The Walking Dead 9x16, la recensione del finale: l'inverno è arrivato

La recensione di The Walking Dead 9x16: senza grandi colpi di scena, The Storm preferisce approfondire gli stati d'animo inquieti dei personaggi più amati dello show.

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The Walking Dead: Khary Payton in una scena dell'episodio La Tempesta

Paradossi post-apocalittici: la quiete è stata più violenta della tempesta. Mentre scriviamo la recensione di The Walking Dead 9x16, ci stiamo ancora leccando le ferite dopo il devastante epilogo della settimana passata. E lo facciamo prendendo atto che la brutalità dello scorso episodio (intitolato The Calm Before) ci ha dimostrato che la serie AMC è ancora in grado di far male, ferire, scuotere. Questo The Storm, nonostante il titolo prometta scintille, è un finale di stagione inaspettato e coraggioso. Senza cedere al fascino grossolano della scontata controffensiva scagliata verso Alpha e la sua mandria di Sussurratori, The Walking Dead si guarda dentro, seppellisce per un attimo l'ascia di guerra e preferisce soffermarsi sugli stati d'animo inquieti dei suoi personaggi-simbolo.

La tempesta del titolo non è solo la bufera di neve che si scaglia sui nostri sopravvissuti sempre più alla deriva, ma è soprattutto quel moto interiore che smuove le coscienze di Carol, Daryl e Negan, a nostro parere i tre punti nodali di questo soddisfacente arrivederci alla decima stagione. Dopo aver sentito l'eco de Il Trono di Spade con quelle teste esposte in modo macabro, The Walking Dead segue ancora le orme dalla serie-rivale (in quanto a fenomeni di massa restano le serie simbolo nei nostri anni Dieci) attraverso un'ambientazione inedita e un'atmosfera evocativa e riflessiva. La neve cade sulle solite foreste, il gelo assedia i personaggi, spesse coltri di ghiaccio nascondono inedite insidie. Per quanto possa sembrare semplice e banale, è incredibile come questo repentino cambiamento climatico abbia fatto bene a The Walking Dead.

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The Walking Dead: Norman Reedus e Danai Gurira in una scena dell'episodio La Tempesta

L'inserimento di un elemento inedito come la neve ha fornito allo show l'occasione per una maggior cura nella messa in scena (regia, fotografia, dinamiche dei combattimenti con gli zombi). Grazie all'ingente fioccata, che tutto ferma e tutti gela, diventa ancora più evidente quanto la neve sia capace di essere democratica, mettendo tutti sullo stesso piano. E allora ci tornano in mente le parole di Rick, con quel suo celebre e iconico: "Noi siamo i morti che camminano". Con l'unica differenza che gli umani hanno ancora una meta, una direzione, uno scopo. Attraverso la pazienza della neve, The Storm si sofferma su questo. Su quello che ancora smuove questa serie tv e i personaggi che ne formano il cuore.

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L'addio alle favole: Carol tra Ezekiel e Daryl

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The Walking Dead: Melissa McBride, Cassady McClincy in una scena dell'episodio La Tempesta

Assieme ai venti freddi, su questo finale di stagione soffia un alito di nostalgia. Il Regno è messo in ginocchio, Ezekiel non dimentica l'eroismo dei suoi amici e guida la sua gente verso un inevitabile esodo verso Hilltop. Lungo la via, il gruppo nota qualche zombie camminare con i loro stesso incedere. Un lampante richiamo a uno dei momenti più belli di The Walking Dead, ovvero la celebre sequenza in cui Shane intravide uno zombie ben vestito guardando fuori dal finestrino di un'auto (episodio 2x10, citato anche nella vecchia sigla). Con l'arrivo dei Sussurratori, i parallelismi tra umani ed erranti sono ancora più marcati, e in tal senso la scena in cui Lydia, in preda a un moto di senso di colpa per quanto avvenuto al Regno, decide di diventare un tutt'uno con l'epidemia. A salvarla sarà quella Carol eletta unica, grande protagonista di questo finale e soprattutto uno dei personaggi con l'arco drammatico più interessante e complesso dello show. Una donna chiusa, fragile, impaurita, costretta a portare i capelli corti per non essere facile preda di un marito violento, si è trasformata stagione dopo stagione in una persona forte, talmente forte da essere in combutta con il suo stesso cinismo.

Dopo aver perso una figlia e ucciso una bambina, Carol si è rinchiusa in se stessa, ha capito i suoi errori e acquistato nuove consapevolezze, per poi investire ancora una volta affetto negli altri. Il Regno, Ezekiel ed Henry sono stati la fiaba a cui Carol ha voluto credere con tutte le sue forze. Senza mai voler essere chiamata "regina", il bellissimo personaggio di una sempre più intensa Melissa McBride si è aggrappato a quell'utopia con cautela, credendo che qualcosa di bello fosse di nuovo possibile. Distrutta dalla morte di Henry e dalla caduta del Regno, Carol capisce di non poter essere la donna idealista che Ezekiel cerca, comprende di potersi specchiare davvero nell'unica persona in grado di capire il suo profondo bisogno di solitudine: Daryl. L'affinità tra i due, infatti, va molto al di là della semplice relazione amorosa, ma affonda le sue radici nella complicità tra anime in pena. Daryl e Carol sono due sopravvissuti che hanno scelto di vivere senza più investire sentimenti, senza più seminare aspettative. E in questo senso sono anime gemelle, oltre che il volto migliore di una serie alla disperata ricerca di personaggi di cui ci interessa davvero scoprire il destino.

Il disgelo di Negan

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The Walking Dead: Jeffrey Dean Morgan in una scena dell'episodio La Tempesta

C'è stato un preciso momento nel corso di The Storm in cui siamo stati attraversati da un pensiero. O meglio, da una fantasia. È successo quando Negan si è staccato dal gruppo di Alexandria per lanciarsi alla ricerca della piccola Judith. Abbiamo pensato che The Walking Dead potrebbe benissimo abbandonare tanti personaggi pensati come fardelli (Rosita, padre Gabriel, Aaron e tutti i nuovi arrivati) e soffermarsi su un'avventura on the road tutte dedicata a Negan e alla figlia di Rick Grimes. Sì, perché il loro rapporto (sulla scia di quello tra l'ex leader dei Salvatori e Carl) è la chiave per mostrarci un Negan diverso, meno sadico e più in sintonia con quelle briciole di umanità e di raziocinio rimaste dentro di lui. Il dialogo finale con Michonne fa presagire che, come accade nel fumetto, dinanzi a un nemico comune, si possono dimenticare vecchi attriti e svelare i lati inediti di un personaggio la cui dimensione morale è un meraviglioso enigma. La speranza è quella di rimettere Negan al centro di questa storia corale che deve imparare a gestire meglio proprio la coralità, rimettendo al centro i suoi personaggi davvero dotati di un vissuto e di una psicologia in grado di accaparrarsi il nostro interesse. Dopo l'addio (?) di Rick, è ormai chiaro che il cerchio si restringa a Michonne, Daryl, Negan e Carol. Con Alpha e Beta nella parte di villain carismatici. A questo punto, sembra che la nona stagione sia stato un necessario periodo di transizione, un tempo necessario per rimettere tutto in (dis)ordine sulla nuova scacchiera. Una stagione in cui imparare dai propri errori, togliersi di dosso vecchie ruggini e tornare a correre invece di zoppicare ancora come banali erranti.

Conclusioni

Dopo questa recensione di The Walking Dead 9x16, possiamo finalmente tirare le somme su una nona stagione ancora non perfetta, ma sicuramente capace di lanciare rassicuranti segnali di risveglio. Nonostante l'addio di Rick, lo show ha saputo rinnovarsi, cambiare pelle e trovare nei Sussurratori degli antagonisti malsani, crudeli e affascinanti. Il finale di stagione, poi, ci ha fatto capire che bastava qualche cambiamento d'atmosfera per smuovere la serie dall'apatia in cui stava soffocando. Però, se siamo felici di promuovere questo arrivederci alla decima stagione, lo dobbiamo soprattutto alla scelta di soffermarsi sulla dimensione psicologica e introspettiva di personaggi carismatici come Carol e Daryl. Nella speranza di vedere più Negan l'anno prossimo.

Movieplayer.it
3.5/5

Perché ci piace

  • La scelta di una nuova atmosfera più evocativa e tenebrosa.
  • Aver approfondito il legame tra personaggi affiatati come Carol e Daryl.
  • I Sussurratori promettono bene...

Cosa non va

  • ...ma nella decima stagione ci vorrebbe più spazio per Negan.
  • La gestione del cast corale resta un problema da risolvere.