Uno dei più grandi best-seller della letteratura recente, Il profumo di Patrick Süskind, arriva finalmente al cinema grazie al genio visivo di Tom Tykwer, regista dell'acclamato Lola corre. La tragica storia del profumiere Grenouille, assassino per arrivare alla conquista dell'odore degli esseri umani, diventa oggi un film, tra i più costosi mai realizzati nella storia del cinema tedesco. Dopo aver sbancato il box-office in Germania, dove ha incassato, nel solo primo week end di programmazione, dieci milioni di euro per un milione di spettatori, Profumo - Storia di un assassino arriva in Italia distribuito da Medusa in oltre 350 copie. Il regista tedesco Tom Tykwer, assente da quattro anni dal grande schermo, ci racconta della sua emozione nel portare al cinema una delle storie più originali pubblicate negli ultimi anni.
Quali sono state le difficoltà nel portare sullo schermo uno dei romanzi tedeschi più popolari?
Tom Tykwer: La sfida principale era quella di restituire la stessa intensità della scrittura, far sì che un linguaggio narrativo così particolare, come quello usato da Süskind per descrivere la Francia del diciottesimo secolo e il mondo degli odori, potesse essere trasformato in linguaggio cinematografico. Per noi era molto importante non limitarci ad un semplice adattamento del romanzo, ma provare a trasformarlo, con un linguaggio nostro. Sin dall'inizio l'idea era quella di non realizzare un film fantastico, artificiale sul mondo super-astratto degli odori, ma di seguire una direzione più realistica, descrivere tutto il processo dell'olfatto, senza fare ricorso agli effetti speciali. Quello che ci interessava era capire il personaggio, la sua esperienza esistenziale.
Come si è rapportato ad un personaggio così criptico come Jean-Baptiste Grenouille, assassino senza odore col quale è estremamente difficile identificarsi?
Il vero motivo per cui ho fatto il film è proprio il protagonista del libro. Grenouille è un personaggio che è andato oltre le proporzioni e i confini della sua stessa percezione di sé, di quello che crede di essere. Per piacere agli altri si mette addosso qualcosa per essere quello che in realtà non è. La tragedia è tutta qui ed è quella che in fondo, prima o poi, proviamo anche tutti noi, quando, per esempio, indossiamo una giacca particolare o scegliamo una nuova pettinatura. Tutti ci sentiamo carenti, imperfetti, cerchiamo di coprirci o di aggiungere qualcosa a noi stessi per apparire migliori. Questo elemento mette in mostra un lato della personalità che ci scuote e ci disturba. L'importante per me era capire il personaggio, quello che lo spinge, che lo trascina. Una volta letto il suo desiderio di superare la solitudine ho cercato di trovare la via migliore per esprimere i suoi sentimenti. Quello che ci affascina è che riusciamo a capire di lui molti più livelli di quanto in realtà vorremmo: la tristezza, l'innocenza, le lotte interiori. Grenouille è un incapace a livello sociale e questo è il motivo per cui sente un grande vuoto dentro di sé. Non volevo rappresentarlo come un individuo incapace di provare emozioni. Quello che è importante è che lui non sa come ci si presenti e come si affrontino le difficoltà della vita quotidiana. Non è che un uomo medio comune che si esprime in maniera eccentrica. Il suo genio gli permette di creare i profumi più inebrianti, ma gli è totalmente inutile nel confronto con gli altri.
Süskind ha rifiutato per anni di vendere i diritti del suo libro, poi ha ceduto. Come siete riusciti a convincerlo?
Credo che abbia solo cambiato idea sulla vendita dei diritti dopo quindici anni di resistenza e non mi ha mai spiegato la ragione di questa decisione. Ho incontrato Süskind una sola volta, è stato un incontro amichevole, ma molto formale, al termine del quale ci siamo augurati buona fortuna a vicenda. Ho avuto l'impressione che non volesse essere coinvolto in alcun modo nella lavorazione del film, anche perché ha già passato cinque anni per scrivere il libro e non penso avesse voglia di partecipare alla stesura della sceneggiatura.
Profumo è uno dei film più costosi della storia del cinema tedesco, con un budget di 50 milioni di euro, ed è stato prodotto da un nome celebre come Bernd Eichinger, che in passato ha portato sullo schermo altri libri famosi come Il nome della rosa, La casa degli spiriti e, recentemente, Le particelle elementari. Come è stato lavorare con lui?
La nostra è stata un'amicizia creativa e non sono dovuto scendere ad alcun compromesso per la realizzazione del film. Ho avuto io l'ultima parola sul final cut e ho fatto il film proprio nel modo in cui volevo. Quando lavori a un film di questa portata la cosa importante è avere una visione il più possibile condivisa con i produttori. Così è stato con Bernd, che ha condiviso da subito la mia visione della storia e mi ha permesso di realizzare esattamente il film che avevo in mente e che speravo venisse fuori.
Nel film sembra essere messo in parentesi un dato fondamentale del libro, e cioè che il protagonista non emana alcun odore. Perché questa scelta?
In realtà anche nel film questo aspetto ha un ruolo fondamentale e rappresenta la svolta più importante della storia, il momento drammatico culminante, lo shock più grande della vita del protagonista, ed è anche il momento più intenso nella recitazione di Ben Whishaw di tutto il film. La differenza è che nel romanzo il lettore sa fin dall'inizio che il protagonista non ha odore, mentre volevo che lo spettatore rimanesse vicino al protagonista quanto più possibile, per non sentirsi superiore e a lui, accompagnandolo quindi nella sua sofferenza e nel suo percorso.
Il suo è un film sugli odori, ma molto importante è anche la parte visiva, curatissima, quasi pittorica. Come ha cercato di dosare gli elementi perché lo stile non prendesse il sopravvento sulla storia che stava raccontando?
La sfida maggiore era mantenere un equilibrio reale tra le difficoltà della recitazione e tutto il resto. Volevamo rappresentare un mondo credibile, immergere gli attori in un mondo che non c'è più in maniera realistica. Penso che i film storici siano un po' troppo artificiali. Un attore deve fare suo il costume, viverlo, ed è quindi molto importante calarsi totalmente nel personaggio e noi abbiamo cercato di lavorare molto su questo, sui comportamenti, per esempio, delle classi nobili del periodo per capire come far muovere gli attori. Volevamo che lo stile visivo del film ricordasse il movimento rococò, ma non potevamo farlo in maniera lampante, perché dovevamo rappresentare un mondo sporco, lurido, abitato da gente povera, tutti elementi che non rientrano propriamente nello stile rococò. Siamo stati influenzati dai pittori barocchi, in particolare da Rembrandt.
Lei può essere considerato il responsabile principale della rinascita del cinema tedesco, grazie al grande successo internazionale di Lola corre. Cos'è cambiato in questi anni?
La sensazione è che ci sia stato un certo sviluppo negli ultimi dieci anni nel cinema tedesco. La nuova generazione ha avuto bisogno di tempo per creare un proprio linguaggio e la vecchia generazione si è isolata. Penso a grandi registi come Wim Wenders o Werner Herzog. Per quelli della mia generazione c'è stato bisogno di un po' di tempo per capire che strada imboccare, e la direzione intrapresa è stata quella di descrivere la realtà del tempo moderno, ma penso che anche un film come Profumo, con temi come l'isteria collettiva e la manipolazione delle masse, possa avere una certa connessione col presente.