Dopo una produzione travagliatissima per motivi esterni e un'attesa di tre anni, su Netflix è tornato l'adattamento di The Sandman, il fumetto più bello di Neil Gaiman e uno dei più belli della Storia moderna. Lo ha fatto con un formato che alla fine prevederà una divisione in due parti più una bonus (dedicata a Morte, come nel caso della prima stagione), tutte in uscita a luglio. La prima tornata prevede il rilascio di 6 episodi e copre (con tutti i tagli del caso) più o meno quattro volumi, da La stagione delle nebbie a Brevi vite.

Questa formula, che il colosso dello streaming ha già testato con alterne fortune, sebbene presenti diverse criticità per l'adattamento di un materiale così vasto, dovrebbe fare contenti comunque i fan di una serie che, in seguito alle accuse mosse allo scrittore inglese, ha seriamente rischiato di non avere una sua conclusione. O di averne una più affrettata come succederà per Good Omens. Anche perché non è tutto da buttare, anzi, gli autori, nonostante tutto, sono riusciti a raggiungere un'insperata coerenza tra due parti costruite su premesse praticamente opposte.
The Sandman e gli altri Eterni

Ritroviamo un Sogno (Tom Sturridge) alle prese con la ricostruzione del suo Regno per tanto tempo rimandata a seguito del suo esilio forzato e della lunga ricerca che lo ha infine condotto a recuperare i suoi vessilli regali (custodi del suo potere) e a occuparsi degli incubi fuggiti approfittando della sua assenza. Una situazione di serenità, per quanto il nostro possa essere sereno, che però ha vita breve.
A rompere questo momento ci pensa Destino (Adrian Lester), il più antico tra tutti gli Eterni, il quale, dopo aver ricevuto un'apocalittica profezia da parte delle Eumenidi, decide di convocare la famiglia al gran completo. Evento necessario per avviare una serie di avvenimenti il cui accadimento è definito, semplicemente, inevitabile. Avvenimenti che riguardano, ovviamente, Sogno e il primo dei quali lo condurrà di nuovo all'inferno e poi alla ricerca di Distruzione (Barry Sloane), il fratello scomparso da tempo.

Un cammino estremamente tortuoso all'interno del quale l'Eterno si ritroverà a dover fare i conti con i suoi fratelli Delirio (Esme Creed-Miles) e Desiderio (Mason Alexander Park), oltre agli amori passati e alla progenie dimenticata e, soprattutto, con l'altra faccia delle regole e i doveri dietro i quali si è da sempre trincerato. Può Sogno mettersi in discussione, scardinare l'ordinamento alla base delle regolazioni tra gli universi e pagarne il prezzo?
Due parti coerenti nonostante tutto

Facendo un (tristissimo) gioco di parole, potremmo definire l'adattamento stesso di The Sandman un sogno proibito, data le difficoltà per certi versi insormontabili di traslare lo spirito di un'opera che pur rimanendo all'interno dei canoni del pop, ha il suo cuore e deve le sue fortune ad una dimensione metafisica. Il fumetto di Gaiman gira infatti intorno all'idea di creare una fascinosa commistione in cui l'umano e l'oltre umano si guardano a vicenda, secondo una prospettiva laica sul concetto di divinità.
Nella prima stagione la serie prova a replicare questo spirito, dando vita ad un racconto suggestivo dal punto di vista di una costruzione estetica che trova una grande continuità anche nella seconda parte (anche se l'uso della CGI risulta a tratti veramente eccessivo) e spinto dalla via più logica possibile per quanto riguarda la traduzione narrativa. Il risultato fu tutto sommato buono e, paradossalmente, più per questo ultimo aspetto, nonostante fosse il più complesso.

A giocare un ruolo fondamentale è stata probabilmente la centralità che ha avuto Neil Gaiman, che dopo una gavetta di adattamenti crossmediali di sue opere (Stardust, Coraline, American Gods e via dicendo), ha acquisito una certa abilità nel trovare dei percorsi funzionali a creare qualcosa di opportuno a un fruizione diversa da quella letteraria. A ruota segue un cast azzeccatissimo (una nota lieta, confermata da questa nuova tornata di episodi durante la quale vengono introdotti tanti altri personaggi) guidato da un Tom Sturridge completamente al servizio di un personaggio piuttosto incostante. Ecco, la missione di questa nuova parte era soprattutto non dissipare questi due fattori.
Un problema più che altro di scrittura per The Sandman 2

Ciò non è stato però possibile perché il ridimensionamento (per usare un eufemismo) del ruolo di Neil Gaiman è andato invece in primis ad azzoppare proprio ciò che funzionava meglio nella prima parte di The Sandman. Con buona pace del lavoro fatto da David S. Goyer e Allan Heinberg, che, seppur dedito al materiale originale, rimane comunque quello di qualcuno di esterno e dunque più attento ad altre cose, come le necessità produttive. La prima parte di questa seconda stagione conferma la bontà dell'immaginario creato, ma non riesce a nascondere la grossa scrematura del materiale originale e, soprattutto, di quanto si sia andati di fretta nel farla.
Se era infatti più che preventivabile che il ritorno di The Sandman, vista la formula abbreviata, avrebbe cercato un sentiero principale comprensibile a cui legare solamente le storie necessarie, era lecito sperare che la struttura tra trama orizzontale e quelle verticali scelta fosse adatta per l'approfondimento che personaggi e vicende avrebbero richiesto. Invece non solo non lo è, ma dimostra anche un certo fiato corto causato dall'incapacità di organizzare temporalmente gli eventi in modo efficace. Forse la seconda parte non avrà questo difetto visto il minor quantitativo di materiale da adattare, ma lo scopriremo dal 24 luglio.
Conclusioni
La prima parte della seconda stagione dell’adattamento di The Sandman targato Netflix riesce, nonostante delle premesse disastrose dovute ad una produzione che definire difficile è un eufemismo, a trovare una coerenza con ciò che si è fatto in precedenza. Lo fa soprattutto grazie ad un’ideazione visiva che ancora funziona e alla capacità di servirsi di un universo straordinario sia per vicende che per personaggi. Il problema più grande è in una scrittura che abbandona la commistione alla base dell’opera originale e una struttura narrativa che non solo tradisce una scrematura forzata, ma anche una non sempre efficace capacità di dare respiro al percorso scelto.
Perché ci piace
- Visivamente rimane coerente ed efficace.
- L’universo di Gaiman è reso in modo accattivante e fascinoso.
- Il cast fornisce una grande prova.
Cosa non va
- La struttura narrativa non è sempre adatta al potenziale della storia.
- Si notano dei tagli forzati nel risultato finale.