Diane Kruger e Martin Freeman star del Festival di Berlino 2019 con The Operative, spy story firmata dal regista israeliano Yuval Adler. L'intrigante pellicola, tratta dal romanzo di Yiftach Reicher Atir The English Teacher, è uno degli eventi speciali del Fuori Concorso della Berlinale. Focus del film è la storia di una spia del Mossad, interpretata da un'intensa Diane Kruger, seguita nella sua routine quotidiana. Martin Freeman interpreta il suo supervisore, di stanza a Leipzig, che segue le mosse della donna, trapiantata per motivi di lavoro a Teheran e la sua difficoltà nel tenere il privato separato dal ruolo che ricopre nell'organizzazione.
The Operative attinge a piene mani da film come La conversazione e altri spy movie classici, ma immergendo il tutto in un contesto contemporaneo. E' proprio questa la sfida del film, come spiega il regista Yuval Adler: "Il libro esplora la vita di una spia dal punto di vista personale, mostra come vive, la sua peculiarità è il fatto che racconti tutto dal punto di vista della spia. Per il film ho fatto una scelta diversa, ho sdoppiato la prospettiva puntando tutto sulla relazione tra spia e supervisore". In The Operative Diane Kruger mette alla prova il proprio talento nel ruolo della misteriosa Rachel, dal passato controverso. "Yuval mi ha inviato lo script tre anni fa" ricorda l'attrice "poi ci siamo incontrati a New York e mi ha spiegato le caratteristiche che il personaggio doveva avere. E' un personaggio femminile forte, intelligente e mi ha subito attratto".
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Agenti segreti umani troppo umani
Il carisma di Diane Kruger è ingrediente integrante di The Operative, che indaga a fondo sull'animo di una agente in difficoltà a gestire i propri sentimenti visto il distacco che il lavoro richiede. Per la Kruger il cuore del film sta proprio qui: "Non è Jason Bourne o James Bond, è la realtà della vita di una spia,il cui lavoro consiste principalmente nell'osservare. Vivi in un paese per anni, ti innamori di una persona, alla fine siamo tutti umani, le cose si complicano, era interessante cercare la verità in questa situazione. A un certo punto Rachel vuole abbandonare il mondo in cui è entrata per essere accettata da qualcuno. Ha ricevuto una sorta di chiamata ed è diventata uno strumento nelle mani del governo israeliano".
Visto il modo in cui viene dipinto il Mossad, un'organizzazione che sfrutta le spie ignorandone l'aspetto umano, c'è chi si interroga sull'accoglienza che The Operative riceverà da parte del governo israeliano, ma Yuval Adler non sembra preoccupato: "Non credo che il governo abbia motivi per prendersela col mio film, tutte le organizzazioni di questo tipo funzionano nello stesso modo, la differenza sta tra spie e non spie. A me interessava analizzare lo spirito dello spionaggio concentrandomi sul privato degli agenti". Il regista giustifica anche la scelta di mostrare due agenti del Mossad entrambi stranieri: "In realtà sono molti gli stranieri che lavorano nel Mossad, esistono tanti agenti non israeliani. Abbiamo cucito addosso a Martin Freeman la figura di un inglese ebreo che lavora in Germania. La cosa divertente di Israele è che se parli con un accento pensano che tu sia idiota, molte persone non capiscono l'ebreo, quasi tutti parlano inglese".
Martin Freeman, l'action star sedentaria
Tocca a Martin Freeman intervenire. L'attore, a teatro a Londra fino alla fine del mese con le repliche de Il calapranzi di Pinter, appare infastidito dai flash dei fotografi, ma commenta soddisfatto la propria presenza nel film: "Ad attrarmi è stata la storia. Di solito la sceneggiatura è la prima cosa che guardo, la seconda è il personaggio. Mi è piaciuto il passo dello script, la sceneggiatura pregava per essere girata. La storia è vicina alla vita delle spie molto più di tutto il resto che ho letto. Ho visto Bethlehem, il primo film di Yuval Adler, che ho trovato molto bello, lo script era intelligente e poi dovevo stare molto tempo seduto". La presenza sempre più frequente di Martin Freeman in action movies rischia di trasformare l'attore in una action star? Lui non ne sembra troppo convinto: "Io sono più il tipo che sta seduto in un caffè e spia gli altri. Ho accettato il ruolo di Thomas perché non è un uomo d'azione, sta tutto il tempo seduto a discutere con gli altri. Anche la scena finale, che richiede il mio intervento, l'abbiamo girata come se a trovarsi in una situazione di pericolo fosse una persona qualsiasi. Ma vi ringrazio per aver pensato che potessi aver bisogno di prepararmi fisicamente a questo ruolo".
A quanto emerge da The Operative e dal suo approccio realista, la vera qualità che una spia deve possedere non è la prestanza fisica, ma l'intelligenza. Diane Kruger ne è consapevole e ammette che non sarebbe mai potuta diventare una spia: "Su 5000 domande per entrare nelle associazioni governative come il Mossad, ne scelgono una. Un po' come fare l'attore, anche se il nostro è un mestiere molto meno intelligente. Io non potrei mai essere una spia, occorre osservare e ricordare tutto, fingere false identità per anni, prevedere e manovrare le reazioni degli altri, sono persone incredibilmente intelligenti. Non credo di essere portata".