Affrontiamo la recensione di Unfriended: Dark Web consapevoli di dover illustrare un primo essenziale punto, la particolare tecnica narrativa usata per costruirlo, che negli ultimi anni ha avuto più di un esponente. Si tratta infatti di un Desktop Film o Computer Screen Film, un sottogenere cinematografico, nato all'alba del nuovo millennio e già usato in una manciata di film più o meno interessanti, che usa tutto ciò che accade sullo schermo del computer del protagonista per costruire l'intreccio della storia. Questo film, in uscita dal 16 maggio per Universal Pictures dopo essere passato in anteprima all'ultimo Comicon di Napoli, rientra in questa categoria e ne sfrutta la tecnica per tenere incollato lo spettatore, al netto di alcuni eccessi nella trama.
La vita sullo schermo: la trama di Unfriended: Dark Web
Matias O'Brein ha un nuovo computer, un Mac fiammante che gli permetterà di lavorare al meglio al software che sta sviluppando per dialogare più agevolmente con la sua ragazza non udente Amaya. Il problema è che il computer non è nuovo, ma ritrovato per caso dal ragazzo tra gli oggetti smarriti di un locale, e nasconde dei segreti che faranno da motore per la trama di Unfriended: Dark Web: file nascosti sull'hard disk rivelano qualcosa di misterioso e pericoloso, un'app catapulta il ragazzo nei meandri del dark web del titolo, la parte più inaccessibile e nascosta di internet, e Matias e i suoi amici, collegati con lui su Skype, si ritroveranno invischiati in qualcosa di più grande di loro e da cui sarà difficile uscire.
L'azzardo di Matias e gli altri personaggi
Centrale nell'economia del racconto è il protagonista Matias, è lui a muovere le fila della narrazione, anche perché, banalmente, è il desktop del suo computer che ospita lo sviluppo della storia del film diretto da Stephen Susco. Di lui percepiamo i tratti caratteriali e capiamo le motivazioni, con la nostra finestra privilegiata nella sua vita. I suoi amici, gli altri personaggi di Unfriended: Dark Web, non sono altrettanto definiti e complessi, al pari delle figure che appaiono nelle finestre di Skype sul desktop dell'amico. Sono figure più stereotipate e bidimensionali, che compiono la propria funzione nell'economia del film, ma non brillano per scrittura e profondità. Solo Matias e Amaya, che hanno anche più spazio rispetto agli altri personaggi del film, riescono a ottenere qualche sfumatura in più ed emergere senza essere travolti dal ritmo serrato della narrazione.
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La forza del nostro quotidiano
Se parliamo di ritmo è perché lo consideriamo uno dei punti di forza del film prodotto da Timur Bekmambetov, vero specialista dei desktop film, di cui avevamo già apprezzato Profile un paio di anni fa al Festival di Berlino (qui potete leggere la nostra recensione di Profile): la forza di questo tipo di film, che mette in scena tutto ciò che accade sullo schermo del computer del protagonista, tra chat, ricerche su web, messaggi e video riprodotti, tra Youtube, Facebook, Skype e altri brand che fanno parte della nostra vita quotidiana, è di annullare totalmente la distanza con lo spettatore, che si ritrova a guardare azioni che è solito compiere abitualmente e quotidianamente sul proprio computer, ritrovandosi immerso nella storia che gli viene raccontata.
Per questo il film di Susco cattura dal primo minuto, a dispetto di alcune semplificazioni e altrettanti eccessi, soprattutto in una parte finale in cui la situazione precipita ed è più difficile tenere a bada la soglia della sospensione dell'incredulità. E va assolutamente menzionato l'ottimo lavoro di adattamento fatto per rendere il film in italiano, che traduce nella nostra lingua ogni dettaglio che appare su schermo e contribuisce ad annullare la barriera tra la storia e lo spettatore.
Conclusioni
Per concludere la nostra recensione di Unfriended: Dark Web ci teniamo a sottolineare quanto efficace sia lo strumento narrativo usato dai cosiddetti Desktop Film per catturare l’attenzione dello spettatore e non mollarla mai per tutto il corso della narrazione, a dispetto di alcuni eccessi nello sviluppo e la risoluzione della trama e qualche semplificazione di troppo nella creazione dei personaggi. Difetti che non rovinano un film piacevole da fruire, pur limitandolo al suo status di innocua visione senza impegno, per il quale va sottolineato il gran lavoro di adattamento in italiano, che traduce ogni dettaglio che appare su schermo.
Perché ci piace
- La forza dello stile narrativo che ci immerge in azioni che compiamo abitualmente.
- Il ritmo e la progressione della storia, che cattura l’attenzione sin dall’inizio.
- L’adattamento italiano, che traduce ogni aspetto della messa in scena del film.
Cosa non va
- Poco approfondimento, soprattutto dei personaggi secondari.
- Alcuni eccessi nella parte finale.