Il verso dei gabbiani. La sirena di un faro che scandisce il tempo che passa. Un bianco e nero contrastato in un formato quasi quadrato. Spiazza fin dalle prime immagini The Lighthouse, opera seconda del geniale regista horror Robert Eggers salito alla ribalta grazie al suo folgorante esordio, The Witch. Ne riconosciamo subito lo stile, la cura dei dettagli e la creazione di un'atmosfera perturbante, ancora una volta l'inglese parlato è un inglese antico, stavolta il linguaggio è marinaresco. Con solo due personaggi in scena, The Lighthouse sembra più piccolo e intimo, ma in realtà è anche più estremo e complesso: la discesa nella follia, il simbolismo visivo, il finale enigmatico e caotico lo rendono un'opera difficile da decifrare. Ecco perché si rende necessaria una spiegazione del finale del film ben sapendo che, come approfondiremo subito, forse gran parte del fascino del film sta proprio nella sua ambiguità. Sta a noi, come al personaggio interpretato da Robert Pattinson, decidere di salire alla cima del faro e raggiungere la luce col rischio di rimanerne abbagliati.
L'isola dei misteri
È necessaria una premessa prima di addentrarci nel dettaglio nella nostra analisi. Affrontare un film di genere horror significa addentrarci in un mondo dove la realtà delle cose è contaminata dal fantastico. Il cinema dell'orrore è un cinema basato per lo più sull'atmosfera, sull'esperienza sensoriale della visione, più che sulla pura e semplice narrazione. Certo, la scrittura è un fattore importante (e nel caso di The Lighthouse molto deriva, addirittura fin troppo, da una reinterpretazione di un mito), ma non essenziale. Quello che conta di più è lasciarsi ammaliare, come fosse il canto di una sirena, da ciò che sta intorno ai personaggi: il faro con la sua misteriosa luce, il vento, la pioggia, le assi di legno che scricchiolano per arrivare a sentire come fossimo lì la puzza di pesce marcio, la salsedine, gli aliti pesanti e - perché no? - pure i peti rumorosi. In questo il sonoro e il visivo del film sono incredibili (e per questo la visione in lingua originale è quasi d'obbligo) ed imprescindibili per la riuscita del film. Persino il tempo, nonostante sia costantemente scandito (il ticchettio degli orologi, la sirena che rimbomba come un campanile), diventa incomprensibile e liquido. L'isola remota del New England, quel luogo misterioso dove i due Thomas dovranno passare quattro settimane come guardiani, è un'isola magica e misteriosa, immersa nell'oscurità, rende folli gli uomini e nasconde dei segreti. Non tutti questi segreti verranno svelati (la sirena esiste davvero o sono solo visioni?), ma ciò fa parte del gioco di Eggers: vogliamo anche noi conoscere il mistero del faro, abbiamo anche noi bisogno di una luce che ci guidi in un oceano in tempesta di nome follia.
The Lighthouse, la recensione: la follia e la paura dell'ignoto per Robert Eggers
Nulla è come sembra
Ephraim Wilson (Robert Pattinson), il giovane guardiano, che in realtà è Thomas Howard. Il vecchio Thomas Wake (Willem Dafoe) che pare non sia un vero marinaio. Un comune gabbiano che in realtà è lo spirito del defunto guardiano precedente. Un guardiano che in realtà è una serva, un guardiano che sembra saggio ma in realtà è già folle. In The Lighthouse la verità è sempre duplice come doppia è la natura delle cose: quella che appartiene alla realtà tangibile e fisica e quella del mondo dei miti, delle leggende. Fuori dal tempo (non si capisce bene quanti giorni trascorrono davvero) e dallo spazio (la tempesta perenne non permette di scappare dall'isola), esclusi dal mondo esterno, i due Thomas iniziano a confondersi e a perdersi nei piaceri dell'alcol fino a sacrificare la loro razionalità. Eppure è proprio mentre sono ubriachi che le maschere crollano e si confidano a vicenda mostrando la loro vera natura folle e violenta. E anche in questo caso il film ci porta a una duplice interpretazione: si tratta di un delirio dovuto alla scarsità di cibo, alla solitudine, all'odio represso urlato grazie all'alcol o davvero, quando Thomas Howard ha ucciso il gabbiano, il dio dei mari ha maledetto la sua esistenza? Il film non lascia risposte certe ma si diverte a confonderci ancora di più le idee. Verso la fine del film vediamo Wake inseguire Howard con un'accetta e distruggere la scialuppa di salvataggio. Rientrati in casa è lo stesso Wake ad accusare il giovane Howard di aver distrutto la scialuppa e averlo inseguito: qual è la verità? Lungo il corso del film (e se consideriamo il cognome Wake, sveglio), il personaggio interpretato da Dafoe, nonostante lo vediamo sin da subito bere alcolici, sembra quello più lucido e razionale, maniaco e scorbutico, ma anche quello che conosce al meglio le regole per sopravvivere. È anche l'unico tra i due che può raggiungere la luce, la fonte di calore, la conoscenza, la razionalità, costringendo il giovane Thomas al declino nella follia. Questo se consideriamo la luce del faro un simbolo positivo. Se è vero che nulla è come sembra, allora forse la luce nasconde un'altra verità. E un'altra domanda, ben più importante, ci sovviene: è più interessante comprendere la cruda e nuda realtà della storia o è meglio perdersi nell'incomprensione e nell'inspiegabile mondo dei miti e delle leggende?
Proteo e Prometeo
Andiamo oltre il semplice odio di due ubriaconi isolati con le loro fissazioni e leggiamo The Lighthouse attraverso la lente del mito. Ecco che Thomas Wake diventa Proteo, il figlio di Poseidone dio del mare. L'origine greca del nome può essere tradotta come "nato per primo" e, in effetti, il personaggio è il più vecchio e all'apparenza saggio dei due. Spesso associato all'isola di Faro, capace di predire il futuro (maledirà Thomas Howard annunciandone la fine) e capace di mutare la propria forma (nello scontro finale apparirà agli occhi del giovane Thomas come il vecchio Ephraim, la sirena che desidera e come un mostro tentacolare, forse la sua vera forma se prendiamo in considerazione la raffigurazione classica del dio). Capace di ingannare e mutare la realtà, legato al mare e alle sue leggende e, per questo, l'unico che può raggiungere la cima del faro e "sposarsi" (come viene detto nel film) con la luce. Thomas Howard, invece, è Prometeo, simbolo della condizione umana, di ribellione (nonostante gli sia vietato è attratto dal raggiungere la cima del faro) destinato a prendere possesso del fuoco - in questo caso la luce - scalando il monte Olimpo (ovvero salendo la tortuosa scalinata) ed essere punito dal dio. La fine tragica di Thomas Howard corrisponde al mito di Prometeo: raggiunge la luce, ci osserva dentro e viene punito cadendo nel baratro del faro (nel mito greco è il centro della Terra), costretto a rimanere su uno scoglio mentre un gabbiano, lo spirito dei marinai morti, gli dilania lo stomaco e gli mangia il fegato per l'eternità (nel mito è un'aquila e Prometeo rimane legato a una roccia).
Un brindisi al mistero della luce
Sapere cosa contiene la lanterna del faro o quale sia il mistero della luce diventa di secondaria importanza (il regista ha dichiarato che gli spettatori avrebbero fatto la stessa tragica fine di Thomas Howard vedendo quello che vede il personaggio del film): ogni spiegazione porterebbe alla luce nuove ambiguità, misteri irrisolti, momenti inspiegabili. Ci divertiamo, allora, ad aggiungere una riflessione metacinematografica al film rendendo onore alla luce. La stessa luce che, uscendo dal proiettore in una sala buia, permette di mostrarci qualcosa di inspiegabilmente affascinante come il canto di una sirena. Le immagini cinematografiche nascono da un fascio di luce, diretto e presente come quello del faro, e come i bambini che guardano dietro al televisore curiosi di capire da dove vengono le immagini, il nostro desiderio è quello di raggiungere l'origine di quel fascio di luce per capirne i misteri. Arrivare alla fonte di luce che ci è negata sazierebbe il nostro desiderio, forse, e tuttavia ci darebbe una risposta così razionale da interromperne la magia. D'altronde non sono il fantastico e l'inesplicabile i motivi per cui siamo ancora affascinati dalle leggende e dai miti? Non è questo che ci aspettiamo dal cinema che ha a che fare con la fantasmagoria?