Venezia 2011, Giorgos Lanthimos scala le 'Alps'

La nostra intervista con il regista già premiato con la Camera d'Or a Cannes nel 2009 per Dogtooth: 'In patria Alps ha diviso, ma è parte del gioco'.

Per sua stessa ammissione in un film diretto da lui non vedrete mai i paesaggi assolati e le spiagge della sua Grecia ("Non mi interessano proprio queste cose"), ma Giorgos Lanthimos, regista di Alps, presentato in concorso al Festival di Venezia, non sembra una persona oscura, anzi spiega con pacatezza e umorismo le ragioni che lo hanno spinto a scrivere e dirigere una delle opere più controverse viste al Lido, la storia di un gruppo di filantropi 'sui generis', chiamato appunto Alpi, che dietro pagamento e su richiesta dei familiari, si sostituiscono a delle persone morte. Dopo il celebrato Dogtooth (Camera d'Or a Cannes nel 2009, nominato agli Oscar come miglior film straniero), un altro racconto destinato a lasciare il segno.

Signor Lanthimos, dove ha trovato l'ispirazione per questa storia così particolare? Giorgos Lanthimos: Non c'è stata una sola ispirazione, ho fatto una lunga conversazione con lo sceneggiatore, Efthymis Filippou, con cui avevamo già fatto Dogtooth. Lui stava pensando alla storia di un gruppo di persone che per lenire la sofferenza della morte di un caro o di un amico chiedevano a qualcuno di far finta di essere la persona scomparsa e di scrivergli delle lettere. L'idea iniziale era questa, ma non mi entusiasmava troppo. Non mi sembrava troppo cinematografica e allora ho pensato a questa infermiera che lavora in un ospedale e che si offre per "sostituire" dei morti. Mi sembrava un approccio più complesso che poteva portare a sviluppi interessanti. Trovata l'idea abbiamo iniziato a scrivere. Non volevamo parlare di morte in senso stretto, anzi volevamo essere liberi e non farci soffocare da alcun tabù sull'argomento. Non volevamo certo offendere nessuno, né essere provocatori tanto per esserlo, mi rendo conto che è si tratta di un argomento difficile.

In un certo senso nel suo film non si parla di morte in senso stretto, ma forse della perdita d'identità della protagonista, l'infermiera che è il motore della storia....
Sì, certo la perdita dell'identità è parte di questo processo. Quelli che appartengono alle Alpi vogliono essere differenti, vogliono trovare un modo per appartenere ad un luogo, per essere amati, per essere apprezzati...

Qual è la stata l'accoglienza riservata in patria al suo film?
Beh, il pubblico è stato letteralmente diviso in due. Alcuni lo hanno amato, altri lo hanno odiato forse perché ritenevano che in qualche modo si riferisse a loro e si sono sentiti offesi dal racconto. Ma ci sta, me lo aspettavo che potesse succedere.

Nei suoi film i protagonisti creano un mondo immaginario, un mondo che però è inserito in un contesto perfettamente realistico...
Io non parlerei tanto di mondo immaginario, perché a me non interessa a raccontare un mondo fasullo nei miei film, ma dare risalto situazioni che non sono così frequenti. E' il tono del film che rende tutto surreale, ma la storia è assolutamente credibile. Volevamo testare il comportamento umano a contatto con situazioni tanto estreme, in modo da spingere lo spettatore a trarre le sue conclusioni. Non giudichiamo nessuno, non diciamo chi ha torto o ha ragione. Lo humour è chiaramente surreale. Se ci vedete una metafora di qualcosa, mi va benissimo, ma non era nelle nostre intenzioni operare una riflessione del genere. Tutto quello che volevamo dire è nella storia e nelle immagini del film.

Come ha lavorato con gli attori?
Io sono molto silenzioso con loro. Ci metto un sacco di tempo a sceglierli, questo sì, molti peraltro non sono attori professionisti. Mi piace dargli poche informazioni, così saranno più spontanei e vulnerabili durante le riprese. Infatti non c'è stata alcuna prova prima delle riprese. Con me gli attori devono usare quello che hanno, non c'è nulla di preconfezionato che gli viene fornito. Qualche volta abbiamo improvvisato e girato delle scene extra, ma in realtà il copione è stato seguito alla lettera.

Come risponde a quelli che sostengono che la crisi economica greca abbia in un certo senso favorito la nascita di una Nouvelle Vague cinematografica ellenica...
Credo che sia solo una coincidenza. In realtà da molto tempo ormai si girano dei film interessanti, ma vengono notati solo adesso, perché riescono ad avere una certa visibilità internazionale, ad esempio la nomination agli Oscar. Capisco che sia facile per i media collegare tutto, ma non è così automatico il passaggio. Però è vero che esiste un gruppo di cineasti che cerca di fare film, spesso e volentieri senza il supporto di nessuno. I miei Kinetta, Dogtooth e ovviamente anche Alps, sono stati fatti con un budget davvero ridotto all'osso o comunque non paragonabile a quello impiegato per altre opere. Con me la gente ha lavorato gratis e solo ora che abbiamo ricevuto qualche soldo riusciamo a pagare tutti. In ultima analisi direi che c'è una generazione di registi, ma i film che fanno sono tutti differenti tra loro, per capirci, non credo che ci sia uno stile 'greco'.

E la crisi economica può essere messa in relazione con la crisi morale che viene spesso mostrata nei film greci?
Gli artisti riflettono in modo assolutamente personale a quello che avviene attorno a loro. Posso solo parlare per me in questo caso. Io non ho mai pensato di dover spiegare le cose che vedo. Non faccio film sulla crisi economica o politica. Preferisco essere più astratto, e quando trovo le storie che ritengo interessanti a sufficienza, le costruisco passo dopo passo. Non mi importa di cosa parli, ma solo che parli di quello che mi interessa in quel momento.

Ha mai preso in considerazione l'idea di lavorare al di fuori della Grecia?
Certo, assolutamente! E non solo per le difficoltà economiche che si incontrano nel produrre film e dopo i tre film che ho fatto posso dire che se ne incontrano tante, anche se un giorno mi piacerebbe girare senza problemi. Mi piace però che siano fatti in Grecia, non fraintendete, ma penso che fare film in altri posti possa permettermi di relazionarmi con situazioni diverse. Un film come Alps potrebbe tranquillamente essere ambientato in un'altra nazione e anche se la struttura resta inalterata, la storia si modulerebbe in maniera differente. In questo momento sto scrivendo una sceneggiatura, ma sto anche cercando lavori di altre persone, magari inglesi o americani. Vediamo chi arriva prima.

La nomination all'Oscar per Dogtooth le ha portato qualcosa di buono?
Certo che è stato importante essere nominati agli Oscar. Non ricordo da quanti anni esattamente un film greco non era stato candidato dall'Academy, ma in termini di aiuto pratico la nomination non è stata molto utile. Se possibile ha ulteriormente complicato le cose. Di buono c'è solo la visibilità internazione ottenuta, ma in termini produttivi in Grecia non è cambiato granché e l'ho anche spiegato prima. Purtroppo, sembra di dover cominciare da capo tutto. L'unica soluzione è quella di lavorare all'estero. E' brutto da dire, ma è così....