Non possiamo che cominciare questa recensione di Watchmen con l'usuale rassicurazione che non ci saranno spoiler, se non davvero minimi, sui primi sei episodi (su un totale di nove) che abbiamo potuto visionare in anteprima. Su Movieplayer.it seguiremo tutta la serie episodio dopo episodio, con recensione dedicate, a partire dalla sua partenza ufficiale lunedì 21 ottobre su Sky Atlantic, e lì avremo occasione di approfondire e affrontare i tanti temi e spunti offerti dal nuovo show HBO.
Per il momento, con questo articolo, ci limiteremo a spiegare qual è l'approccio adottato dal creatore Damon Lindelof e del perché possiamo considerare questo Watchmen la serie, già da adesso, uno degli eventi dell'autunno 2019. Nonché la serie perfetta per concludere al meglio un decennio davvero straordinario.
Una trama che riprende il fumetto e ignora il film di Zack Snyder
Partiamo subito da un'importante premessa: la serie di Watchmen è ovviamente basata sulla graphic novel capolavoro di Alan Moore e Dave Gibbons e non sul film di Zack Snyder del 2009. Non che le differenze sostanziali, in termini di storia principale, fossero tantissime tra le due opere, ma i conoscitori del lavoro di Moore non faranno fatica a capire fin da subito che ci troviamo in quell'universo specifico. Questo non vuol dire che all'interno della serie non ci saranno cose che faranno storcere il naso i fan più irriducibili, ma da lettori storici del Watchmen cartaceo, ci sentiamo di dire che l'atmosfera e l'approccio sono quelli giusti.
Da Stephen King ad Alan Moore: quando gli scrittori non amano i film tratti dalle loro opere
La serie tv è ambientata ai giorni nostri, ma in una realtà alternativa in cui l'attore Robert Redford (che comparirà in un cameo negli ultimi episodi) è Presidente degli USA e in cui non esistono né Internet né molte delle nostre tecnologie attuali, tra cui gli smartphone. Come ben sappiamo, sono invece presenti tecnologie a noi sconosciute, quali la clonazione o i portali per il teletrasporto, e anche delle leggi ben precise, come la messa al bando di tutti i vigilanti e l'obbligo per i poliziotti di portare una maschera a coprire il volto. Questo perché in un recente passato un gruppo di suprematisti bianchi (seguaci dello scomparso Rorschach) chiamati "La Settima Cavalleria" hanno commesso atroci crimini verso le forza dell'ordine mettendo in pericolo la loro stessa esistenza.
Ambientazione distopica, problemi reali e attuali
Quello raccontato da Watchmen è un mondo violento e spaventato. Un mondo in cui c'è costantemente il terrore di "nuovi" attacchi intergalattici, in cui ci si sente sempre osservati sia dall'alto (il Dottor Manhattan teoricamente è ancora su Marte o su qualche pianeta ancora più lontano) che dal governo stesso. La serie nello specifico si svolge a Tulsa, in Oklahoma, una città profondamente segnata dal razzismo e da vecchie ferite che sembrano non volersi rimarginare mai: se nel fumetto originale degli anni '80 lo spauracchio non poteva che essere la Guerra Fredda, questa volta i temi più importanti girano attorno al razzismo e al terrorismo, senza dimenticare argomenti molto attuali e scottanti come la brutalità della polizia e le sparatorie di massa.
Il Watchmen della HBO è una serie molto politica, certamente più interessata a raccontare delle storie (e a volte anche una versione molto vicina alla Storia di un intero paese) che le avventure e le azioni di (super)eroi. Non che manchino momenti action o di tensione, ma è evidente che l'interesse principale di Lindelof risieda altrove. E che quindi non sia un elogio del mondo dei supereroi o dei vigilanti mascherati, ma in realtà una vera e proprio riflessione etica, filosofia e sociale sulle conseguenza delle loro azioni. Ed è proprio questo intento a rendere lo show della HBO così affascinante e unico nel suo genere, nonché vicino all'opera a fumetti.
Un cast tutto nuovo sia per i personaggi originali che per i graditi ritorni
La difficoltà più grande per questa serie risiedeva evidentemente nella creazione e caratterizzazione dei personaggi, perché, come ben sappiamo, non è mai facile per i sequel introdurre nuovi protagonisti che possano non far rimpiangere i precedenti. Soprattutto se questi sono della caratura di Rorschach, il Comico o il già citato Dottor Manhattan. Lindelof affronta questo dilemma nel modo migliore possibile, creando personaggi nuovi di zecca ma "affiancandoli" in qualche modo ad alcuni di quelli storici, presenti o in carne e ossa o semplicemente nello "spirito". Per entrambi i casi si tratta comunque di un cast completamente nuovo, distaccandosi ancora una volta dal film di Snyder.
La protagonista, se così possiamo definirla considerata la natura corale della serie, è la Detective Angela Abar, anche nota come il vigilante Sister Night, interpretata dal freschissimo premio Oscar Regina King. Insieme a lei, dalla parte della giustizia, ci sono anche Don Johnson nel ruolo del capo della polizia Judd Crawford così come uno dei personaggi più affascinanti dello show, Looking Glass, il poliziotto dalla maschera a specchio interpretato da Tim Blake Nelson. Non vi diciamo di più se non che ciascuno di loro, ovviamente, ha un passato ricco di legami con la storia scritta e racconta da Alan Moore.
Ma in fondo lo stesso vale per tutti: dall'anziano e misterioso signore di colore interpretato da Louis Gosset Jr. (altro premio Oscar, ricordate il sergente di Ufficiale e Gentiluomo?) alla bizzarra trilionaria Lady Trieu interpretata dall'attrice vietnamita Hong Chau (due anni fa vera e proprio rivelazione di Downsizing). E veniamo infine a due vecchie conoscenze del fumetto: un attore carismatico come Jeremy Irons è chiamato ad interpretare Adrian Veidt ovvero il geniale Ozymandias, ora invecchiato e alle prese con un piano tanto oscuro quanto cruento e spettacolare; la sempre straordinaria (e tre volte premiata con l'Emmy) Jean Smart è invece l'agente FBI Laurie Blake, ovvero l'ex Spettro di Seta II. Entrambi i personaggi sono evoluzioni di quelli che abbiamo conosciuto in passato, anche perché sono passati più di 30 anni, e funzionano piuttosto bene. Vedremo cosa accadrà negli ultimi tre episodi e se lo stesso giudizio positivo varrà anche per il Dottor Manhattan che ci è stato promesso ma, finora, non abbiamo ancora visto.
Una serie che si spinge sempre oltre, episodio dopo episodio
Appunto, cosa accadrà negli ultimi episodi? Lindelof ha confessato di aver pensato a questa serie come ad una stagione unica, un vero e proprio evento dalla durata limitata. Vedremo se effettivamente sarà così, ma la nostra impressione è che effettivamente saranno proprio gli episodi finali a dirci molto sull'effettivo e complessivo valore della serie. Perché, per come è impostato, questo "nuovo" Watchmen è un fantastico crescendo di tensione narrativa, un accumularsi di domande e misteri che (speriamo Lindelof abbia imparato la lezione dopo Lost) dovranno necessariamente trovare risposta. Quel che è certo è che, anche da un punto di vista visivo (e musicale grazie all'accoppiata Trent Reznor/Atticus Ross), la serie si spinge, episodio dopo episodio, sempre oltre: aumenta la complessità della messa in scena, aumenta la cura dei dettagli, aumentano anche i riferimenti all'opera di Moore e, di conseguenza, anche la difficoltà di gestire temi e personaggi così difficili e iconici. Il Wathchmen della HBO è un vero e proprio piacere da guardare: come sempre i valori produttivi sono altissimi e, in primis, fotografia e regia toccano vette che in TV abbiamo visto raramente. È il caso di alcune scene action particolarmente riuscite, ma non necessariamente: senza spoilerare, possiamo solo dire che il sesto episodio in particolare ha un'impostazione tale che risulta davvero difficile trovare qualcosa di simile sul piccolo schermo senza andare a toccare dei veri e propri mostri sacri.
Conclusioni
Chiudiamo questa nostra recensione di Watchmen ricordando intanto (anche a noi stessi) che si tratta di un giudizio parziale, basato esclusivamente su sei dei nove episodi totali, e che quindi dovremmo trattenere il nostro entusiasmo. Ma è anche vero che non ricordiamo un altro caso simile, in cui un sequel di un'opera così amata e cult fosse così rispettoso e al tempo stesso in grado di distaccarsi in modo netto dall'originale e non semplicemente copiarlo. La HBO ci ha da sempre abituato a serie di altissimo livello, con Watchmen sembrerebbe aver mantenuto ancora una volta le sue promesse.
Perché ci piace
- Regia, fotografia, scenografia, costumi, effetti speciali: tutto è di altissimo livello, come raramente capita di trovare sul piccolo schermo.
- Le musiche di Trent Reznor e Atticus Ross sono perfette, così come la scelta delle tantissime canzoni che accompagnano la serie, molto spesso riarrangiate in modo originale e intelligente.
- Tutti i personaggi sono ben caratterizzati e scritti, impreziositi da interpretazioni molto convincenti da parte di un gruppo di ottimi attori.
- La nuova storia è intrigante, ricca di elementi di attualità e spunti filosofici: esattamente come dovrebbe essere un sequel di Watchmen. I legami con l'opera originale sono coerenti e mai forzati.
Cosa non va
- I fan più irriducibili avranno sicuramente qualcosa da ridire, anche perché con un paio di scelte e colpi di scena Lindelof sceglie di rischiare.
- Non sappiamo come saranno i tre episodi finali, i più importanti e delicati.