Il maestro di origine greca Theo Angelopoulos presenta in anteprima alla Berlinale la sua ultima complessa opera, La polvere del tempo, girata in gran parte a Berlino con una breve puntata negli studi di Cinecittà. Con lui sono presenti all'incontro con la stampa alcuni degli attori che hanno partecipato al film: Willem Dafoe, Irène Jacob, il grande Bruno Ganz e Christiane Paul. Dramma a cavallo delle epoche e dei luoghi, La polvere del tempo ripropone i tempi principali del cinema del maestro di Atene, l'amore, la memoria, la morte, la dimensione ciclica del tempo e la costante riflessione sul senso dell'arte.
Maestro Angelopoulos, lei stesso ha dichiarato che girare i film è paragonabile a scrivere un romanzo. Che tipo di linguaggio ha usato per La polvere del tempo?
Theo Angelopoulos: Quando un autore scrive una sceneggiatura il linguaggio usato è unico. Quando il film viene girato le lingue si moltiplicano e diventano moltissime, quindi io non ho usato un unico linguaggio, ma una summa di diverse forme comunicative.
Willem Dafoe, il suo personaggio è un regista in crisi creativa impegnato a realizzare un film dedicato alla storia d'amore tra i suoi genitori. Come si è approcciato al ruolo? Quali emozioni e stati d'animo voleva comunicare con la sua interpretazione?
Willem Dafoe: Quando mi avvicino a un film non ragiono sempre in termini di emozione o di personaggi, ma guardo all'opera in senso globale. In questo caso non avevo la volontà di veicolare una particolare emozione, ma volevo essenzialmente aiutare a narrare una storia. Credo che sia il pubblico che percepisce soggettivamente le emozioni che i personaggi gli trasmettono.
Bruno Ganz, dopo aver visto La polvere del tempo viene spontaneo notare le assonanze con il suo ruolo in Il cielo sopra Berlino. Quali sono secondo lei gli aspetti comuni ai due film?
Bruno Ganz: In realtà i due film sono completamente diversi l'uno dall'altro. Non penso che abbiano niente in comune visto che la poetica di Wim Wenders è completamente diversa da quella di Theo Angelopoulos.
Le dinamiche familiari e gli intrecci presenti nel film sono alquanto complessi. Riguardo alla storia d'amore ambientata nel presente, vi sono possibilità che essa riprenda o quello tra i due personaggi è un addio definitivo?Theo Angelopoulos: La relazione tra Willem Dafoe e Christiane Paul è complessa. Loro si sono amati molto in passato e si amano ancora, ma non possono esistere insieme. La cosa migliore per loro due è rimanere separati, anche se fa molto male. Nonostante tutto alla fine del film sono costretti a dirsi addio.
L'inizio del film è ambientato a Cinecittà. Come si è trovato a lavorare in Italia?
Theo Angelopoulos: Ho lavorato in Italia come se fossi stato a casa mia. Non è la prima volta che vi lavoro. Per me Cinecittà è un posto importantissimo, pregno di significato. E' la patria del cinema, così ho scelto di fare un omaggio esplicito a Cinecittà e a Federico Fellini, uno degli autori che più stimo.
Il protagonista del film è un regista. Il film riflette una tendenza all'autobiografismo?
Theo Angelopoulos: Effettivamente il protagonista del film è un regista in crisi che cerca di realizzare un film sulla storia della propria famiglia. Questo regista non ha ancora girato il film, lui va a Cinecittà per iniziare a lavorare alla storia e tutto ciò che viene mostrato sul passato dei suoi genitori in realtà si svolge solo nella sua immaginazione. Le persone pensano di aver visto film ambientati in epoche diverse, ma in realtà il passato e il futuro non esistono, ma si relativizzano in un eterno presente, come dice Heidegger.
Irène Jacob, come è stata la sua esperienza sul set de La polvere del tempo?
Irène Jacob: Mi è piaciuto moltissimo realizzare questo film soprattutto perché mi entusiasmava la possibilità di viaggiare nel tempo interpretando donne di età diverse. Sono stata molto felice di interpretare anche una donna ottantenne. Nel film non vi è un approccio realistico alla dimensione temporale, visto che la pellicola salta continuamente dal presente al passato e dal passato al presente senza limiti, il tutto al fine di narrare una storia il cui focus è la relazione tra una donna e i due uomini da lei amati in vita.
Maestro Angelopoulos, come è nata la decisione di ingaggiare Willem Dafoe?Theo Angelopoulos: Ho incontrato Dafoe a un festival. Ci siamo guardati senza scambiarci una parola. Mi sono accorto subito che era molto timido. Quando la sceneggiatura di La polvere del tempo è stata ultimata ho deciso di chiamarlo e ci siamo intesi a meraviglia fin dal principio senza bisogno di parole inutili. La scelta di un attore è sempre molto difficile. Irene è stata scelta perché il suo viso e il suo aspetto mi ricordavano in qualche modo le donne greche, inoltre l'ho amata molto nei film girati con Krzysztof Kieslowski. Ogni attore porta con sé un bagaglio personale di esperienze e il regista deve valutare di volta in volta quelle necessarie al film che sta per girare.
Il film è caratterizzato da uno stile visivo estremamente particolare, che in alcune scene sembra riproporre citazioni cinematografiche di altri autori. Questa scelta è stata voluta in virtù del fatto che il protagonista è un regista?
Theo Angelopoulos: Non consciamente. Il mio passato di cinefilo alla Cinematheque francese mi ha influenzato profondamente come spettatore e ho amato molto una serie di autori e pellicole precedenti alla Seconda Guerra Mondiale. Orson Welles, Dreyer, Murnau. Forse a livello inconscio continuo a risentire dell'influenza dei maestri con i quali mi sono formato.