Dopo quasi due anni di attesa, la famiglia Hargreeves è di nuovo su Netflix, come potete leggere in questa recensione di The Umbrella Academy 3: terzo giro per l'adattamento del fumetto edito da Dark Horse, per la prima volta senza apparente fonte letteraria (apparente, perché la premessa di questa stagione è tratta dal quarto volume, ancora inedito, intitolato Sparrow Academy). Un ritorno atteso che mantiene tutte le promesse associate alla serie ma continua anche a evolversi, trovando nuovi modi per sconvolgere le vite dei sette fratelli e trasformarle in modo interessante, con l'esempio lampante rappresentato dal passaggio da Vanya a Viktor, coerentemente con i cambiamenti nella vita privata del suo interprete Elliot Page (come già aveva fatto la seconda stagione con la sua storyline di amore queer). E mentre altre serie si sono adattate alla pandemia cambiando parzialmente impostazione, qui il cambiamento (impercettibile) è perfettamente in line con dove avevamo lasciato i personaggi un paio d'anni fa. N.B. La recensione, senza spoiler, si basa sulla visione in anteprima della stagione completa.
Ombrelli contro passeri
La seconda stagione di The Umbrella Academy finiva con una seconda apocalisse scongiurata, e i fratelli Hargreeves di nuovo a casa. Solo che la casa non è più esattamente la stessa: Sir Reginald (Colm Feore) è ancora vivo, e invece del gruppo che conosciamo ha addestrato una squadra nota come Sparrow Academy, il cui unico membro che i nostri riconoscono è un redivivo Ben. Ebbene sì, è un presente alternativo, una linea temporale dove Reginald non ha mai adottato Luther, Diego e compagnia bella. Anzi, una linea temporale dove, in teoria, loro non esistono proprio. E mentre Five cerca di capire come riaggiustare il continuum spazio-temporale, dall'agenzia per cui lui lavorava arrivano nuove brutte notizie: il paradosso creato dalla loro esistenza in un mondo dove non dovrebbero mai essere nati sta portando all'annichilimento dell'universo, di nuovo. E se da un lato ciò che si erano lasciati dietro negli anni Sessanta è anch'esso rimasto vittima dei rimaneggiamenti temporali, dall'altro alcuni elementi superstiti rischiano di creare ulteriori danni...
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Da un'apocalisse all'altra
Al terzo giro, la serie dimostra di avere una maggiore consapevolezza della struttura formulaica del genere supereroistico, evitando ogni tentativo di occultare le peripezie a ripetizione che possono caratterizzare queste storie: al netto dell'espansione del cast, ogni annata comporta un viaggio nel tempo e un evento cataclismico da scongiurare, pena la distruzione totale della realtà. Un meccanismo volutamente prevedibile, perché al suo interno lo showrunner inserisce quei piccoli momenti imprevedibili che rimescolano le carte anche quando l'esito è in minima parte scontato. La serie stessa riconosce apertamente questo schema, facendo dire ai stessi personaggi come dovrebbero agire per poi scherzarci sopra con la sua classica irriverenza, quasi come uno Scream della fantascienza a base di viaggi nel tempo. E come nella seconda stagione è mantenuto l'equilibrio fra dramma serio e action autoironico, principalmente per quanto riguarda l'apparato musicale che in questa sede regala veri e propri numeri danzanti da applauso, già nei primissimi minuti di una terza annata che ribadisce la solidità del lavoro di scrittura e messa in scena.
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E da quel punto di vista la scelta di puntare sulla Sparrow Academy è stata decisamente vincente: in sostanza uno specchio nel quale i membri dell'Umbrella vedono tutte le disfunzioni come famiglia e come gruppo di eroi, un escamotage per consentire alla serie di riflettere sulla propria natura per dieci episodi, senza però mai perdere d'occhio l'obiettivo principale di divertire con gusto e intelligenza, proponendoci protagonisti sempre uguali ma comunque diversi (con Vanya/Viktor come avatar per eccellenza della natura mutevole di uno show che rimane fedele a sé stesso). Fino ad arrivare, come gli altri anni, a una conclusione che annuncia altri sviluppi interessanti, con un nuovo status quo che in realtà, in fin dei conti, sarà sempre coerente con la filosofia di base del programma: questi sette bislacchi eroi sono una famiglia, e proprio per quel motivo non dovrebbero cercare di salvare il mondo insieme.
Conclusioni
Chiudendo la recensione di The Umbrella Academy 3, ribadiamo come la terza stagione continui lungo un percorso solido, accattivante e irriverente, riuscendo ancora a sorprendere all'interno di un meccanismo volutamente a ripetizione.
Perché ci piace
- I nuovi ingressi nel cast sono notevoli.
- Justin H. Min è strepitoso nei panni del nuovo Ben "cattivo".
- Le scene d'azione e musicali rimangono una cifra stilistica spettacolare.
Cosa non va
- A qualcuno può dare fastidio la ripetitività di certe situazioni.