La 69° edizione della Mostra del Cinema di Venezia si è chiusa con il trionfo della Corea. Nei corridoi del festival si vociferava fin da stamattina e ora possiamo celebrare il vincitore: Kim Ki-duk si porta a casa il Leone d'oro con il ferocissimo Pietà. Il regista sudcoreano ringrazia il pubblico alla sua maniera intonando Arirang, canto popolare coreano della tristezza e della rinascita. Kim Ki-duk e tutti gli altri premiati sfilano in sala conferenze per rilasciare i primi commenti a caldo sui premi ricevuti. Il primo ad apparire a sorpresa è Philip Seymour Hoffman, piuttosto stropicciato per essere appena sceso da un aereo ed essersi cambiato nel bagno del Palazzo del Cinema prima della cerimonia. Hoffman commenta: "Io e Joaquin abbiamo trascorso tantissimo tempo insieme e abbiamo imparato a conoscerci a fondo. Essere premiati entrambi insieme a Paul Thomas Anderson è un'esperienza incredibile. Sono felice di poter condividere il premio con i miei due amici".
Dopo la toccata e fuga di Hoffman è la volta della giuria del concorso ufficiale, chiamata a motivare le scelte fatte. Michael Mann spiega: "I nostri criteri si basavano sulle regole veneziane Non potevamo cumulare premi, così abbiamo cercato di trovare un'equivalenza premiando tutti i film che ritenevamo meritevoli. Abbiamo fatto considerazioni estetiche, ma non abbiamo tenuto conto dei paesi che avevano più bisogno di ricevere premi. Abbiamo fatto quattro riunioni molto lunghe, ma non discuterò i criteri. Nella giuria ognuno di noi ha un voto: abbiamo visto diciotto film ed erano diciotto possibili leoni d'oro. Non siamo agli Oscar dove i premi sono cumulabili e non discuto su quale sia il sitema migliore. Noi abbiamo discusso alla fine di ogni film, poi ne abbiamo riparlato in seguito e abbiamo votato con la pancia. Ha vinto Pietà perché lo ritenevamo un ottimo film". Matteo Garrone viene chiamato a parlare della valutazione dei tre film italiani in concorso, ma il volitivo presidente Mann interviene ribadendo che "non parleremo delle nostre valutazioni di giurie. Sono private e ciò che conta sono i risultati. Niente è stato fatto per caso. Non potete chiedere opinioni a un giurato sui film del suo paese perché siamo un'unica giuria". Tocca ora ai personaggi premiati commentare i riconoscimenti ricevuti. Olivier Assayas, premiato per la miglior sceneggiatura, ha dedicato il premio ai suoi giovani interpreti non protagonisti e spiega di averli già avvertiti per sms. "I ragazzi hanno vissuto tutto questo come un sogno che è diventato realtà quando il film è uscito. E' un film sulla mia gioventù e ho provato a creare una risonanza con la gioventù di oggi. I giovani europei vogliono vedere il cinema americano e spesso rifiutano il cinema d'autore, più complesso e ambizioso, ma io sono convinto che il cinema sia l'arte giovane per eccellenza e ho cercato di rappresentare ciò nel mio film". La giovanissima Hadas Yaron, protagonista di Fill the Void nonché Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile confessa di non avere avuto una grande conoscenza dell'ambiente ebreo ultraortodosso, pur vivendo molto vicina, perciò questo ruolo le ha permesso di entrare in contatto con una nuova realtà mentre il collega Fabrizio Falco difende la preparazione, necessaria secondo lui per il mestiere dell'attore. Riguardo al suo giovane interprete Daniele Ciprì, premiato per il contributo tecnico per E' stato il figlio, confessa: "All'inizio non ero convinto della scelta di Fabrizio Falco, ma poi ho visto che, pur non essendo palermitano, sentiva davvero la sicilianità. Dopo di me anche Bellocchio lo ha voluto nel suo film perciò ho contribuito a lanciare un giovane attore. Il vero attore è quello che ti sa dare qualcosa usando il silenzio e qui Fabrizio ha superato la prova". E' la volta di Ulrich Seidl, regista di Paradise: Faith. "Innanzi tutto sono felice che sia stato premiato un film difficile perché sono venuto qui a Venezia senza sapere come sarebbe stato accettato. Mi aspettavo delle polemiche, ma so che qui il mio messaggio è stato capito. In Austria i miei film sono sempre stati criticati, però ci sono anche persone entusiaste. Solo con Canicola, presentato a Venezia, sono stato riconosciuto come regista perché prima non sapevo se sarei riuscito a proseguire nel mio mestiere". Last, but not least tocca al re di Venezia Kim Ki-duk commentare la sua incredibile vittoria."Il mio film è uscito due giorni fa. Non chiedo al pubblico di andare a vedere il mio film, ma se ciò accadesse, soprattutto dopo aver vinto il Leone d'oro, mi farebbe molto piacere. Ho vinto molti premi prestigiosi, ma non ci si fa mai l'abitudine. Ve lo dimostro baciando il mio Leone d'oro. Sono venuto a venezia quattro volte, la prima volta nel 2000 con L'isola. Venezia mi ha reso famoso in Occidente e mi ha regalato questi meravigliosi premi quindi non posso che ringraziare il festival e proseguire il mio cammino di descrizione delle stagioni del mondo".Venezia 2012: la parola ai premiati
Il Leone d'oro se ne va in Corea. Ecco le dichiarazioni rilasciate a caldo dal regista di Pietà Kim Ki-duk e dagli altri vincitori.