Nel labirinto di Westworld - tutte le teorie, i misteri e le ipotesi sulla serie HBO

Cervellotica, raffinata, filosofica. La nuova creatura di casa Nolan è riuscita ad affascinarci già con una prima stagione in grado di sollevare e risolvere una serie di intriganti quesiti, salvo contorcersi su sé stessa nella seconda stagione e cambiare pelle nella terza. A noi spettatori non resta che perderci di nuovo in questo intricato labirinto pieno di punti interrogativi.

Westworld: un'immagine della serie della HBO
Westworld: un'immagine della serie della HBO

L'Uomo Vitruviano è ancora tra noi. Non se ne è andato mai. Ha cambiato faccia ma non forma, si è evoluto ma non ha perso il suo enorme valore simbolico. Quell'ingiallita icona della perfezione umana ha superato indenne centinaia di anni, ha rotolato nel suo cerchio lungo i pendii del tempo ed è arrivato dentro un futuro forse vicinissimo. Adesso l'Uomo Vitruviano è diverso ma gli esseri umani lo utilizzano ancora come specchio, perché il Rinascimento è stato stravolto e l'Umanesimo si è imbastardito. Lui non rappresenta più l'uomo ma la sua creatura. È l'emblema di un figlio che emerge da una vasca lattiginosa, il simbolo degli host, mansueti abitanti di una grande ambizione chiamata Westworld, il parco divertimenti travestito da polveroso Far West dove facoltosi clienti possono vivere esperienze libidinose, e fare di questi automi quello che vogliono: cadaveri, amanti, prede, alleati.

Un posto magico o terribile a seconda dei punti di vista, un luogo dove l'essere umano mette a nudo di continuo la sua natura miserabile, la sua predisposizione a fare della "libertà" un vile lasciapassare per atti deplorevoli. Tutt'altro che deprecabili sono, invece, le intenzioni di Jonathan Nolan e Lisa Joy, autori di quella che si era presentata come una delle serie tv più promettenti dell'anno e (permetteteci lo slancio) forse dei nostri nuovi anni Dieci. Doveva essere l'erede di Game of Thrones, doveva essere il nuovo fenomeno televisivo e, con la prima stagione, ci eravamo cascati un po' tutti. Durante la seconda stagione, però, qualcosa si è inceppato nel meccanismo di Westworld: contorta, forse inutilmente intricata, sempre più filosofica, la serie nel parlare di personaggi che si ribellano ai loro autori ha perso di vista la sua pietra angolare, la capacità di interessare e tenere col fiato sospeso gli spettatori che si sono sentiti provati dopo i dieci episodi del 2018.
La terza stagione ha cambiato definitivamente faccia alla serie trasformando l'epopea di Dolores in un action metropolitano futuristico spiazzante e non perfettamente oliato: la scrittura si è fatta meno sagace, i personaggi hanno perso la loro tridimensionalità che tanto li aveva resi affascinanti e gran parte del fascino della serie sembra aver lasciato spazio a un prodotto dagli alti valori produttivi, ma anche da una sensazione di derivazione verso altre opere audiovisive.

Westworld: James Marsden ed Evan Rachel Wood
Westworld: James Marsden ed Evan Rachel Wood

Eppure, nonostante i grossi problemi, in qualche modo è una serie che continua ad affascinare, così densa e impregnata di contenuti da poter essere spremuta all'infinito. Dentro questa serie ispirata a Il mondo dei robot di Michael Crichton ci sono richiami alla filosofia, al post-umanesimo cyberpunk, alle meccaniche ludiche, alla metanarrazione, in una sapiente (e furba) via di mezzo tra gli enigmi cervellotici di Lost e gli impatti emotivi de Il trono di spade.

Alla fine del Nuovo Mondo

Westworld: Dolores piange la morte di Teddy
Westworld: Dolores piange la morte di Teddy

Dalle distese panoramiche di natura selvaggio del vecchio west alle strade asfaltate della metropoli cittadina fino a un nuovo mondo postapocalittico. Il finale della terza stagione di Westworld sembra aver chiuso definitivamente le porte del parco risolvendo tutti i misteri irrisolti dell'attrazione di Ford e della Delos e chiudendo un lungo discorso sul libero arbitrio iniziato proprio da quell'entusiasmante pilota del 2016. Eppure, vuoi per non aver replicato la struttura del racconto con salti temporali alternati preferendo una linearità inedita per la serie, vuoi per aver prediletto sparatorie e azione annacquando i discorsi filosofici che tanto avevano reso la serie degna di interesse, il terzo blocco di episodi di Westworld non ha pienamente convinto nella sua versione rinnovata tanto da potersi considerare un epilogo quasi definitivo al Westworld che conoscevamo lasciando solo qualche porta socchiusa. Un po' come gli host del parco, l'articolo che state per leggere ha una genesi particolare.

Westworld: una scena dell'episodio Kiksuya
Westworld: una scena dell'episodio Kiksuya

Ritroverete i nostri quesiti che credevamo irrisolti alla fine della seconda stagione e che hanno trovato risposta nella terza. Un modo utile per poter riallacciare i fili dell'intricata trama e iniziare la quarta stagione con la mente fresca e preparata. Prima della conclusione della terza stagione scrivevamo così: "restiamo comunque rapiti da questa "attrazione" televisiva che ci continua a viaggiare in un mondo affascinante e unico. Pensiamo che Westworld assomigli a Westworld. Nelle ambizioni, nella libertà interpretativa, nel potere immaginifico. Qui dove è tutto è concesso, abbiamo la sensazione di poter pensare in grande, di riconoscerci in questi uomini o in questi automi fino a mettere in dubbio la nostra stessa realtà. Siamo uomini alla ricerca dell'immortalità o androidi che cercano di liberarsi dalle catene violentemente? Ad ognuno la sua scelta". Spiace constatare come il cambiamento in seno alla serie abbia in qualche modo limitato questa grande e innovativa visione.

Leggi anche: Westworld, il finale di stagione - La rivoluzione è autocoscienza

Le insperate risposte

La terza stagione ha chiuso un vero e proprio atto nella storia di Westworld essendo al tempo stesso prosecuzione e conclusione di quanto raccontato durante le prime due stagioni. Nel 2016 prima e nel 2018 poi avevamo alcuni misteri irrisolti che sono stati poi esplicati. Riproponiamo tutti i nostri dubbi e aggiungiamo la soluzione ai nostri enigmi comprendendo la storia raccontata fino al finale della terza stagione.

1. Ford dopo Ford

Westworld: Anthony Hopkins in The Bicameral Mind
Westworld: Anthony Hopkins in The Bicameral Mind

Se cerchi la perfezione, non la troverai nell'uomo. Se cerchi l'uomo raccontato alla perfezione, lo troverai in Westworld, negli occhi ispirati e assieme disillusi di Robert Ford. Ambiguo e immerso in un eterno chiaroscuro, il fondatore del parco sembra l'incarnazione della più amara e umana consapevolezza. Un destino, quello umano, segnato dall'errore, che trova nel fallimento l'unica via verso l'evoluzione. Sarà per questo che nel meraviglioso finale di Westworld, il coup de théâtre del signor Ford suona come una clamorosa ammissione di colpa, la punizione autoinflitta da un uomo consapevole di aver alimentato nuove prigioni per nuove anime in pena. Così il gesto liberatorio di Ford assume la forma di un pentimento, un grande finale per un grande narratore. Ma è davvero finita per il nostro deus ex machina? Stando alle dichiarazioni di Jonathan Nolan, sì: il vero Ford è morto. Però, per quanto la sua parabola appaia compiuta, coerente, magistrale nella sua scia evolutiva, è davvero difficile non avere sospetti per quell'host in costruzione più volte visto al suo cospetto. C'è un altro disegno per la versione meccanica di Ford?

A metà stagione le risposte sono arrivate. Sebbene il gesto di Dolores sia stato un impulso naturale della figlia dell'allevatore, Ford aveva previsto la sua morte e aveva inserito la sua memoria all'interno del codice del parco così da poter controllare e osservare lo sviluppo della storia anche dopo la sua morte. In questo modo veniamo a conoscere il vero obiettivo del parco: catturare le informazioni comportamentali degli ospiti per poter creare repliche artificiali perfette dove poter instillare la memoria umana e raggiungere l'immortalità. Inserendosi come un virus nel sistema di Bernard, di fatto manipolandolo controllandone le azioni, Ford completerà il suo piano per concedere la libertà ai residenti. Alla fine Bernard riuscirà ad agire autonomamente cancellando i residui del suo creatore dal suo codice.

2. Madre o pedina? La scelta di Maeve

Westworld: Maeve nei laboratori sotterranei
Westworld: Maeve nei laboratori sotterranei

Non esistono risvegli indolori, e Maeve ne sa qualcosa. Il suo percorso verso l'indipendenza è stato un parto doloroso, fatto di sangue, ferite, incubi, traumi. Un venire al mondo irruento quanto inevitabile. La prostituta costretta a concedere il suo corpo per il piacere altrui, prende il comando dei suoi valori "caratteriali", pretende una revisione del suo software a prescindere dal suo "hardware" esteriore, e si ribella, si sveste del finto Far West per fuggire da "vera donna". Eppure, all'apice del suo piano ordito con sofferenza, Maeve si ferma e torna indietro, guidata dal senso di dovere di una madre affranta. Dov'è la verità? Maeve è stata programmata per scappare e il suo sentimento materno è una vampata di coscienza umana, oppure, al contrario, quell'antefatto legato a sua figlia è l'ultimo ricatto "artificiale" che manda all'aria il suo atto ribellione? E ancora: è stato Ford a programmarla così? Come si inserirà Maeve nel grande quadro rivoltoso preparato dal creatore del parco?

Il ritorno di Maeve nel parco per cercare e ricongiungersi alla figlia si è dimostrata una scelta personale fuori dalla programmazione tanto che lo stesso Ford ne rimarrà sorpreso. Il vecchio creatore le aveva scritto un futuro nel mondo reale, ma incoraggia la donna a lottare per ritrovare sua figlia combattendo gli uomini che, invece, tentano di disattivarla. Come se fosse un emancipato amministratore divino, capace di comunicare telepaticamente con gli altri residenti, Maeve riuscirà a salvare la figlia prima di morire. In realtà, la sua storia non sembra essere conclusa: nel finale della stagione il suo corpo morto viene recuperato dai due scienziati che hanno seguito con lei la rivolta lasciando presagire un ritorno in grande stile per la nostra madre.

3. Il senso di Dolores

Westworld: Dolores uccide una mosca
Westworld: Dolores uccide una mosca

A metà strada tra un'Eva perennemente privata del suo Adamo e un'Alice disorientata nel suo stesso labirinto, Dolores è stata l'eletta, l'elemento cardine attraverso cui si è giocata una lunga partita a scacchi tra i sogni di Arnold, i dubbi di Ford e la frustrazione di William (alias Uomo Nero). Dolores è il grilletto di una pistola puntata troppo a lungo, il personaggio chiave attraverso cui l'autocoscienza si compie in maniera veemente e insperata. Così il villain creato per questo immenso gioco western, quel Wyatt il cui nome ha echeggiato come minaccia incombente per tanto tempo, alla fine si è incarnato proprio dentro di lei. L'idea del Male è stata installata nelle sue sinapsi meccaniche, fondendosi alla perfezione nello sguardo improvvisamente glaciale di questo viso angelico. Ora la domanda è: che ruolo avrà la ragazza nella seconda stagione? Forse assisteremo ad un ribaltamento in cui i due "promessi amanti" Dolores e Teddy guideranno la rivolta dei residenti? Sarà lei la bellissima e tremenda nemesi da combattere (o per cui fare il tifo) nei prossimi episodi?

Ebbene sì, Dolores è diventata la nemesi persino per gli stessi suoi simili non troppo d'accordo con la violenza estrema delle sue azioni. Machiavellica, capace di tutto pur di raggiungere i suoi obiettivi, Dolores si è dimostrata più tirannica della tirannia umana che vuole combattere. Modificherà le caratteristiche del suo amato Teddy per renderlo più malvagio e cinico, al contrario della sua natura, tanto da spingerlo al suicidio e non avrà problemi a usare i suoi simili come carne da macello per raggiungere il suo scopo più alto: distruggere la razza umana. Eppure nel cercare di donare più scelta e libertà le limita punendo chi non agisce come lei, nel raggiungere un ideale collettivo pone la sua personalità individuale al primo posto. Dolores è ora pronta a mettere a ferro e a fuoco nel nuovo mondo, quello reale. Le sue azioni appaiono, però, troppo decise, troppo consapevoli di quello che troverà: che stia acnora agendo secondo le programmazioni di Ford?

4. Il destino degli smarriti

Westworld: una scena dell'episodio Les Écorchés
Westworld: una scena dell'episodio Les Écorchés

Vaste e brulle lande. Immensi panorami rossicci che appaiono bollenti di giorni e gelidi di notte. Westworld è un parco quasi sconfinato in cui più di un personaggio ha smarrito la via. Questa volta i dubbi sono meno cervellotici e più immediati, legati a personaggi minori, ma comunque capaci (chi più, chi meno) di farci interrogare sulla loro sorte. Chi ha rapito Elsie? Che fine è toccata al povero Logan, costretto a vagare nudo verso i confini del parco? Quale sarà il destino di Stubbs, rapito dalla misteriosa comunità di indigeni?

Domande queste che hanno trovato risposta quasi immediatamente. Elsie è viva ed era stata rapita da Bernard per evitare che il piano di Ford venisse scoperto. Tornerà a dare man forte proprio al suo rapitore salvo poi venire uccisa dalla vera Charlotte che non intende lasciare testimoni una volta scoperta la vera natura del parco. Il povero Logan, dopo varie sofferenze, riuscì a tornare nel mondo reale, ma abbandonato dal padre e persa la sua fortuna economica morì di overdose. Stubbs, nel mezzo del caos, in qualche modo è riuscito a sopravvivere e forse nasconde una natura non molto umana. Alla fine riconosce Dolores nel corpo artificiale di Charlotte e la lascia comunque salire sulla barca che la porterà fuori dal parco. È un robot anche lui? Lasciamo provocatoriamente questa domanda, giusto per non rendere le cose troppo facili.

5. Samuraiworld?

Westworld: Hiroyuki Sanada  in una scena dell'episodio Phase Space
Westworld: Hiroyuki Sanada in una scena dell'episodio Phase Space

C'è un indizio risalente a 43 anni fa. Seguendo questa pista, scopriamo che il binario diretto verso parchi meravigliosi non è uno solo, ma potrebbe biforcarsi verso altre realtà. Nel film Il mondo dei robot, infatti, i parchi a tema erano tre: uno di stampo western, uno medievale e uno ambientato nell'Antica Roma. Forti di questo suggestivo precedente, Nolan e Joy hanno deciso di sollecitare i nostri occhi e i nostro appetiti facendoci scorgere armature e samurai ispirati al Giappone feudale. Nella seconda stagione percorreremo la via della spada? Avremo, infine, due parchi paralleli? Entreremo nel riflessivo mondo di Samuraiworld?

E in Shogun World, così viene chiamato, ci siamo entrati per un paio di puntate anche se non è un mondo così riflessivo come pensavamo. Anzi, step successivo per chi si annoia e trova monotono il mondo wester, il Giappone di Westworld riprende le storie che già conosciamo ma le rende più violente, più cupe, più paurose. Purtroppo sembra che la parentesi dedicata al periodo Edo sia già conclusa col passaggio di Maeve e non sappiamo né se ci torneremo né se avremo modo di vedere altri parchi a tema, oltre a quello indiano visto brevemente all'inizio della terza puntata della seconda stagione.

6. Là fuori

Westworld: Thandie Newton in The Bicameral Mind
Westworld: Thandie Newton in The Bicameral Mind

La nostra sete di verità si è spenta assieme al ripensamento di Maeve. Lei sarebbe stata la guida perfetta per guardare finalmente il mondo vero, la realtà autentica al di fuori di qualsiasi desiderio per ricchi alla ricerca di se stessi, sesso o zuffe da bar. Prima di allora avevamo visto soltanto treni diretti verso Westworld e mai convogli pronti a svelarci il mondo abitato da queste anime (forse) più dannate dei residenti-prigionieri. In che epoca siamo? Siamo nel bel mezzo di un futuro distopico, oppure il signori della Delos vivono i nostri tempi? Cosa ha spinto l'umanità verso questi altrove così estremi?

Se l'anno preciso al di fuori del parco non lo sappiamo ancora (lo scopriremo finalmente con la terza stagione), sappiamo però il motivo della creazione del parco: costruire una banca dati di comportamenti umani per rendere le persone immortali. Gli ospiti, tramite i cappelli che indossavano, venivano spiati, attraverso la fedeltà al programma si immagazzinavano dati sulla natura umana per poterle poi inserire in corpi artificiali. In questo modo l'uomo diventava un robot perfettamente replicabile e duraturo nel tempo. Vincere la morte, combattere lo scorrere del tempo: sembra quasi che in questo presente alternativo o futuro tecnologico l'uomo non abbia ancora interpretato al meglio un certo romanzo di Mary Shelley!

7. In memoria di Abernathy

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Il padre di Dolores, Peter Abernathy. Un personaggio interessante, carismatico e, soprattutto, fondamentale per avviare la figlia verso il suo percorso verso la consapevolezza. Il suo comportamento anomalo e la sua minacciosa reazione (sostenuta da shakespeariane parole) lo hanno costretto al ritiro. Stipato nell'enorme parcheggio di residenti ormai inutili a qualsiasi causa, Abernathy, però, viene "salutato" da un ultimo messaggio sussurratogli da Bernard. Un dettaglio che forse non lo è. Vorremmo sinceramente saperne di più.

Quasi per andare contro le aspettative, scopriamo nella seconda stagione che la foto che sembra causare il primo crash di Peter Abernathy in realtà non ha avuto poi così tanta importanza. L'importanza del padre di Dolores risiede però in qualcosa che ha a che fare col suo codice e la sua memoria tanto che nella prima metà di stagione assistiamo proprio a una caccia all'uomo da parte della Delos. Per far partire le procedure di salvataggio all'interno del parco, Charlotte e Bernard devono prima inviare un pacchetto di informazioni contenute all'interno di Abernathy. E allo stesso tempo lo cerca anche Dolores che, alla fine, prima che possa farlo la Delos, apre il cranio del padre per recuperare le informazioni che tutti cercano: l'IP del parco e degli ospiti. Dolores, entrando in possesso di queste informazioni e distruggendo la Culla ovvero l'enorme database con le copie dei dati del parco.

8. È davvero la fine del parco?

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Westworld 3: Evan Rachel Wood nel finale di stagione

Non ci sono dubbi che con l'apertura della Porta verso l'Oltre-Valle e la carneficina che ne è seguita, il parco delle attrazioni della Delos abbia subito un grave danno tanto da dover chiudere forse definitivamente. Si conclude il sogno di Ford e del suo socio Arnold che per primo auspicava una ribellione da parte dei robot costruiti per intrattenere gli ospiti. La stessa Dolores riesce a uscire dal parco sotto le sembianze di Charlotte Hale ed entrare definitivamente nel nostro mondo, il nuovo mondo che sognava, un mondo libero da storyline e codici dove ognuno è libero di poter scegliere secondo l'istinto. Anche i vari misteri sul significato e il vero obiettivo del parco è stato chiarito e la sensazione è quella di aver sfruttato totalmente questo mondo artificiale. Eppure, come sappiamo, la sezione western era solo una delle sezioni del parco: ancora non si conosce al meglio il destino della zona dedicata all'India e allo Shogun World, il mondo dei samurai. Sarebbe un peccato aver introdotto nuovi aspetti del parco senza poterci tornare. L'ultimo trailer lascia presagire un ritorno in luoghi che già conosciamo (e forse pure una nuova area dedicata alla seconda guerra mondiale), ma ancora non è chiaro se si tratta di flashback, visioni o che altro. Si sa, con Westworld è difficile fare previsioni.

Ebbene sì, era davvero la fine del parco. Lontano ricordo presente solo nella mente dei nostri protagonisti, il parco sembra definitivamente chiuso. Il ritorno a casa avvenuto nelle prime puntate ha subito lasciato spazio all'ambientazione metropolitana di Los Angeles, ipertecnologica e futuristica. L'area dedicata alla seconda guerra mondiale, WarWorld, si è risolta in una semplice simulazione virtuale. A giudicare dal finale della terza stagione possiamo essere quasi certi che la storia del parco creato da Ford e Arnold sia giunta alla sua naturale conclusione.

9. Qual è la natura dell'Uomo in Nero?

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Westworld 3: Ed Harris nel finale di stagione

William (non chiamatelo Billy) Logan, eroe innamorato di Dolores trent'anni prima, poi cinico Uomo in Nero, co-proprietario del parco, perso nelle sue paranoie tanto da mettere in dubbio la sua stessa natura, capace di uccidere la figlia credendola parte di un enorme gioco che Ford ha messo in atto per lui. Un personaggio complesso e tragico che abbiamo lasciato alla fine dei titoli di coda del finale della seconda stagione (non ve lo sarete mica perso?) all'interno di una camera in disuso e interrogato dalla figlia come lui faceva prima con le versioni artificiali di James Delos. William è, quindi, anche lui un androide? La figlia che lo interroga è un robot anch'essa? Ma soprattutto, in che anno siamo?

Ora ne siamo certi: la scena post-credits del finale della seconda stagione avviene molto in là nel futuro anche rispetto agli eventi della terza stagione, dove William, benché poco presente, è il personaggio con il colpo di scena più sconvolgente. Chiuso in una casa di cura dove riuscirà a ritrovare la propria vera identità, pronto a vendicarsi di Dolores, morirà per mano di un suo clone robotico. La morte di William, però, non significa che non rivedremo Ed Harris. Tutt'altro, pare, che le macchine sotto la direzione di Charlotte Hale stiano lavorando per creare un vero e proprio esercito di Uomini in Nero.

10. Il piano di Dolores

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Westworld 3: Aaron Paul ed Evan Rachel Wood in una scena del finale di stagione

Pochi dubbi sulle intenzioni di Dolores: distruggere la razza umana. Così convinta nel suo obiettivo da ricostruire Bernard per avere un avversario capace di poterla fermare e non essere l'ultima della sua specie. Il cliffhanger della seconda stagione è, forse, la domanda più semplice: come intende agire Dolores? Quali altre memorie ha conservato all'uscita del parco e come intende utilizzarle? È davvero libera o sta inconsciamente seguendo un ennesimo codice al suo interno? Il trailer della terza stagione promette scontri e azione, ma conoscendo la creatura di Jonathan Nolan e Lisa Joy non possiamo credere che sia tutto così semplice e lineare.

Anche in una serie come Westworld a volte le risposte più prevedibili sono quelle che vengono alla luce. Il piano di Dolores è stato il perno di tutta la stagione: si pensava volesse distruggere l'umanità e in un certo senso è stato così, ma a differenza di quanto sembrasse non era un sentimento di vendetta quello che spingeva il personaggio interpretato da Evan Rachel Wood. Liberare gli esseri umani del Nuovo Mondo dalla pianificazione che era stata loro scelta dal sistema Rehoboam, dare loro possibilità di scelta e far partire una rivoluzione per distruggere il mondo così come lo conosciamo per poi ricostruirlo spinti da sentimenti di bellezza e amore: un piano a cui Dolores ha dato tutta sé stessa (anche letteralmente, le sfere di memoria erano solo copie di sé e non vari altri host) arrivando a sacrificare la propria vita.

11. E' il presente? Il futuro? Siamo dentro a un sogno?

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Westworld 3: una scena tratta dal finale di stagione

Ammettiamolo: dove Westworld affascina e allo stesso tempo sconforta è proprio nella frammentazione temporale. Restando all'interno del parco, senza mai uscirne se non per alcuni flashback legati al passato dei personaggi, non abbiamo ancora la più pallida idea delle coordinate temporali nel quale la storia si svolge. Siamo in un presente alternativo? Siamo nel futuro? Avviene tutto con consequenzialità? Domande che forse troveranno qualche risposta nella terza stagione anche se la complessità dei temi di Westworld sta proprio nel mettere in dubbio le proprie convinzioni. Alternando presente, passato e futuro, alternando la realtà e i sogni, interrogando sul senso primordiale della natura umana, sulle scelte che facciamo e giocando sull'interpretazione individuale dei fatti, affrontare Westworld diventa un labirinto anche per lo spettatore dove arrivare al centro appare una vera e propria serie di tentativi. Eppure sta proprio nel fallimento la quintessenza della nostra umanità.

Domanda più complessa di quanto, invece, sia la risposta: è tutto vero. Siamo nel futuro, intorno al 2050, e quello in cui Dolores, Maeve e Charlotte si muovono è proprio il nostro vero mondo. Lasciando da parte il gioco sulle linee temporali che aveva affascinato (nella prima stagione) e sconfortato (nella seconda), Westworld ha preferito una linearità consequenziale nella narrazione cercando di asciugare il più possibile la complessità della serie. Non sono mancati episodi più particolari ambientati in simulazioni virtuali o in uno spazio mentale, ma nulla che potesse in qualche modo complicare più di tanto la visione e la comprensione della trama. Non più un labirinto, ma un percorso lineare che sembra quasi ci sia stato scelto da un sistema.