Valeria Golino e Vincent Perez a Firenze con Un baiser papillon

La bella attrice napoletana e il sex symbol d'Oltralpe a Firenze insieme alla neoregista Karine Silla per presentare il drammatico Un baiser papillon, una delle pellicole più attese nella rassegna dedicata al cinema francese.

Una luminosa Valeria Golino, unica italiana nel cast della pellicola francese Un baiser papillon, si cala volentieri nei panni della spigliata padrona di casa inaugurando France Odeon, manifestazione dedicata al cinema francese giunta alla terza edizione che ha ormai trovato dimora stabile presso lo storico Cinema Odeon di Firenze. Leit motiv di quest'anno è la presenza sempre più nutrita di star italiane in pellicole francesi e se interpreti nostrani come Stefano Accorsi hanno fatto della Francia la loro seconda patria, anche un napoletano doc come Toni Servillo non disdegna, all'occasione, una puntatina oltralpe per misurarsi con la ricchezza dell'industria cinematografica gallica. Per Valeria Golino, una delle attrici col curriculum internazionale più ricco, questa pellicola ha un sapore particolare per il delicato tema trattato, la malattia, e per i compagni di viaggio molto speciali che l'hanno accompagnata nell'impresa, l'attrice Karine Silla, qui al suo esordio dietro la macchina da presa, e l'affascinante Vincent Perez, marito della Silla e protagonista maschile del film. Dopo l'esperienza dietro la macchina da presa per il corto Armandino e il MADRE, la stessa Golino si prepara a dirigere il suo primo lungometraggio, incentrato sul tema dell'eutaiasia e tratto dal romanzo di Angela Del Fabbro Vi perdono.

Valeria, puoi raccontarci come è avvenuto il tuo incontro con Karine? Valeria Golino: Avevo conosciuto Karine tempo fa tramite amici comuni. Quando Karine ha scritto il suo film me l'ha fatto leggere, tutto questo ben prima di aver trovato i soldi per realizzarlo. Per prima cosa Karine mi ha offerto il ruolo di Billie, ma da quel momento all'avvio delle riprese sono passati due anni. Essendo un'opera prima, Karine ha dovuto lottare per racimolare i soldi e in questo arco di tempo sono cambiate molte cose e molti attori si sono avvicendati nei vari ruoli. Le uniche presenze fisse nel cast restavamo io e Vincent, che essendo marito di Karine non è mai stato in discussione. La produzione ha cercato più volte di convincere Karine a sostituirmi perché il mio ruolo poteva benissimo essere interpretato da una star francese, ma lei mi ha sempre difeso e ha resistito. Alla fine, vista questa persistenza amorosa, non potevo

fare altro che dare il meglio.

Quello di Billie è un personaggio molto doloroso, una madre che si scopre malata e non sa come comunicare al marito e alle figlie che sta morendo.
Valeria Golino: Quando Karine mi ha parlato del film era un momento molto particolare della mia vita, mio padre era molto malato e io sentivo che per me il ruolo era impraticabile. In momenti come quello non ci sono solo il dolore e la preoccupazione, ma c'è una sorta di confusione che ti avvolge. Anche ora che è passato del tempo ho difficoltà a raccontare queste cose, ma poi le cose sono cambiate perciò sono riuscita a fare il film. Devo dire che la lavorazione mi ha molto incupito. E' una delle poche volte in cui un ruolo mi è rimasto addosso mentre non volevo. Ho interpretato tanti personaggi, alcuni molto drammatici, ma stavolta è successo qualcosa di diverso. Poi ce l'ho fatta a venirne fuori anche perché nella vita si supera tutto, ma devo dire che lavorare con Karine è stata un'esperienza molto intensa perché, al di là della bravura registica, riesce a penetrare nella vita delle persone.

Adesso anche tu stai per girare il tuo primo lungometraggio da regista e anche in questo caso il tema è la malattia. C'è un collegamento tra i due film? Valeria Golino: Ci sono tante ragioni per cui uno sceglie di fare una determinata cosa. Ho letto un libro che mi piaceva, mi sembrava potente, urgente da raccontare perché sentivo che mi riguardava e ho deciso di trarne un film.

Karine, ci puoi parlare della scelta di ingaggiare Valeria per il tuo film? Karine Silla: Per me non c'è niente di più importante dell'essere umano. Lavoravo con degli attori intelligenti e l'intelligenza è la cosa più importante nell'approccio ai ruoli, anche più del talento. In Valeria ho sentito una profonda affinità col personaggio e lo stesso è accaduto con Vincent.

Vincent Perez: Un baiser papillon è un film corale, composto da tante storie e tutte insieme funzionano in maniera quasi miracolosa. E' come costruire un castello di carte che non crolla perché c'è una magia alla base. Sono tutte storie vere, vissute in una maniera o in un'altra da persone realmente esistite e questo rende il film ancora più concreto.

Valeria Golino: E' un film corale, ma è anche un film familiare perché, insieme a Vincent, vi sono anche le due figlie maggiori di Karine che interpretato le mie figlie. Interpretando la moglie di Vincent, non mi sono potuta divertire tanto perché ero diretta da sua moglie quindi ogni bacio era misurato. Era come camminare sul filo del rasoio.

Ora che ti sei avvicinata al mondo della regia è cambiato anche il tuo modo di approcciarti ai registi da attrice? Valeria Golino: No, quello che è cambiato è il mio rapporto con gli attori quando dirigo, ma non il mio lavoro di attore. Dopo tanti anni mantengo sempre la stessa inconsapevolezza e incoscienza che mi hanno accompagnato in tutta la mia carriera.

Quale è il tipo di cinema che preferisci? Valeria Golino: Ti racconto un episodio. Qualche giorno fa sono stata premiata a Mantova come miglior attrice di cinema d'essai. Dietro di me sullo schermo scorrevano i film d'essai dell'anno ed erano film normalissimi. Qquando io ho iniziato facevo film molto marginali, che non avevano nessuno sbocco e pochissimi vedevano. Quello per me era il cinema d'essai. Oggi fare cinema d'essai significa tentare di fare buon cinema.

E il tuo primo film da regista come lo immagini? Valeria Golino: D'essai.

Quale è la sfida più grande come regista quale è? Valeria Golino: Non so, io sono abituata a fare l'attrice e raccogliere il denaro, mettere insieme tutto mi pare una follia. La mia più grande paura è fare un film brutto. Ancora non ho un'idea precisa sul film che voglio fare, ma voglio che sia vitale, come dovrebbero essere le opere d'arte. Se ci fosse un ruolo per Riccardo (Scamarcio, ndr) lo chiamerei. Lui è un veicolo per portare soldi, produrrà il film e non vedo niente di male ad affidargli una parte. Inizierò a girare il mio film dopo aver finito il film diretto da Maria Sole Tognazzi con Stefano Accorsi. Vorrei anche recitare in qualche film commerciale se mi chiamassero, ma mi fanno fare solo film d'essai.