A quasi due anni dal debutto della serie, è arrivata su Disney+, nella sezione Star, la seconda stagione di War of the Worlds, serie che adatta in chiave moderna il famoso romanzo di fantascienza scritto da H.G. Wells. Una seconda annata dal percorso travagliato, essendo stata girata durante la pandemia, un dettaglio che ha minimamente influito su alcune delle location, come svela lo showrunner Howard Overman: "Per la prima stagione avevamo accesso agli appartamenti delle persone, mentre a questo giro non era possibile per questioni di lockdown e quarantena. In compenso, abbiamo potuto utilizzare i cinema e i centri commerciali, dato che erano ufficialmente chiusi." Overman è una di tre persone che abbiamo intervistato, tramite Zoom, per l'uscita dei nuovi episodi: oltre a lui, abbiamo parlato anche con l'attrice Léa Drucker, interprete di Catherine Durand, e il produttore esecutivo Johnny Capps.
Scrittura profetica
Howard Overman trova curioso che la seconda stagione sia arrivata sugli schermi adesso, dati i tempi in cui viviamo: "Ho cominciato a scrivere gli episodi prima che scattasse la pandemia, e si parla di virus nella seconda stagione, ma è vero che quel romanzo ha sempre saputo adattarsi all'epoca in cui sono uscite le varie trasposizioni: si ricollegava al colonialismo, alla Guerra Fredda, o anche all'11 settembre come nel caso del film di Spielberg. Durante i junket della prima stagione tutti ci facevano domande legate all'ambiente, mentre adesso il tema ricorrente è il Covid." La serie, di suo, non ha un cast particolarmente espanso, e molte scene si svolgono al chiuso. Sono state necessarie delle revisioni a causa delle restrizioni sanitarie? "La differenza principale sul set è stato l'accesso a luoghi che di solito non sono accessibili di giorno, come le stazioni ferroviarie o le sale cinematografiche. E siccome lo show è ambientato in un mondo post-apocalittico, la troupe è stata in grado di girare nelle strade vuote senza dover poi rimuovere le macchine con la CGI, come avevamo dovuto fare l'ultima volta. Nel mio caso specifico, è stato surreale andare al lavoro e tutto era vuoto intorno a me, ma a livello di routine quotidiana non era molto diverso da solito, perché quando scrivo sono da solo e non interagisco fisicamente con nessuno." Passando a un altro aspetto della sua carriera, come pensa che reagirebbero alla pandemia i protagonisti di Misfits? "Uh, bella domanda. Secondo me andrebbe male. Non rispetterebbero le regole e si ritroverebbero di nuovo a dover fare lavori socialmente utili."
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L'importanza della scienza
Dopo aver parlato con Overman da solo, abbiamo intervistato in tandem Léa Drucker e Johnny Capps. L'attrice francese interpreta una scienziata, in un periodo storico in cui, nel mondo reale, la scienza è oggetto di dubbio e scetticismo anche da parte di chi deve prendere decisioni importanti per il bene comune. Come vive questa cosa? "È un'ottima domanda. Catherine è una bravissima scienziata, molto competente, e personalmente io mi fido molto degli scienziati. Non mi sono posta la questione del parallelismo mentre giravamo, ma anche all'interno della serie la stessa Catherine dubita delle proprie scelte, come tutti gli scienziati nella vita vera." Com'è stato girare questi episodi con le restrizioni legate alla crisi sanitaria? "Da un lato, tutti erano molto rispettosi sul set per quanto riguarda il distanziamento, e tutti indossavano la mascherina, a parte noi attori quando dovevamo recitare. D'altro canto, c'era un'atmosfera un po' triste perché veniva a mancare l'aspetto conviviale, ma è anche vero che eravamo fortunati a poter essere insieme sul set e fare questo lavoro che amiamo tanto. Non avevo paura di essere contagiata durante le riprese, perché le misure di sicurezza erano veramente efficaci." Il ricordo preferito della seconda stagione? "Ho potuto lavorare con gli attori inglesi, il che non mi capita spesso. Noi francesi ammiriamo molto il lavoro degli inglesi. Ho anche girato delle scene d'azione, ed è stato al contempo terrificante e divertente."
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A livello pratico, com'è stato organizzare le riprese durante la pandemia? Risponde Capps: "Già di suo produrre una serie comporta un certo livello di stress, e la pandemia non aiuta da quel punto di vista. Però siamo stati fortunati, in un certo senso, perché durante il primo lockdown, iniziato nel marzo del 2020, abbiamo avuto tutto il tempo necessario per pianificare gli aspetti pratici. Ci siamo documentati, e anche se la situazione cambia di giorno in giorno siamo riusciti a organizzare le riprese in modo che tutti fossero al sicuro, con la creazione di appositi spazi per diverse categorie di cast e troupe, ma senza compromettere la visione creativa che avevamo per lo show. Le sceneggiature sono rimaste invariate, abbiamo solo fatto sì che fosse possibile girare il materiale in modo sicuro." La pandemia ha influito sulla durata delle riprese? "Un pochino, sì. Le giornate procedevano più lentamente, ma da un certo punto di vista siamo anche stati più rapidi, perché c'erano meno persone sul set. Il calendario di lavorazione è diventato più lungo, ma non più di tanto." Il suo ricordo preferito? "Sapere, durante le riprese, che i nostri protocolli di sicurezza funzionavano. Eravamo molto nervosi al riguardo, perché eravamo i primi a tornare a girare nel Regno Unito. E sono anche molto soddisfatto di come abbiamo realizzato gli interni delle astronavi."