Selvaggio, indomabile. Questo significa Untamed, titolo della nuova miniserie Netflix con protagonista Eric Bana. Il primo Hulk del Marvel Cinematic Universe mantiene la rabbia dell'omone verde ma la trasforma in profonda sofferenza interiore interpretando un uomo dilaniato dal proprio passato, e ora rifugiato nel parco dello Yosemite.

Insomma, un uomo untamed. Non si poteva che scegliere questa parola per definire un protagonista eremita e la natura incontaminata dell'entroterra statunitense, a tu per tu con le tradizioni dei nativi americani. Tutti elementi che formano una storia come tante, originale a modo suo, ma che non riesce a lasciare il segno fino in fondo.
Untamed: questo non è il solito crime drama

La serie Netflix si presenta apparentemente come un thriller con il classico 'caso della settimana' da risolvere. Bana è Kyle Turner, un lupo solitario che si è rifugiato nel proprio dolore dopo la fine del matrimonio con Jill (una preziosa Rosemarie DeWitt). Fa parte del dipartimento investigativo dei parchi e risulta una spina nel fianco per molti colleghi. Perché? Riesce sempre a vedere al di là del proprio naso, riuscendo a risolvere i casi a partire dalle tracce lasciate in natura. Succede anche con Jane Doe, una misteriosa donna che gli sembra di aver già visto, e che due scalatori vedono cadere dalla montagna. Si sarà suicidata o si tratta di un tragico incidente? O forse c'è qualcos'altro sotto?

Kyle ha vari sospetti e li condivide con l'unico ranger dalla sua parte, l'amico di vecchia data Paul Soter (Sam Neill). Ad aiutarlo nelle indagini si aggiunge anche Naya Vasquez (Lily Santiago), una poliziotta venuta da Los Angeles, e quindi dal caos della metropoli, per ritrovarsi in tutt'altro tipo di confusione dettata dalla natura incontaminata. Qui lo show diventa una buddy series con l'incontro-scontro tra due detective agli antipodi che possono imparare l'uno dall'altra. Inoltre il caso prosegue lungo tutti i sei episodi che compongono la miniserie, trasformandola quindi in un unico thriller orizzontale.
Quando il crime diventa family drama
Untamed mescola vari elementi e di conseguenza la ragazza uccisa è solamente un pretesto per indagare il passato dei protagonisti. Questo, perché tutti loro hanno un dramma familiare da affrontare: Kyle si confronta con la fine del proprio matrimonio e Jill con l'aver ricominciato con un altro uomo; Vasquez con l'essere una madre single con bambino a carico; Soter con l'avere una figlia che entra ed esce dalla comunità, lasciando che siano i nonni ad occuparsi della nipotina.

Gli occhi dell'infanzia sono quelli che fanno da contraltare ai protagonisti adulti: è come se Manchester by the Sea incontrasse Walker Texas Ranger in un mix che convince a metà. Questo perché il passaggio da un genere all'altro non è necessariamente fluido. Inoltre le tante sottotrame messe in campo rischiano di destabilizzare e confondere lo spettatore, facendogli perdere interesse.
Una location affascinante e pericolosa
Il Parco dello Yosemite diviene protagonista assoluto accanto a Turner, che lo conosce come le proprie tasche. Lo stesso vale per un suo vecchio amico, nativo americano, portatore di quella linea narrativa che però si perde lungo il cammino. Peccato, perché sarebbe stato interessante un maggior approfondimento in tal senso, giocando con usi e costumi, tradizioni e graffiti di quella comunità. Una convivenza difficile ma ancora libera proprio grazie all'identità selvaggia del Parco.

Le grandi panoramiche e l'aver girato in quei luoghi donano un fattore aggiuntivo e determinante alla costruzione estetica di sequenze ed inquadrature: non immagini da cartolina, bensì un possibile pericolo dietro l'angolo. Quasi fossimo in un horror. La regia deve esprimere la doppia identità che incarna quella natura selvaggia ed incontaminata, animali compresi. Giocando con quei colori e quei suoni e rendendoli parte del racconto. Mettendoli al servizio delle interpretazioni dei protagonisti, fatte di silenzi e di sguardi. Anime che non riescono a trovare pace. Proprio di questo parla Untamed: ambire alla tranquillità interiore affrontando i propri fantasmi, sotto qualsiasi forma si mostrino a noi.
Conclusioni
Untamed è una serie thriller che utilizza il genere per parlare di dramma familiare e dei segreti che abitano i protagonisti, anche se in modo non totalmente fluido e convincente. Ognuno di loro condivide un passato doloroso che non aspetta altro di venire alla luce, proprio all’interno di quel parco così ancestrale e così puro ma anche così indomabile ed incontrollato. Una location che esprime il carattere dei personaggi e le cui riprese non sono da cartolina, ma respirano insieme ai dialoghi silenti e alle inquadrature lungo i sei episodi.
Perché ci piace
- Eric Bana e Rosemarie DeWitt, col valore aggiunto di Sam Neill e Lily Santiago.
- Il dolore come motore di tutte le azioni.
- La location, poco paesaggistica e molto narrativa.
- Il crime che diventa buddy series e family drama…
Cosa non va
- …anche in modo non completamente riuscito.
- Troppe sottotrame per soli sei episodi.
- Il tema dei nativi americani poteva essere maggiormente sfruttato.