Da Weapons a It, dall'America all'Europa: l'horror è sempre più il genere del momento

I numeri ci dicono che si fanno sempre più pellicole horror. Questo dipende dalle caratteristiche produttive, da uno sdoganamento recente e da una doppia necessità, da parte dei creativi e degli spettatori, che vedono nel genere un terreno comune.

28 anni dopo, una scena.

Partiamo dai dati: negli ultimi dieci anni e con una grande impennata dal post pandemia, l'horror è divenuto il genere cinematografico maggiormente prodotto a livello internazionale, soprattutto per quanto concerne la realtà del mercato nordamericano. I dati del 2024 parlano di un picco con circa il 17% di presenza horror fra i titoli distribuiti nelle sale statunitensi. Un fenomeno che, ça va sans dire, si può affrontare da più punti di vista.

It: Bill Skarsgard in una foto del film
Pennywise in It, maggior incasso worldwide nella storia dell'horror.

Dal punto di vista economico quello orrorifico è un genere storicamente "d'emergenza". Lasciando da parte grandi incassi come It - Capitolo Uno del 2017 (700 milioni di dollari worldwide, il maggiore di sempre tra le pellicole che devono spaventare), l'horror ha per sua natura la possibilità di investire cifre low budget e di affidarsi ad immaginari così riconoscibili dal pubblico da ottenere sempre un ritorno. Una garanzia che in media ha scavalcato anche la solidità al box office dei cinecomic. Questi immaginari codificati sono però, paradossalmente proprio in un periodo di cotanta fascinazione, quelli che i nuovi autori vogliono superare, spinti dall'idea che se ci riuscissero allora potrebbero smentire un senso di inferiorità che ha ammantato da sempre il genere.

Il risultato è che oggi assistiamo ad una incredibile diffusione e sperimentazione, come pochissime altre volte in precedenza, e che porta ad una ricchezza di titoli tale da non poterne approfittare per farsi qualche domanda. Lo sconvolgimento di una codificazione così stretta, ma anche così vitale è controproducente? Perché proprio ora gli horror si fanno tanti horror? E (la domanda più semplice fra tutte) perché ci piacciono?

I perché di questa tendenza

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Danny Boyle sul set di 28 anni dopo.

Durante la presentazione di 28 anni dopo a Roma nell'aprile scorso, Danny Boyle si è soffermato su quanto l'horror si sia negli ultimi tempi sdoganato a livello distributivo, influenzando così anche il processo creativo e produttivo. In precedenza quando si facevano film del genere si pensava ad uno specifico pubblico, anche dal punto di vista del genere, oltre che età, estrazione sociale e culturale. Ora non è più così. Ora l'horror è per tutti.

Questo grazie al lavoro di alcune case produttive come la Blumhouse e poi la A24, che sono riuscite a lavorare sull'horror diversificandolo e rendendolo così spendibile sempre e comunque su un mercato in continuo cambiamento. Lo hanno fatto sia facendo affidamento sui meccanismi classici che lo hanno reso un genere sempre in grado di parlare al contemporaneo e conveniente a livello economico e sia cavalcando l'onda di un momento che ha visto nuove personalità decidere di esprimersi attraverso di esso.

Ari Aster Beau Ha Paura Set Cinema
Ari Aster con Joaquin Phoenix sul set di Beau is Afraid.

Da una parte l'horror che rilegge se stesso nel presente rispettando i suoi così riconoscibili dettami linguistici e dall'altra la formazione del tanto sbandierato elevated horror, ovvero quella rivisitazione che si presenta come un innalzamento dei codici del genere. Qualsiasi cosa questo voglia dire. Nomi in primo piano come Jordan Peele, Ari Aster, Robert Eggers, Zach Cregger (vedi l'esempio Weapons), Julia Ducournau, Coralie Fargeat o i fratelli Philippou e Damien Leone, tutti sono partiti dall'horror cercando all'interno di esso degli spazi in cui espandere la loro visione, sondandone le potenzialità e lavorando sulle sue sfumature. Se l'horror è per tutti si può trovare tutto in esso, e viceversa.

L'horror come cordone ombelicale

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Jordan Peele, serio.

Al di là quindi delle caratteristiche del genere c'è una congiunzione storica, che vede tanto gli addetti ai lavori quanto gli spettatori convergere sull'idea che l'horror sia la lente migliore per leggere la realtà. Alla base di questo sentimento endemico c'è, ovviamente, una necessità catartica e, come si è accennato poco sopra, anche qualcosa in più.

Attraverso l'horror oggi si avverte la possibilità di esprimere e quindi liberarsi di emozioni come paura, angoscia e rabbia (anche di stampo sociale) attraverso una modalità sicura e possibilmente divertente. Una necessità che nel corso degli ultimi anni è cresciuta, forse di pari passo con la sempre maggiore esposizione alla violenza, alla quale si risponde azzerando la sensibilità oppure reprimendo sentimenti che poi devono essere sfogati in altre sedi. Di diverso rispetto al recente passato c'è che i creativi del cinema vedono in questo genere la via migliore per descrivere la percezione di se stessi, della società e del mondo.

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La nuova generazione di Titane.

L'horror è quindi un cordone ombelicale tra chi crea e chi guarda. Un terreno linguistico comune dove ci si riesce a parlare in modo diretto e sincero. Ne è la prova l'invasione che c'è stata in tutti gli ambiti cinematografici, al di là di barriere di qualsiasi tipologia (tematiche, identitarie, generazionali) e coinvolgendo sempre più menti. Un sorta di grande adunanza. Va da sé che qualità e giudizi sono divenuti tra i più vari (c'è anche chi grida alla crisi), ma non c'è dubbio ormai che, di fatto, siamo entrati in una nuova epoca d'oro dell'horror.