Torino Film Festival, Togliatti(Grad) e il miracolo economico del patto Italia-Russia

Presentato il documentario di Gian Piero Palombini e Federico Schiavi che ripercorre la costruzione della città-fabbrica, nata dalla collaborazione tra Fiat e Unione Sovietica; "Il nostro racconto epico è un omaggio alle eccellenze italiane", hanno dichiarato i due registi.

Torino, città della Fiat, e il Torino Film Festival hanno fatto da palcoscenico alla presentazione del documentario di Gian Piero Palombini e Federico Schiavi, Togliatti(Grad), presentato nella sezione Festa Mobile. interessante lavoro che racconta la costruzione, alla fine degli anni '60, di una gigantesca città-fabbrica dove l'intera Unione Sovietica avrebbe dato il via alla nascita dell'era della motorizzazione di massa. Nella località chiamata così in onore del leader del Partico Comunista Italiano, Palmiro Togliatti, la grande madre Russia cercava di interpretare il capitalismo alla propria maniera, costruendo delle automobili, in particolare la Fiat 124, ribattezzata Zhiguli, che ne dimostrassero la forza.

Un'operazione economica congiunta, quella siglata da Fiat e Unione Sovietica, che in quegli anni di Guerra Fredda aveva il gusto di una sfida improba. Costruire in soli 36 mesi nella Steppa una fabbrica da seicentomila automobili all'anno era quasi un progetto folle, che tuttavia si è concretizzato grazie alla collaborazione fra operai del luogo e manovalanza inviata in Russia dall'Italia.

Il capitale umano

Il fattore umano sembra l'elemento più a cuore dei due registi. E' proprio per il rapporto instauratosi tra i rappresentanti di due universi quasi agli antipodi che il miracolo di Togliattigrad si è realizzato, originando uno dei fenomeni economici più interessanti degli anni '60 e la nascita di un confronto sociale sempre vivo e stimolante, come rappresentavano le numerose relazioni sentimentali nate in quel frangente. Se gli italiani erano stupiti di vivere fianco a fianco con gente di buon cuore, espansiva come i meridionali, dice un operaio, i russi erano felici di poter interagire con persone che avevano rispetto per socialismo e comunismo. "Quello è stato un periodo storico irripetibile - ha spiegato Palombini -, a rivedere certe immagini oggi possono sembrare anacronistiche, ma la cultura industriale c'era e produceva non solo automobili, ma oggetti della cultura contemporanea. Nelle macchine si proiettava l'immaginario del progresso. Il nostro è il racconto di un luogo, compiuto attraverso persone che lo hanno vissuto. Togliattigrad era una fabbrica gigante, un sistema sociale, una città con un'età media di 24 anni, popolata dai migliori giovani in circolazione".

Togliatti(Grad): una scena del documentario
Togliatti(Grad): una scena del documentario

Italia e URSS

Nell'autunno caldo del '69, quando Torino era invasa dalle manifestazioni degli operai della Fiat che protestavano contro il licenziamenti (e la lira era stata svalutata già cinque volte in un anno), inviati sovietici restavano incantati da Canzonissima e dal Festival di Sanremo, dove il Molleggiato Adriano Celentano interpretava divertito Chi non lavora, non fa l'amore. Di lì a poco sarebbe cambiato tutto, ma la forza del patto siglato tra Italia e URSS sarebbe comunque rimasto nella memoria di tutti. "I sovietici impostarono una città fabbrica e quale esempio potevano seguire se non Torino? - ha detto Schiavi -. La FIAT riuscì nell'impresa che non riuscì alla Ford e alla Renault, spaventati dalla difficoltà del progetto, che consideravano irrealizzabile. L'organizzazione sociale di Torino rassicurava i sovietici, tanto da spedire a Togliattigrad le eccellenze di tutte le Repubbliche Sovietiche".

L'epica di Togliatti(Grad)

Togliattigrad
Togliattigrad

Per Paola Malanga di Rai Cinema, Togliatti(Grad) rappresenta un prodotto originale e necessario. "Si racconta un pezzo di storia del nostro Paese, qualcosa di cui non si deve perdere la memoria. Ma non si tratta solo di questo. Togliatti(Grad) è un documentario epico e dalla forma interessante. E' una sfida cinematografica vera e propria. Noi veniamo da 25 anni di finzione tanto "finta" e tanto "brutta", con una rielaborazione che si è allontanata dal reale, ecco questo è il cinema del reale che vogliamo vedere più possibile".
"Alla prima stesura del montaggio eravamo spaventati - ha aggiunto Schiavi -, nei nostri precedenti lavori abbiamo dimostrato di essere molto orientati verso l'autorialità, convinti che il documentario avesse una semplicità e un'essenzialità calvinista. In questo caso, pur trovandosi davanti ad un prodotto diverso dagli altri, Rai Cinema lo ha capito nel profondo e ne siamo stati felici".