Si torna sulle montagne di San Vito di Candore, nel cuore delle Dolomiti bellunesi, per Un passo dal cielo 8. L'ottava stagione della fortunata fiction ideata da Salvatore Basile e targata Lux Vide in collaborazione con Rai Fiction dal 9 gennaio in prima tv su Rai Uno. Alla regia dei sei episodi Alexis Sweet e Laszlo Barbo per un capitolo che pone l'accento - ancor di più rispetto al passato - sul tema ecologico e sui cambiamenti climatici.
Un passo dal cielo 8: video intervista a Giusy Buscemi, Marco Rossetti e Raz Degan
Lo fa anche grazie all'entrata in scena di una new entry, Stephen Anderssen, fondatore del gruppo di ricerca Origin GeoEngineering impegnato a salvare le montagne dallo scioglimento dei ghiacci, interpretato da Raz Degan. E al centro del racconto gli sceneggiatori hanno inserito anche lo scontro tra chi ha deciso di vivere nella natura come Nathan Sartor (Marco Rossetti) e chi, al contrario, lo considera una scelta di vita estrema. Degan, che da anni ha abbracciato uno stile di vita a contatto con l'ambiente, come si spiega questa visione?
"Io vivo a contatto stretto con la natura, però non so magari le persone sono troppo attaccate al mondo moderno", riflette l'attore. "Ma cambierà tutto, sono sicuro che alla fine l'uomo tornerà alla natura che è pace. Senza non c'è vita. Il gadget è surplus, ma non ti dà la conoscenza. Puoi avere tante persone nel tuo gruppo sociale, ma se non sai coltivare la terra non hai nulla".
"È un regalo poter dare attenzione a questo pianeta, poter dare alla natura il suo spazio. Siamo troppo impegnati su noi stessi da dimenticare che viviamo in un posto che si chiama organismo naturale", commenta l'attore. "Ma la natura vincerà sempre e l'universo è indifferente. Se non ti funziona il telefono non vuol dire che Dio non ti ama, vuol dire che magari è il tempo di piantare un albero".
Un cambio di prospettiva
La montagna permette di guardare al mondo da una prospettiva diversa. Sui protagonisti di questa serie che tipo di impatto ha avuto? "Cambia il punto di vista e la montagna ci insegna sempre ad alzare lo sguardo verso l'alto", racconta Giusy Buscemi. "Sembra banale, ma è una cosa bella. Personalmente mi ricorda di vedere una montagna che non è solo imponente, ma è anche fragile. E quindi non è qualcosa di grande, di lontano che ci fa sentire piccoli, ma anche qualcosa da custodire proprio per la sua fragilità attraverso ciò che l'uomo può fare tutti i giorni. Ha avuto la possibilità di distruggere la natura, ma anche la possibilità di prendersene cura e di salvarla".
"Ogni volta che vado in montagna mi ridimensiono", ammette Marco Rossetti. "Nel senso che mi sento estremamente piccolo e quindi mi ridimensiono come essere umano in questo caos in cui viviamo quotidianamente, in cui ci sentiamo così immortali, in cui ci barcameniamo continuamente in tante cose. Lì, invece, ho la possibilità di tornare a respirare in modo più naturale. Tendenzialmente quando arrivo in montagna mi sono sempre un po' perso di vista e quindi quando vado là dico 'grazie' e inizio bellissime passeggiate. Poi con 'Un passo dal cielo' siamo 'costretti', per raggiungere una location ci mettiamo veramente tantissimo. E per me ogni volta è salvifico il contatto con la montagna".
La comunità contro l'individualismo
Nella prima puntata viene detto che "nessuno si salva da solo". Un pensiero attuale specie in un momento storico contraddistinto da un individualismo esasperante, mentre la serie racconta anche di una piccola comunità che si aiuta a vicenda. "Per me l'uomo è relazione. Viviamo grazie alle relazioni tra persone e non all'individuo" sottolinea Giusy Buscemi.
"Quello ci aiuta tutti i giorni ma lo vedo tra fratelli e amici. È importante crescere rispettando anche la diversità e la complementarità dell'altro. Ogni tanto questo ce lo dimentichiamo perché abbiamo i nostri personali obiettivi da raggiungere e ci dimentichiamo di chi ci sta accanto. È bello che ci siano anche temi come questo che ci ricordano che da soli si può arrivare ad un punto, ma lontano si può arrivare sempre insieme".