Recensione Sei passi nel giallo - Presagi (2011)

Con il film di Lamberto Bava esordisce la nuova serie Mediaset: una carrellata di thriller che si rifà all'esperienza del cinema italiano degli anni Settanta, nel tentativo di svecchiare l'offerta televisiva generalista.

Un serial killer da incubo

Non c'è niente di più trans-generazionale della paura. Questo devono aver pensato a Mediaset quando hanno deciso di puntare su 6 passi nel giallo, una miniserie composta in effetti da sei film indipendenti l'uno dall'altro, e affidati agli eredi di quella che ha rappresentato una delle pagine più significative della cinematografia italiana: il thriller anni Settanta. Lamberto Bava (e, in un caso, il figlio Roy) e Edoardo Margheriti, memori, se non altro sulla carta, della lezione dei rispettivi padri, sono i registi chiamati a rivitalizzare il microcosmo della televisione italiana, mettendo in scena un diversivo dalle ambizioni internazionali rispetto all'usuale offerta generalista.

Nell'episodio che dà il via alla serie, Sei passi nel giallo - Presagi, Bava ci trasporta nella quotidianità di Annalisa, giovane madre vedova depositaria di una capacità inquietante: quella di fare sogni premonitori. Allarmata da una di queste visioni notturne, la donna si rivolge alla polizia per sventare il rapimento, e forse persino l'omicidio, di una ragazzina: e, se deve fare i conti con la diffidenza di un commissario pragmatico, troverà invece un alleato in Harry Chase, ex profiler dell'FBI trasferitosi a Malta per lasciarsi alle spalle un passato con cui è difficile venire a patti. I due, fiduciosi nelle potenzialità del dono di Annalisa, non faticano a collegare i suoi presagi con un effettivo rapimento, e il prosieguo dell'indagine non farà che aggiungere particolari sempre meno rassicuranti al quadro generale. Il ricercato in questione è infatti un serial killer di ragazzine, e sembra che anche Margherita, la figlia di Annalisa, rischi di rientrare tra le potenziali vittime: di fronte a una minaccia così incombente, anche l'attrazione che sta avvicinando Harry e Annalisa è destinata a passare in secondo piano.

Nonostante le alte ambizioni, il paragone con le blasonate fonti di ispirazione cui gli episodi di 6 passi nel giallo si rifanno non restituisce un'immagine troppo lusinghiera del lavoro di Lamberto Bava. La regia, pur non commettendo vistose leggerezze, e anzi mantenendosi sempre piacevolmente asciutta, fallisce nel trasmettere quel senso di inquietudine che è la condizione necessaria per cui il meccanismo narrativo del giallo possa funzionare. La sceneggiatura non offre grossi colpi di scena e spunti di originalità, ma soprattutto risolve con troppa leggerezza quello che avrebbe potuto essere uno degli snodi fondamentali della vicenda: la gestione dell'elemento soprannaturale. Aldilà di un ovvio tentennamento iniziale, la capacità di Annalisa viene presto accettata come un dato di fatto, senza metterne in discussione i limiti o indagarne la natura. Sebbene sia evidente come l'attenzione degli sceneggiatori sia volta a mettere in risalto la componente investigativa della storia, un maggiore approfondimento di quello che costituisce, in ultima analisi, il suo effettivo motore avrebbe aggiunto spessore a trama e personaggi. Nemmeno la pur graziosa Andrea Osvart è in grado di conferire intensità a una protagonista monocorde e poco interessante, mentre Craig Bierko offre un'interpretazione decisamente più convincente e credibile del suo Harry, già tratteggiato in maniera meno piatta in fase di sceneggiatura.

L'esordio della collana Mediaset non è quindi dei più incoraggianti: non è sufficiente cambiare genere, o guardare al passato glorioso del cinema italiano, per confezionare un prodotto di qualità, perlomeno finché non si porrà la dovuta attenzione allo sviluppo dei personaggi e alla solidità dell'intreccio.

Movieplayer.it

2.0/5