Recensione David Copperfield (2009)

David Copperfield è un prodotto onesto, rispettoso dell'originale e ben calibrato, che affianca ai bravi protagonisti un cast di comprimari decisamente sopra la media.

Un sempre attuale self made man

David Copperfield è un allegro e spensierato ragazzino dell'alta borghesia di metà Ottocento. Nonostante sia orfano di padre, l'affetto non gli manca: la madre Clara e la governante Peggotty sono due presenze quasi angeliche nella sua giovane esistenza, compagne e complici di giochi e letture. Ma questo idillio non è destinato a durare, perché Edward Murdstone, arrivista senza scrupoli, ha messo gli occhi sulla dote della vedova e con i suoi modi melliflui la convince a sposarlo. Comincia così per David un difficile periodo: dapprima vittima delle percosse del patrigno, verrà poi spedito in collegio, dove per sua fortuna sarà preso sotto l'ala protettiva del facoltoso signorino Steerforth, per approdare infine nella forza lavoro del bottiglificio di Murdstone, intenzionato a ricavare quanto più possibile dal ragazzino in seguito alla morte dell'amata madre.
Ma David non è certo tipo da rassegnarsi alla schiavitù, per di più non retribuita: una notte fugge infatti dal bottiglificio e si avventura, grazie all'aiuto dell'istrionico Mr.Micawber, alla volta di Dover, dove abita la prozia Betsy. Copperfield, nonostante la giovanissima età, è dotato del coraggio e dello spirito di iniziativa indispensabili ad un vero self made man, caratteristica d'altronde comune a molti dei protagonisti delle opere di Dickens ma anche allo stesso autore che, dopo una dura parentesi di povertà, riuscì, grazie alla propria determinazione e al proprio talento, a diventare famoso, nonché ricchissimo.

Nel libro, e di conseguenza anche nella fiction, molto di Dickens si rispecchia nel protagonista David: anch'egli infatti riuscirà a realizzare il proprio sogno, nel suo caso quello di diventare avvocato, per poter aiutare i più deboli ed affermare la giustizia al di sopra degli intrighi e dei complotti. Naturalmente il successo professionale non mette al riparo da ogni pericolo, e così i problemi, sotto forma di nuovi e vecchi personaggi viscidi, continueranno ad insidiare David, forte però di nuovi affetti e nuovi amori.
Se i romanzi di Dickens sono tra i classici della letteratura più apprezzati è soprattutto merito dell'universalità dei temi trattati e della vitalità dei personaggi che, ispirati come sono alla vera vita dell'autore, non possono che essere complessi e sfaccettati. Questa trasposizione televisiva, virtualmente erede della serie del 1965 il cui imprevedibile successo non è forse emulabile, si comporta bene nei confronti della blasonata fonte di ispirazione: la narrazione è scorrevole e avvincente, grazie a scene brevi e incisive che ben riflettono il lavoro di una mente che spazia qua e là tra i propri ricordi, e i personaggi sono freschi e ottimamente caratterizzati.
Oltre ai bravi protagonisti, un Giorgio Pasotti dall'aria scanzonata e furbetta e un'intensa e appassionata Maya Sansa, spiccano i comprimari: decisamente sopra gli standard a cui ci ha abituato la televisione italiana la performance degli attori della Repubblica Ceca (da parte del regista, che per cinque settimane ha girato a Praga, una scelta logica ma soprattutto azzeccata), evidentemente ben formati dall'accademia locale di teatro, e da premiare la coraggiosa decisione di Lo Giudice di impiegare per la seconda volta Patrizio Roversi, qui nel ruolo di Micawber, che con la sua dirompente simpatia riesce a tratteggiare un personaggio davvero da favola. Altrettanto convincenti si rivelano i cattivi, che pur con la loro personalità disturbata si affermano come individui a tutto tondo e non soltanto come semplici macchiette.

Ambrogio Lo Giudice ha confezionato un prodotto onesto, rispettoso dell'originale e ben calibrato, in cui la necessaria affermazione sociale del protagonista lascia spazio anche alla descrizione di un amore, quello tra David e Agnes, che pur annebbiato da mille accidenti riuscirà infine a rivelarsi, e i vari filoni narrativi si compongono nell'agognato, quantunque prevedibile, lieto fine. Quella di David Copperfield è una storia che travalica le barriere del tempo in cui è stata scritta e, come ha dimostrato pochi mesi fa il successo di Oliver Twist, il pubblico italiano non disdegna la possibilità di lasciarsi trasportare in un mondo in cui l'impegno e la dedizione ad una causa vengono premiati, a dispetto di tutte le forze ostili. Un tributo alla meritocrazia, che sembra così lontana dalla nostra quotidianità.