Recensione With a Warm Heart (2008)

Il regista polacco costruisce una commedia nera per parlare dei temi che gli sono cari da sempre. Un cambiamento apparente per quella che è una pellicola imperfetta e sincera

Una commedia per Zanussi

"Tutti abbiamo la libertà di opporci o di ignorare l'ispirazione divina, così come possiamo ribellarci o rimanere indifferenti alla stessa libertà".
Così Krzysztof Zanussi, grande maestro del cinema polacco ed europeo, enuclea il senso di tutta la sua filmografia, partita da molto lontano e approdata ai lidi di With a Warm Heart, che lo stesso autore ha portato al Festival di Roma.

Una filmografia molto seria, nel senso globale del termine, attenta ai problemi del reale, e alla condizione filosofico-spirituale dell'uomo moderno, che improvvisamente, in With a Warm Heart, che in Italia sarà tradotto come Con il cuore in mano, svolta verso la commedia, il divertissement, lo scherno. Cosa c'è di nuovo sotto il sole?
Apparentemente tutto. Zanussi si libera a prima vista di quella aura di seria ricerca che da sempre l'avvolge, per cercare la risata del pubblico, fin dall'utilizzo dei registri narrativi.Per raccontare la storia di un giovane idealista, illuso dalla vita, lasciato dalla donna, licenziato dal lavoro, e di come si incroci per un gioco del fato con quella di un politico corrotto e lascivo, incline alla cattiveria tanto quanto all'ironia, il regista polacco adotta il genere della più classica delle commedie nere.
E lo fa benissimo, dando vita ad una pellicola che presta il fianco a molte possibili critiche, mantenendo però una propria coerenza visiva ed espressiva che, non penalizzate, anzi forse rilanciate dall'imperfezione con la quale la struttura viene costruita, rendono riuscito l'azzardo di Zanussi.
Se si va a scavare un pò a fondo, però, in With a warm heart si scorgono affinità notevoli con tutto quello per il quale conosciamo il regista polacco. Cambia il registro, per quella che in qualche misura può essere intesa come una scelta morale e formale, non contenutistica.

Il fulcro dell'attenzione è sempre questo ruotare attorno ad un unico baricentro di bene e male, cattiveria e bontà, cinismo ed idealismo. E la cifra con cui racconta una storia del tutto simile a quelle, tante, che ha già narrato a generazioni di cinefili cambia, muta improvvisamente a testimoniare la necessità di un autore non di divertirsi, di divagare. Al contrario la commedia nera è ciò che serve a Zanussi per rendere più appetibile un cinema che parla di valori, che si scaglia contro una visione del mondo nichilista e relativista, che prova a suggerire con garbo una propria verità.
E se questo suggerimento avviene in modo impreciso, sornione, forse un pò didascalico, ci si può appellare all'imprecisione e alla didascalicità di una vicenda che fa anche di questi aspetti la propria cifra comica.

Zanussi riempie il film di esilaranti riferimenti colti: dal gatto che incombe sulle teste dei personaggi, figura mefistofelica ripresa da uno dei maestri della letteratura russa, Michail Bulgakov, al decostruzionismo di Derrida, visto come "la possibilità di danneggiare maggiormente l'umanità" attraverso un'ingente donazione. E tra esagerazioni che sfociano in situazionismi, un lento incedere di una danza boema, e il duettare dei due bravi protagonisti, la pellicola arriva fino alla propria naturale conclusione: una catarsi che porterà alla distruzione di quel taglio nichilista che percorre tutta la storia per una conciliante rappacificazione nel segno della tradizione che più si sposa con il background di Zanussi.
Colta, ironica, imperfetta, riflessiva. Questa la commedia di Zanussi, che sorprenderà e deluderà, sempre nel segno di una profonda e mai pacificata ricerca interiore.