Prima di lasciare che i venti minuti di anteprima di The Legend of Tarzan vengano mostrati alla stampa, il regista David Yates e i protagonisti Alexander Skarsgård e Margot Robbie hanno un videomessaggio da lasciare ai loro spettatori. Promettono una rivisitazione unica del classico di Edgar Rice Burroughs, che contenga nuove prospettive e diverse angolazioni, ma soprattutto tengono a specificare che la loro Jane non è una damigella in difficoltà. Premesse sacrosante, perché solo su intenzioni del genere avrebbero potuto creare un adattamento nuovo, diverso dagli altri che l'hanno preceduto (d'animazione e non) e dare nuovo respiro ad una novella che cinematograficamente ha già raccontato parecchio.
Peccato che gli obiettivi dei tre vengano completamente sconfessati dai venti minuti successivi di clip.
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È difficile giudicare le intenzioni della sceneggiatura da venti minuti di girato, che non mostrano né l'omogeneità della scrittura né le volontà dell'adattamento. Sorvolando quindi sull'aspetto narrativo, ciò che possiamo effettivamente giudicare è il feeling generale dell'opera, la visione del regista e l'intenzione per quanto riguarda la messa in scena: nel campo dell'immagine The Legend of Tarzan risente profondamente della visione di David Yates e del suo stile, ampiamente conosciuto da tutti i fan di Harry Potter e degli ultimi film della saga, da lui diretti. Le sequenze nella giungla abbandonano i più classici colori caldi in favore di una palette più decisa, che vira su toni freddi e leggermente desaturati, lasciando allo spettatore un'immagine più ombrosa rispetto a quella su cui siamo abituati a fantasticare: ne beneficiano le scene d'azione, aiutate dalla musica di Hans Zimmer e da un'ottima CGI che favorisce l'interazione tra uomini e animali e ne aumenta la credibilità.
Una leggenda che sa di già visto
Poco altro di buono si può dire su The Legend of Tarzan ad esclusione delle immagini portate a casa da David Yates: quando il film torna a terra e non vola sulle liane i problemi si sentono, e sembrano caratterizzare i personaggi sopra ogni cosa. In cima alla piramide indubbiamente Christoph Waltz, attore pluripremiato ma ancora ingabbiato nel "modello Hans Landa", personaggio di Bastardi senza gloria che con il passare degli anni sembra assumere le forme di una maledizione più che di un colpo di fortuna: anche questa volta l'attore è costretto nel ruolo di machiavellico villain pronto ad ingannare Tarzan e a portarlo alla morte. Lo stesso accade a Samuel L. Jackson, che sembra ormai incapace di vivere senza una pistola in mano e un cappello da cowboy in testa. Personaggi visti e rivisti, che stonano in un contesto del genere e fanno sperare in un guizzo in più del regista che le clip viste in anteprima hanno nascosto.
Io Tarzan, tu Jane?
Lo stesso accade ad Alexander Skarsgård - aiutato in abbronzatura quanto in muscoli dai trucchi della scatola magica - che tuttavia sembra cavarsela abbastanza nei panni di un muscoloso e affascinante Tarzan, del quale le scene viste hanno mostrato quasi nulla del periodo tra le scimmie e molto della sua riabilitazione nel mondo degli umani. L'effetto è straniante, dato che ci troviamo per la maggior parte del tempo di fronte ad un uomo beneducato dal perfetto accento inglese, ma è un problema che probabilmente la visione del film completo supererà senza fatica. Ciò che invece rimarrà intatto è il carattere di Jane, su cui Margot Robbie ci aveva illuso nel videomessaggio: il personaggio femminile appare infatti in tutto e per tutto la classica damigella in difficoltà, che tuttavia si sforza in ogni scena di ricordarci che non lo è affatto. In un paio di clip ruba quindi coltelli credendosi più furba del suo carceriere, o sputa in faccia all'uomo che le chiede di richiamare Tarzan urlando: gesti che cercano di mitigare il senso generale di arrendevolezza del personaggio, ma che finiscono per risuonare in modo quasi ridicolo nel contesto della narrazione.
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Quindi ad esclusione delle immagini e del feeling generale delle scene nella giungla - aiutate dalla visione di David Yates - i personaggi stereotipati e le vicende tutt'altro che nuove non fanno presagire nulla di buono, e l'unica speranza è che The Legend of Tarzan nella sua interezza possa in qualche modo smentire l'impressione che i venti minuti di girato hanno lasciato allo spettatore.