Con la recensione di Una femmina, presentato nella sezione Panorama della Berlinale 2022 prima di uscire nelle sale italiane, si torna a parlare di un mondo che negli ultimi anni è diventato parte integrante dell'immaginario collettivo nostrano sullo schermo, grande o piccolo che sia: la Calabria e il suo rapporto con la criminalità organizzata, argomento affrontato al cinema da Jonas Carpignano e in televisione da Stefano Sollima e Roberto Saviano. Un mondo che per l'occasione trae spunto dal libro di Lirio Abbate (che è anche uno dei quattro sceneggiatori della pellicola), specificamente incentrato sulle donne vittime della 'ndrangheta, un gruppo tristemente nutrito a cui è dedicato il film di Francesco Costabile, esordiente che arricchisce il panorama cinematografico italiano in quanto persona dichiaratamente non binaria.
Rosa di nome, spina nel fianco di fatto
Una femmina (che per il mercato internazionale aggiunge il sottotitolo The Code of Silence, sottolineando ulteriormente il contesto in cui è inserito) è la storia di Rosa (Lina Siciliano, alla prima prova cinematografica), cresciuta dalla nonna e dalla famiglia dello zio in un paesino calabrese. La giovane ha perso la madre in tenera età, e ufficialmente si è trattato di un suicidio. Ma con il riaffiorare dei ricordi d'infanzia Rosa comincia a interrogarsi sulla verità dell'accaduto, dati i legami tra la sua famiglia e la criminalità locale. Mentre gli altri parenti tacciono e continuano stoicamente con la vita di tutti i giorni come se niente fosse, lei giunge alla conclusione che sarà necessario opporsi al circolo vizioso di violenza e intimidazione che caratterizza la zona, non solo per il suo bene personale ma per quello di tutte le donne, passate, presenti e future. Anche se questo significa dover affrontare di petto le minacce provenienti da un sistema che non vuole alterazioni dello status quo.
Un esordio ambizioso
Nel corso di un incontro con la stampa tenutosi il giorno della prima berlinese, Francesco Costabile ha espresso la propria felicità per aver potuto realizzare un film che mette in evidenza le qualità della Calabria, dalle location all'uso di maestranze regionali. Ed è evidente la cura che c'è nella fattura tecnica del lungometraggio, che mescola generi, dal dramma famigliare al western passando per l'horror (Costabile è fan dichiarato di David Lynch, e si nota in diverse scene), per rappresentare una realtà complessa e tragica, quasi una risposta a Jonas Carpignano e al suo A Chiara, dove la figura femminile centrale era invece affascinata dal mondo della 'ndrangheta e dal ruolo del padre in quel sistema. Un'innocenza che a suo modo assecondava il modello patriarcale, mentre Rosa è l'esatto opposto, una presenza fastidiosa per chi controlla la zona con la paura, un elemento di disturbo che non esita a mettere in discussione l'arcaica e perversa misoginia che si manifesta sotto forma di metodi estremi nei confronti di chi penserebbe di ribellarsi.
A Chiara, recensione: le colpe del padre e della figlia
È soprattutto una piattaforma di lancio per Lina Siciliano, magnetica e magnifica presenza che dà al film il suo nucleo emotivo, unica costante in un progetto la cui principale pecca è la sua ambizione, con la succitata commistione di generi e la precisione estetica che smorzano la componente umana. Un notevole biglietto da visita che ha il pregio di essere un esordio che non sembra per forza tale, ma che, come un biglietto da visita, è solo un piccolo indizio di potenziali grandi cose da venire. La promessa c'è tutta, ma in questa sede è mantenuta solo in parte, cercando di andare oltre le limitazioni della classica opera prima ma perdendo occasionalmente di vista ciò che si cela dietro la non indifferente scorza visiva e i silenzi che pervadono l'aria. In tal senso, il film è un po' come Rosa: la determinazione è perfettamente presente, ma il percorso non è privo di ostacoli, da superare prima di centrare pienamente il bersaglio.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Una femmina, sottolineando come si tratti di un ambizioso ma discontinuo esordio che racconta la Calabria attraverso una figura centrale forte, magnificamente interpretata da Lina Siciliano.
Perché ci piace
- Le location calabresi sono suggestive e a tratti inquietanti.
- Lina Siciliano è una presenza forte e magnetica.
- La cura visiva è notevole...
Cosa non va
- ... ma in più punti l'ambizione estetica smorza la componente umana ed emotiva.