Tutte le volte che ci siamo innamorati, la recensione: l'amicizia vince sull'amore nella nuova serie Netflix

A San Valentino arriva su Netflix la serie Tutte le volte che ci siamo innamorati, il progetto creato dall'ideatore di Elite che convince maggiormente parlando di amicizia che di amore; ecco la nostra recensione.

Tutte le volte che ci siamo innamorati, la recensione: l'amicizia vince sull'amore nella nuova serie Netflix

Il creatore di Elite torna a lavorare per Netflix con la nuova serie Tutte le volte che ci siamo innamorati, un progetto dallo spirito romantico che proverà a sfruttare il clima di San Valentino per attirare l'attenzione degli spettatori.
Il progetto, che unisce al tradizionale racconto di una coppia che deve affrontare numerosi ostacoli a un'ambientazione affascinante come quella del mondo del cinema, possedeva sulla carta un ottimo potenziale che, come proveremo a spiegare nella nostra recensione, non è stato sfruttato nel migliore dei modi.

La trama di Tutte le volte che ci siamo innamorati

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Tutte le volte che ci siamo innamorati: Georgina Amoros in una foto della serie

Al centro della trama di Tutte le volte che ci siamo innamorati c'è Irene (Georgina Amorós): una giovane cresciuta in una cittadina di provincia che si trasferisce per studiare cinema a Madrid con il sogno di diventare regista. In città stringe subito amicizia con i suoi compagni di corso e coinquilini Da (Carlos González) e Jimena (Blanca Martinez).
Durante la première del nuovo film di un famoso regista, Romano, Irene e Da incontrano Julio (Franco Masini), un giovane dalla vita complicata che conquista subito l'attenzione della giovane protagonista nonostante sia fidanzata con Fer (Alberto Salazar). L'esistenza della potenziale coppia viene però segnata da un attentato terroristico in cui rimangono coinvolti, riuscendo per fortuna a sopravvivere, ma che diventa solo il primo degli eventi che lasceranno un segno indelebile nella vita dei personaggi principali.

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Una storia d'amore con tanti, troppi, ostacoli

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Tutte le volte che ci siamo innamorati: i protagonisti in una foto della serie

La serie spagnola creata per Netflix si muove su due piani narrativi: la tradizionale storia d'amore ostacolata da vari elementi e la rappresentazione del dietro le quinte del mondo del cinema. I due elementi si intrecciano, almeno inizialmente, piuttosto bene, ma si allontanano progressivamente dalla realtà diventando sempre di più delle rappresentazioni all'insegna dei cliché e degli stereotipi.
L'aspetto più convincente della prima stagione, considerando che il proseguimento della storia sembra quasi scontato dopo il cliffhanger con cui si interrompe la storia, è infatti il rapporto tra i giovani studenti di cinema, il modo in cui si sviluppano le amicizie e i loro tentativi di realizzare un cortometraggio, progetto che dalla loro prospettiva diventa una potenziale porta d'accesso a produzioni e situazioni più prestigiose.
Le interazioni tra Irene, Da e Jimena sono ricche di ironia, semplicità e quella buona dose di ottimismo e speranza che contraddistingue i ventenni che provano a inseguire i propri sogni, anche quelli troppo grandi per loro. I momenti trascorsi in aula, gli attimi divertenti sul set dove tutti muovono i primi passi, e la dinamica che li porta ad aiutarsi e sostenere a vicenda infondono a Tutte le volte che ci siamo innamorati calore e simpatia.

Una struttura poco convincente

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Tutte le volte che ci siamo innamorati: Irene e Da in una foto della serie

I continui salti temporali per mostrare le varie fasi della storia d'amore tra Irene e Julio portano però a mostrarli alle prese con il lavoro ormai adulti, quando la loro visione su ciò che li circonda è diventata più realista e meno sognatrice. Gli autori non riescono a trovare la stessa chiave di lettura brillante e accurata, ritraendo due personaggi disillusi e segnati dalle loro esperienze precedenti senza le giuste sfumature, proponendo un contrasto fin troppo netto e poco motivato. Dalla presenza del regista che contribuisce a lanciare la carriera di Julio, che incarna il classico stereotipo del bello incompreso che lotta e soffre pur di dimostrare il proprio talento, alle difficoltà affrontate da Irene nell'ottenere incarichi degni delle sue capacità sul set, Tutte le volte che ci siamo innamorati si muove su binari prevedibili e poco incisivi. Franco Mașini prova a dare spessore ai demoni interiori del suo personaggio e ai dilemmi che lo tormentano spingendolo verso l'autodistruzione, ma il materiale a sua disposizione è piuttosto fragile. Accanto a lui Georgina Amorós possiede la giusta dose di freschezza per tratteggiare il ritratto di una giovane che vive delle esperienze distanti dalla realtà in cui è cresciuta, entrando in un mondo che spesso la fa dubitare delle proprie capacità e mina le sue speranze. I due interpreti sostengono il più possibile la struttura narrativa, non sempre riuscendoci.

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Una serie che ritrae con efficacia l'amicizia, meno l'amore

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Tutte le volte che ci siamo innamorati: la protagonista Georgina Amoros

La storia d'amore, elemento che dovrebbe risultare centrale e incisivo, non riesce a convincere dall'inizio alla fine della stagione, lasciando il dubbio che il materiale ideato per il progetto sarebbe risultato più incisivo come film rispetto ai tempi dilatati di una serie tv. Il triangolo sentimentale tra Irene, Julio e Fer appare giustificato nei tasselli della storia relativi a quando i personaggi hanno venti anni e iniziano a capire cosa vogliono nella propria vita. L'attrazione fisica esistente tra Irene e Julio, la loro impulsività e l'incapacità di mantenere a lungo i propositi razionali, sembrano però via via meno giustificati e diventa difficile comprenderne le motivazioni nel "presente", quando dovrebbero essere (nonostante fisicamente non ci sia una trasformazione significativa), più vicini ai 40 anni che all'adolescenza.
Il continuo avvicinarsi e allontarsi dei due protagonisti diventa così ripetitivo e piuttosto ingiustificato, tra crisi nei momenti peggiori e incomprensioni taciute troppo a lungo. I salti temporali, che dovrebbero dare ritmo alla storia, rendono inoltre difficile approfondire realmente la situazione psicologica in cui si trovano i due giovani nei vari anni che vengono mostrati sugli schermi, diminuendo l'impatto emotivo degli eventi e delle situazioni, spesso molto drammatiche.
La serie spagnola di Netflix è tuttavia in grado di coinvolgere e mantenere l'attenzione del pubblico grazie alla rappresentazione dell'amicizia, vera costante nella storia. Se il proprio partner sentimentale non diventa mai una presenza che offre sostegno e comprensione incondizionato, lo stesso non si può dire degli amici che organizzano piani di salvataggio, perdonano, spronano e aiutano riuscendo anche a superare incomprensioni e liti, senza giudicare e dimostrando tutta la propria apertura mentale ed empatia. Le scene tra amici sono quelle che rendono la serie particolarmente piacevole e coinvolgente, dando ritmo, cuore e leggerezza al racconto.
Rimangono invece in secondo piano, nonostante abbiano una certa importanza nello svolgersi della storia, i genitori dei ragazzi che appaiono quasi in contrasto passando dal calore e dalla preoccupazione di quelli di Irene all'incapacità di comprendere realmente il proprio figlio, distratti da altre situazioni, come accade nella famiglia di Julio. Tra alti e bassi, lo show sfrutta comunque il più possibile l'esperienza del team artistico e tecnico che confeziona una stagione in cui le scelte musicali, la fotografia (anche nei momenti in notturna tra party e scene in esterna) e il montaggio sono di buon livello.

Conclusioni

Tutte le volte che ci siamo innamorati, come esposto anche nella nostra recensione, soffre più del previsto l'opportunità di raccontare una storia d'amore senza particolari limiti temporali. Le dinamiche tra i due protagonisti diventano progressivamente sempre meno convincenti, andando purtroppo di pari passo con il realismo della rappresentazione del mondo del cinema.
A dare forza alla narrazione e alla serie è però il modo in cui viene dipinta sullo schermo l'importanza dell'amicizia e i legami che si vengono a formare al di fuori della propria famiglia. La presenza di Da e Jimena infonde gioia ed emozioni ai dilemmi sentimentali fin troppo prevedibili e tradizionali che contraddistinguono la storia di Irene. Con un finale che getta chiaramente le basi per una seconda stagione, non resta che sperare in una continuazione più onesta e meno stereotipata dei rapporti e delle emozioni, più in linea con la maturità che dovrebbe essere stata raggiunta dai protagonisti in alcune fasi del racconto.

Movieplayer.it
2.5/5

Perché ci piace

  • L'ambientazione nel mondo del cinema era un elemento affascinante, nonostante sia stato usato in modo poco convincente.
  • La rappresentazione dell'amicizia è realistica e a tratti emozionante.
  • I dialoghi, in più momenti, sono brillanti e divertenti.
  • Il cast riesce a dare spessore ai propri personaggi.

Cosa non va

  • La storia scivola rapidamente in stereotipi e cliché.
  • Il triangolo che si forma tra Irene, Julio e Fer non è costruito in modo convincente.
  • I salti temporali non sono gestiti nel migliore dei modi.
  • La narrazione sembra soffrire più del dovuto per lo spazio a propria disposizione.