento del film

Sta per esplodere l'estate. Fuori da una scuola si scontrano il calciatore Giorgi e l'ingegnosa farmacista Lisa. L'incontro fortuito, che il pubblico segue attraverso le voci e i piedi dei protagonisti, visto che l'inquadratura si ferma prima delle ginocchia, lascerebbe preludere a una possibile storia d'amore tra i due, ma per via di un misterioso artificio al loro risveglio Giorgi e Lisa hanno cambiato aspetto e nessuno dei due è più in grado di riconoscere l'altro. Con il cambio di connotati, i due hanno anche perduto i loro talenti. Che faranno ora?

Un incantesimo che sembra un maleficio

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What Do We See When We Look at the Sky?: una sequenza del film

Dopo un incipit in stile film vérité in cui l'obiettivo esplora con minuzia una scena di vita quotidiana all'uscita da una scuola, What Do We See When We Look at the Sky? introduce l'elemento magico che, seppur appena suggerito, rende curioso e intrigante un film che altrimenti sarebbe tutto giocato sulla rappresentazione naturalistica di una piccola comunità. Già la scelta di mostrare il primo incontro di Giorgi e Lisa inquadrando solo e unicamente i loro piedi è indice del tentativo del regista di proporre uno sguardo altro. Mentre i due personaggi si stanno per salutare a un incrocio, alla luce di un lampione, dalla voce narrante provengono alcune informazioni essenziali sul sortilegio che sta per verificarsi che il suono di un motorino e un improvviso rendono incomprensibili. E così l'incantesimo ha inizio senza le istruzioni necessarie.

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What Do We See When We Look at the Sky?: una sequenza

Lo stesso Alexandre Koberidze, in un ammicco allo spettatore, preannuncia la magia invitando lo spettatore a chiudere gli occhi. Chi non lo fa si trova di fronte a uno schermo che per pochi secondi diventa nero per poi riproporre la stessa inquadratura di prima. Il tutto a sottolineare che la vera magia invisibile. In questi piccoli tocchi autoriali si vanno a innestare due macrotemi che appartengono al vissuto del regista: lo sport e il cinema. Se non fosse per gli abiti e gli oggetti elettronici, What Do We See When We Look At the Sky? sembrerebbe calato in contesto fuori dal tempo, in una cittadina in cui poco o niente cambia. Percezione, questa, che deriva allo spettatore dal ritmo lento del film. Ma a scandire le serate estive degli abitati di Kutaisi ci sono i Mondiali di Calcio, che molti si ritrovano a guardare sul maxischermo al bar sul fiume. Tra di loro anche Giorgi, chiamato a montare il proiettore dal proprietario del bar. In un omaggio all'Italia e a un'epoca a cui guarda con un po' di nostalgia, il regista confeziona perfino una lunga sequenza in cui un gruppo di ragazzini e ragazzine si sfida a calcio sulle note di Notti magiche, inno dei Mondiali '90. I Mondiali diventano il principale interesse degli abitanti di Kutaisi, luogo in cui accade poco altro.

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What Do We See When We Look at the Sky?: una scena del film

Tra i vari personaggi che frequentano il bar sull'argine del fiume non ci sono solo appassionati di sport. A più riprese compare una coppia (i genitori del regista) impegnata a realizzare un documentario sull'amore in cerca di 50 coppie da intervistare. Galeotto fu il progetto che permetterà un nuovo incontro tra Giorgi e Lisa i quali, dopo aver perso i loro lavori, bazzicano il bar sul fiume senza riconoscersi.

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What Do We See When We Look at the Sky?: una scena

Accurato nello stile, What Do We See When We Look At the Sky? si concentra sulla composizione dell'immagine nella rappresentazione in un collage di scorsi di Kutaisi, ma alla poesia e all'eleganza formale corrisponde un ritmo narrativo lento e cadenzato. Il film è cosparso di qua e là di intriganti dettagli narrativi, ma di fatto per lunghe sequenze non accade poi molto. Se si esclude la (im)possibile storia d'amore tra Giorgi e Lisa, sembra di trovarci di fronte a un placido documentario d'autore, ritratto sentimentale di una città e della comunità che ospita. Ma forse questo è la via del regista per indicare che, come nel suo film, la magia esiste anche nella vita, ma per trovarla ci vuole tanta, tantissima pazienza.

Conclusioni

Con il suo cinema d'autore sospeso tra gusto occidentale e ritmi placidi che occhieggiano a Est, Alexandre Koberidze ci racconta una piccola curiosa storia d'amore in cui ci mette lo zampino un pizzico di magia. Come nota la nostra recensione di What Do We See When We Look At the Sky?, il film brilla per cura estetica, ma la narrazione lenta e rarefatta richiede un po' di pazienza per entrare nel mood e gustare la poesia della rappresentazione.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • L'eleganza estetica e la raffinata composizione del quadro.
  • La sottile ironia che trapela nel racconto di questa sfortunata storia d'amore.
  • L'elemento calcistico, in particolare la sequenza in cui Notti magiche accompagna una partita tra ragazzini.

Cosa non va

  • Alcune svolte narrative sono accennate in modo quasi invisibile, tanto da rendere ardua la comprensione.
  • Il ritmo lento mette a dura prova chi non ama il cinema contemplativo.