The Warrior - The Iron Claw, la recensione: l'artiglio del patriarcato secondo il film con Zac Efron

La recensione di The Warrior - The Iron Claw: Sean Durkin rivede la storia vera della famiglia Von Erich. Non tutto funziona, ma resta impressa la riflessione sull'ossessione tossica degli USA per il successo (e per la sconfitta).

The Warrior - The Iron Claw, la recensione: l'artiglio del patriarcato secondo il film con Zac Efron

Veloce premessa: mai come in questo caso, dobbiamo necessariamente separare l'opinione sul film rispetto alla storia vera da cui è tratto. Il motivo è molto semplice: la vicenda della Von Erich family, raccontata da Sean Durkin in The Warrior - The Iron Claw (un discutibile doppio titolo per la versione italiana), meriterebbe un più ampio approfondimento, essendo una sorta di archetipo famigliare basato sulla discendenza sportiva: discendenza dettata dal fuorviante bisogno di dimostrare un certo status quo. Una dimostrazione di forza e di fisicità. Una dimostrazione di pensiero indotto da una Fede accecante che crede nei dollari e nella polvere da sparo (come anticipa il montaggio iniziale...).

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The Warrior - The Iron Claw: Zac Efron e Sean Durkin sul set del film

Essenzialmente, quello di Durkin (che torna al cinema dopo il dimenticabile The Nest - L'inganno), è materiale perfetto per essere declinato in forma cinematografica: un'epopea americana che si fa letteratura, portando al centro delle scene corpi muscolosi e anime fragili, stritolati da una maledizione secolare. Qui c'è il riflesso migliore di The Warrior - The Iron Claw: dietro il pretesto sportivo (e il wrestling è lo sport più teatrale di tutti), il film riflette sul senso di appartenenza rispetto ad un nucleo patriarcale, nel quale la maledizione stessa non è altro che il frutto umano di un'ossessione che li condurrà alla distruzione.

The Warrior - The Iron Claw, la trama: chiedi chi erano i Von Erich

L'ossessione, in questo caso, è quella di Fritz Von Erich (Holt McCallany). Una carriera interrotta nel football e la conseguente discesa nel mondo del wrestling. Una discesa che lo porta a capo della World Class Championship Wrestling, dove militano due dei suoi quattro figli, ovvero Kevin (Zac Efron, irriconoscibile), campione NWA, e David Von Erich (Harris Dickinson). Siamo nel 1979, in Texas. Un anno di cambiamenti, anche sportivi. Da lì a poco, si sarebbero tenute le Olimpiadi di Mosca, ma il presidente Carter, in segno di protesta contro l'invasione sovietica in Afghanistan (corsi e ricorsi, da una parte all'altra della cortina), decise di ritirare la squadra olimpica. Questo, toglie la possibilità a Kerry (Jeremy Allen White) di partecipare come atleta alle Olimpiadi, facendolo tornare a casa.

The Iron Claw
The Iron Claw: Zac Efron in una foto del film

Va da sé, che anche Kerry inizia ad allenarsi sul ring, spinto da papà Fritz che, come un arcaico spartano, non vuol sentire nulla che non riguardi il wrestling. Niente infatuazioni artistiche, men che meno la musica. I Von Erich sono una famiglia di lottatori. Allora Dave (Stanley Simons), il quarto fratello (il quinto è morto da bambino), deve uscire di nascosto per andare alle feste dove può suonare liberamente la chitarra. Tuttavia, sopra i Von Erich, alleggia una maledizione ereditata dal cognome della nonna paterna. O almeno di questo è convito Kevin, sposatosi con Pam (Lily James), quando dovrà affrontare un destino terribilmente oscuro.

Perché nessuno è come Jeremy Allen White

Thank God, I'm a country boy!

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The Iron Claw: Jeremy Allen White in una scena

Ora, studiando un po' la vera storia dei Von Erich, ci rendiamo conto di quanto la sceneggiatura di Sean Durkin, prodotta da A24, abbiamo onestamente cambiato diversi aspetti della vicenda originale. Lecito, se funzionale al mezzo cinematografico. Il problema principale, però, è che The Warrior - The Iron Claw sembra soffrire di una specie di scollamento tra la drammatica epicità della storia (in fondo si parla di una dinastia regale nel mondo del wrestling) con una regia non sempre all'altezza, e non sempre ispirata nelle giuste corde (per restare in tema) - nonostante la fotografia di Mátyás Erdély o la colonna sonora di Richard Reed Parry, che si aggiunge ad una soundtrack mica male (da John Denver a Eddie Money). La sensazione, che arriva fin da subito, sembra ridurre sostanzialmente i personaggi di un film teoricamente maestoso ma praticamente riduttivo. Nonostante questo, è lucida l'analisi generale che si divincola intelligentemente dal concetto di wrestling (uno show più che uno sport), e anzi rivede il significato di intrattenimento e di successo negli Stati Uniti degli Anni Ottanta (arrivato fino ad oggi).

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The Warrior - The Iron Claw: la famiglia Von Erich sul ring

In The Warrior - The Iron Claw c'è il sogno americano al suo massimo, l'espressione machista di una società che brama il culto dell'uomo restio a qualsiasi debolezza o qualsiasi emotività (generando mostri), artigliando (per citare l'iron claw, una tipica mossa di wrestling) una famiglia demolita da uno sguardo tossico. Da qui, il riflesso di una maledizione legata agli obblighi (morali e pratici) di Fritz, padrone incapace di essere padre, e incastrato da quella stessa maledizione da lui stesso plasmata.

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The Warrior - The Iron Claw: Harris Dickinson in una scena del film

Su questo non c'è dubbio, The Warrior - The Iron Claw centra al meglio parte del discorso filmico portato avanti, e conseguentemente rimpallato tra i quattro fratelli (su tutti il David del bravo Harris Dickinson), dando loro, per quanto possibile, il giusto spazio scenico (anche perché ci sono due pesi massimi com Jeremy Allen White e Zac Efron). Cosa resta, alla fine? Dietro la sfortuna e dietro la maledizione, sale però un bagliore di emozionante (e liberatoria) speranza. Una speranza che nulla ha a che fare con i titoli o con le vittorie, bensì fedele all'amore salvifico, riscoperto da un ragazzo di campagna finalmente tornato a casa. Proprio come cantava John Denver: "I thank God I'm a country boy, well a simple kinda life never did me no harm!".

Conclusioni

La storia vera della famiglia Von Erich in un film fisico e dolente, in cui si riflette sul valore del successo, della sconfitta e della sfortuna. Il tutto influenzato drammaticamente dalla mascolinità tossica di un padre padrone, unico responsabile - secondo la visione di Sean Durkin - di una vicenda oscura, tracciata dal wrestling e dalla auto-distruzione. Buon cast, su tutti Harris Dickinson e Jeremy Allen White.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.6/5

Perché ci piace

  • La storia vera.
  • I tratti drammatici e la riflessione sulla tossicità del patriarcato.
  • Il cast, su tutti Harris Dickinson e Jeremy Allen White.

Cosa non va

  • Manca una regia coinvolgente.
  • Il film soffre di una certa discontinuità data dal montaggio.
  • (Il doppiaggio italiano).