Recensione Il buongiorno del mattino (2010)

Il regista di Notting Hill e la sceneggiatrice del Diavolo veste Prada realizzano il film che ti aspetti, dotato del classico armamentario da pellicola sentimentale edificante, con un pizzico di commedia sofisticata; quello che salva l'opera sono i battibecchi tra Diane Keaton e Harrison Ford, trascurati colpevolmente da uno script costruito invece attorno ad una protagonista monodimensionale a cui la canadese Rachel McAdams regala un assortimento da record di smorfie e mossette.

Se il buongiorno si vede dal mattino, allora Becky Fuller non è proprio la persona più fortunata del mondo. Produttrice esecutiva di un programma di informazione mattutino in una piccola emittente televisiva del New Jersey, ambisce ad una promozione che non arriva mai. Quando la realizzazione del sogno le sembra a portata di mano, arriva il licenziamento in tronco. Abituata a gestire le situazioni più complicate, compresa una vita sentimentale pressocché inesistente, Becky non perde un grammo del suo entusiasmo e grazie alle buone referenze e ad uno spirito indomito da vera workaholic riesce ad approdare all'IBS.

La sua missione è quasi impossibile: riportare agli antichi fasti Daybreak, un talk show con gli ascolti in caduta libera, condotto da una ex reginetta di bellezza e da un anchorman feticista. Per dare la scossa, la giovane producer decide di ingaggiare il reporter di razza Mike Pomeroy, sfruttando un cavillo del suo contratto milionario. Cronista alla Walter Kronkite, Pomeroy mal sopporta quel declassamento, considerato una macchia sulla sua immacolata carriera. Solo la grinta di quella ragazza riuscirà a ridargli l'entusiasmo di un tempo e a risollevare le sorti della trasmissione. E anche Becky mette a segno un bel colpo, trovando un arguto e muscoloso principe azzurro.

Today Show

Rachel McAdams in una scena della commedia Morning Glory
Rachel McAdams in una scena della commedia Morning Glory

Il regista di Notting Hill, Roger Michell e la sceneggiatrice di Il diavolo veste Prada, Aline Brosh McKenna, realizzano il film che ti aspetti. Dalla prima all'ultima inquadratura de Il buongiorno del mattino si ritrova tutto il classico armamentario da pellicola sentimentale edificante, con un pizzico di commedia sofisticata. L'autore sceglie la via più facile per raccontare il dietro le quinte di quei carrozzoni kitsch che animano i palinsesti mattutini (e non solo) dei network televisivi a stelle e strisce, lasciando che quell'universo folle, in cui il saluto finale di una puntata diventa un duello all'ultimo sangue tra le due "primedonne", si mostri da sé, senza alcuno spunto critico, seppur bonario. E dire che questa sorta di Unomattina dall'inconfondibile spirito americano, qualche spunto in più l'avrebbe dato eccome; dalle previsioni del tempo che diventano siparietti involontari, agli assurdi dibattiti sulla reincarnazione e sulle bottiglie vuote dello shampoo, passando per la cucina alla Julia Child, aperta ad ogni sacrilega incursione nella gastronomia italiana.

Motori al minimo

Diane Keaton in forma per la commedia Morning Glory
Diane Keaton in forma per la commedia Morning Glory

La regia si limita al minimo indispensabile e in più di una occasione scade nella banalità, regalandoci delle sequenze costruite solo per esaltare la fresca bellezza della protagonista, Rachel McAdams. Non mancano le battute fulminanti, frutto della buona alchimia tra i due mostri sacri Harrison Ford e Diane Keaton, i conduttori ai ferri corti, dalla lingua lunghissima; sono i loro battibecchi a rappresentare la marcia in più di uno script costruito invece attorno ad un personaggio principale monodimensionale e dall'eloquio torrenziale a cui la canadese McAdams regala un assortimento da record di smorfie e mossette. Sono passati ventitre anni da quando all'ombra dello skyline di Manhattan Harrison Ford "spogliava" voluttuosamente Melanie Griffith, in quell'inno alla realizzazione femminile che è stato Una donna in carriera di Mike Nichols (guarda caso compagno di vita di Diane Sawyer, stella di Good Morning America). Oggi, il nostro Han Solo si accontenta di essere una stropicciata figura paterna per una giovane che sogna sì il successo, ma non al punto da rinunciare a tutto. Insomma, una ventottenne con tanto cervello per gli affari e un corpo poco predisposto al peccato. Gli ingredienti di questo piatto sono squilibrati e finiscono per perdere quel po' di gusto in un'escalation totalmente prevedibile, con un finale buonista e consolatorio che non accontenta nessuno. La frittata è fatta. Chiedete la ricetta a Harrison Ford.

Movieplayer.it

2.0/5