Recensione L'onda (2008)

Il film di Gansel dimostra che la società odierna è ben lontana dall'aver rigettato i dogmi fondativi della dittatura, ma che anzi è convinta a sottostarvi in modo facile e banale. E che negare la spinta dell'uomo verso la volontà di sopraffare altri uomini è profondamente sbagliato e ancor di più pericoloso, perchè ci rende incapaci di riconoscere il problema perfino se lo abbiamo sotto gli occhi.

Una nuova autarchia

Tutto nasce da un esperimento condotto del 1967 in un liceo californiano: gli studenti americani, non capendo come abbiano potuto i tedeschi e gli italiani del primo dopoguerra farsi irretire dalle ideologie nazista e fascista, interrogano il loro professore sui motivi dell'ormai incomprensibile gesto. A poco valgono le spiegazioni del docente: cose come nazionalismo, manipolazione dei mezzi di informazione, bisogno di sicurezze a livello economico e sociale non sono considerate abbastanza convincenti per il manipolo di giovani, che si dicono assolutamente certi che nulla di vagamente riconducibile all'autarchia potrebbe mai ripresentarsi della civile società occidentale. Il professore, non altrettanto sicuro, propone ai ragazzi un esperimento: lui stesso sarà il loro kaiser, e loro dovranno alzarsi in piedi per parlare e mantenere una posizione eretta e composta, tanto per cominciare. Tanto per cominciare, perchè le cose si spingeranno ben più avanti di così.

Da questa vicenda reale, che nelle sue fasi successive si rivelerà a dir poco sconcertante, sono stati successivamente tratti un libro e un film, presentato con successo al Festival di Torino, e stavolta ambientato in Germania, nonché scritto, diretto e interpretato da tedeschi che ben più della controparte americana dovrebbero aver presente le aberrazioni e gli abomini scatenati dalla dittatura. Invece gli studenti di Reiner Wenger, all'idea di impersonare i giovani accoliti di un improvvisato despota, si dimostrano dapprima divertiti ed eccitati dall'idea, in virtù soprattutto dell'originale metodo di insegnamento del volenteroso insegnante, così diverso dalle noiose e pedanti lezioni dei suoi colleghi. Ma quello che era iniziato come un esperimento dalla finalità educativa uscirà ben presto da questa logica virtuosa: chi si rifiuterà di mettersi la "divisa" del gruppo, una camicia bianca, verrà additato come individualista, egoista, senza spirito di gruppo, e con il passare dei giorni l'accesso all'istituto sarà permesso soltanto a chi palesa la propria appartenenza a "L'Onda" tramite il gesto concordato. E nessuno sembrerà far caso a questi allarmanti segnali: d'altronde il rendimento scolastico dei ragazzi ha raggiunto ottimi livelli, e persino la squadra di pallanuoto, da sempre agli ultimi posti in classifica, grazie al nuovo spirito collaborativo sta gradualmente migliorando i propri risultati. Anche lo stesso professor Wenger tarderà ad accorgersi della portata catastrofica dell'esperimento, e ci vorrà che un alunno, più degli altri coinvolto dallo spirito dell'Onda, gli si proponga come guardia del corpo per smuovere la sua visione delle cose.

Che L'onda di Dennis Gansel abbia ottenuto un così grande risalto da parte della critica e della stampa tedesca era prevedibile: non soltanto per l'aver dimostrato inequivocabilmente che la società odierna è ben lontana dall'aver rigettato i dogmi fondativi della dittatura, ma che anzi è convinta a sottostarvi in modo facile e banale . Prova ne è che, se ben pochi sono i ragazzi "dissidenti", che abbandoneranno l'esperimento, un numero di gran lunga maggiore vorrà entrare a farne parte, riconoscendo in esso la possibilità di appartenere ad un gruppo, acquisendo così una nuova forza e la capacità di contare qualcosa, di far sentire la propria voce, fosse anche soltanto grazie a un pugno di adesivi e qualche bomboletta con cui riempire la città del proprio simbolo. Certo, come aveva notato anche il professor Jones, originario ideatore dell'esperimento, molti dei ragazzi che avevano dimostrato una vera e propria fede nel "movimento" creato avevano alle spalle una situazione familiare difficile, o non riuscivano ad integrarsi con i coetanei, e in generale soffrivano dell'assenza di forti punti di riferimento, ma forse la verità è che nessuno è immune dalla distorta attrattiva del totalitarismo, con la sua pretesa di ordine, unità, disciplina in cui tutti insieme si collabora ad un progetto più grande, che eleva al di sopra di chi non partecipa, di chi è diverso, di chi è nemico. L'esperienza di Jones e il film di Gansel dimostrano quindi che negare questa ancestrale spinta dell'uomo verso la volontà di sopraffare altri uomini, quantunque generata da intenti che si vogliono vendere e vedere come positivi, sarà forse più rassicurante, ma è profondamente sbagliato e ancor di più pericoloso, perchè ci rende incapaci di riconoscere il problema perfino se lo abbiamo sotto gli occhi.
"La nascita di una nuova dittatura è impossibile, perchè ne conosciamo le conseguenze", recita uno dei protagonisti del film con fare sicuro. Per poi contraddirsi nello spazio di poche scene, disprezzando chi non la pensa come lui e arrivando a giustificare la violenza nei suoi confronti. Tra i motivi che, secondo i ragazzi, concorrono all'affermazione di un regime dittatoriale, spiccano crisi economica e aumento della disoccupazione, senso di insicurezza tanto nel presente quanto per il proprio futuro, diffidenza nei confronti del diverso, straniero o di un'altra fede che sia, delusione nei confronti della classe politica. Non sembrano problematiche da cui l'Italia è immune.

Movieplayer.it

3.0/5