The Portable Door, la recensione: un film fantasy anacronistico ma affascinante

La recensione di The Portable Door: una sceneggiatura prolissa, un buon cast e un tono fantasy suggerito da un'atmosfera retrò. Jeffrey Walker dirige l'adattamento del primo libro della saga "magica" scritta da Tom Holt. Su Sky e NOW.

The Portable Door, la recensione: un film fantasy anacronistico ma affascinante

The Portable Door di Jeffrey Walker è un film strano. Strano, nel vero senso della parola. Per certi versi inconcludente nelle sue mire fantasy, è comunque pervaso da un certo fascino, dosato e aggraziato per acchiappare quel pubblico alla ricerca di immaginazione, di sogno, di magia. Sì, una magia di "potteriana" memoria che, naturalmente, influisce sui riflessi del film, a sua volta tratto da una saga di romanzi firmati da Tom Holt. Il primo, che dà il titolo alla pellicola, è uscito nel 2003, e poi seguito da altri quattro capitoli che, pur essendo legati tra essi, hanno comunque vita propria. La stessa vita propria del film adattato da Walker, su sceneggiatura di Leon Ford, pensato per essere cinema d'altri tempi ma, intanto, distribuito direct-to-tv su Sky Cinema e in streaming solo su NOW e disponibile on demand.

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The Portable Door: una scena del film

Per questo, The Portable Door, oltre che strano, è un film a metà: metà teatro, metà cinema; metà family movie, metà spaccato sociale che, in modo arguto e originale, riflette la nostra epoca lavorativa. E poi, a rispecchiare la scenografia, un filo di disordine prolisso, enfatizzato da un cast divertente e divertito (c'è Sam Neill!) che, qua e là, mette le pezze ad una sceneggiatura strapiena di spunti e suggestioni, pur non essendo tutte all'altezza dell'adattamento generale. Nonostante ciò, lo ripetiamo: fin dall'incipt, che condivide la ricerca di un lavoro da parte del protagonista (e quindi c'è una forte riconoscibilità), questa "porta portatile" porta con sé qualcosa di accattivante e misterioso, capace di portarci in una dimensione cinematografica che credevamo appartenesse al passato.

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The Portable Door: la trama del film

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The Portable Door: una scena del film

L'abbiamo detto, il protagonista di The Portable Door è debitore alle sfumature narrative di J.K. Rowling e, ipotizziamo, il lungometraggio di cui è protagonista potrebbe avere l'aspirazione di essere il primo di una nuova saga, senza voler essere geograficamente localizzato (ma il tutto è pervaso da un tono british). Se così non fosse, il film di Walker, girato in Australia (!), può tranquillamente considerarsi una sorta di semi-riuscito one-shot, se non altro per il suo stralunato modo di mettere in scena le avventure del timido stagista Paul Carpenter (Patrick Gibson), in coda per un colloquio, venendo attirato da un cagnolino che, con un pretesto, lo trascina in un vicolo oscuro, finendo in un mondo bizzarro.

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The Portable Door: una scena del film

Qui, viene assunto dalla J.W. Wells & Co. che, scoprirà, è una corporate segreta che si occupa di magia, alterando le coincidenze con cui si imbattono le persone. A capo dell'azienda ci sono Humphrey Wells (Christoph Waltz), amministratore delegato dell'azienda, e il manager Dennis Tanner (Sam Neill). Proprio Wells, alle prese con un oscuro passaggio epocale tra magia tradizionale e strategie aziendali moderne, incarica Paul di ritrovare, nei meandri della struttura (che appare infinita), una porta magica con poteri sovrannaturali. Ad affiancare Paul, la stagista Sophie (Sophie Wilde) che, nemmeno a dirlo, sarà interesse amoroso del ragazzo.

Un fantasy senza troppo fantasy...

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The Portable Door: una scena del film

Se non è nemmeno esageratamente nascosta la forte presa di posizione nei confronti della burocrazia, nonché nei confronti di un lavoro che prevede l'equazione "casa + lavoro + affitto" (la somma? Forse un capitalismo smodato e asfissiante), potremmo dire che in The Portable Door accade tutto per far sì che non accada nulla. Che vuol dire? Che l'approccio fantasy sembra il filo logico percorso tanto dalla regia quanto dalla scrittura, ristretto però in una storia che non cerca l'effetto bensì la parola e la battuta, affidando l'estro generale ad un cast che, volutamente, non si prende sul serio (troviamo pure Miranda Otto!), finendo per farci credere a qualcosa di cinematograficamente incredibile.

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The Portable Door: una scena del film

Appunto, The Portable Door, amalgamato in un'estetica dai toni scuri (un po' troppo), e chiuso in un set che non ha spiragli, sembra provenire da un'altra epoca, quando i film fantasy, sopperendo ad una scarsa avanguardia tecnologica, cercavano di raccontare invece che far vedere. Ecco, Jeffrey Walker, se non fosse per dei discutibili goblin, per qualche draghetto, o tramite degli arruffati effetti visivi, non si prodiga troppo nello spettacolarizzare la storia, lasciando che siano le incessanti parole (e una porta magica, che ad un certo punto sembra quasi un orpello) a creare il doveroso senso magico di un film talmente inconsueto e talmente anacronistico che, a modo suo, e senza che ce ne accorgessimo, diventa un palese e nemmeno poi tanto proibito piacere alternativo.

Conclusioni

Concludiamo la recensione di The Portable Door così come l'abbiamo iniziata: il film è un oggetto strano, a metà tra il fantasy e il divertito, con un buon cast e con un senso magico sottinteso. Sì, perché se la sceneggiatura è fin troppo prolissa, il tono generale sembra rifarsi ad un cinema di altri tempi, anacronistico ma affascinante.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Il cast, in parte.
  • Il tono, sospeso e teatrale...
  • Il fantasy c'è, ma sembra arrivare da un'altra epoca...

Cosa non va

  • ... questo potrebbe far perdere presto interesse.
  • La sceneggiatura un po' troppo prolissa.
  • Gli effetti visivi, discutibili.