2020, 2024 e ora, 2025. Tre volte ci siamo trovati faccia a faccia con l'intensità e profondità narrativa di The Last of Us 2, prima su PlayStation 4, in seguito con la remastered per PS5 (che, tra l'altro, è arrivata proprio in questo periodo anche su PC), infine con la seconda stagione della serie adattata dallo stesso director di Naughty Dog, Neil Druckmann, insieme a Craig Mazin.

Tre volte, ma le emozioni non sono mutate. Abbiamo cliccato play per guardare gli episodi della serie HBO in anteprima, in vista del suo arrivo in contemporanea con gli USA dal 14 Aprile, in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW, con la stessa trepidazione con cui abbiamo avviato il gioco sia la prima che la seconda volta. Perché quello della parte 2 di The Last of Us è un viaggio che colpisce e lascia un segno profondo, una ferita emotiva, con delle caratteristiche narrative peculiari che eravamo curiosi di vedere come sarebbero state adattate. E, lo diciamo subito per sgombrare il campo dall'incertezza prima di addentrarci in una disamina più articolata: sia gli autori che il cast che il comparto tecnico hanno fatto un ottimo lavoro, lasciandoci soddisfatti.
"Lo giuro"
Riparte da lì la nuova stagione, da quello scambio di battute che aveva chiuso il primo ciclo di episodi di The Last of Us. Da Ellie che chiede a Joel di assicurarle che tutto quello che le ha detto era vero e da quell'"ok" in risposta al giuramento ricevuto, con cui ne accettava l'onestà, in piena e completa fiducia. Una scena riprodotta come incipit di The Last of Us 2 perché punto di partenza di quanto vediamo accadere cinque anni dopo, quando il rapporto tra Joel ed Ellie è avvolto in una certe freddezza: i due, stabilitisi nella crescente e solida comunità di Jackson, hanno messo una certa distanza tra loro e vivono una sorta di conflitto emotivo in cui riecheggia quello più concreto e minaccioso che viene dal mondo esterno, dagli infissi che continuano a rappresentare una minaccia.

Non vi diremo altro dell'intreccio. Non possiamo né vogliamo in questa fase e ci sarà modo di approfondire singoli episodi e aspetti a seguire. Quel che possiamo anticipare, perché è un'informazione nota di cui gli stessi autori hanno parlato più volte, è che i 7 episodi che compongono la seconda stagione non coprono tutto l'arco narrativo della parte 2 videoludica. Lo sapevamo, ma è ora inevitabile quanto insostenibile l'attesa per quello che seguirà, perché questo cammino di quasi sette ore nel mondo post-apocalittico della serie ci ha lasciati con la voglia di restarci ancora a lungo. Forse più di quanto aveva fatto la prima stagione.
Joel, Ellie e gli altri
Quell'incipit a cui abbiamo accennato ci riporta subito nel cuore della storia, che è nei suoi personaggi. The Last of Us, anche nel videogioco, è un racconto character driven, in cui le dinamiche da survival horror e la componente action sono la facciata videoludica sotto la quale vibra un motore intimo che conquista con il rapporto sviluppato tra i protagonisti e tra i diversi personaggi. Pedro Pascal e Bella Ramsey se ne caricano il peso sulle spalle, lavorando di piccoli gesti, di sguardi, di sussurri e grida. Si confermano una coppia di interpreti affiatata e capace di dar vita ai rispettivi personaggi, ma si muovono in un contesto ugualmente ben definito, tra volti già visti nella prima stagione che continuano ritagliarsi spazi importanti e new entry che arrivano a minare gli equilibri preesistenti.

Tra questi secondi c'è sicuramente la Abby di Kaitlyn Dever. L'attrice ci era sembrata un'ottima scelta fin dall'annuncio e vederla in azione ha confermato le nostre sensazioni positive, perché riesce a essere allo stesso tempo fedele al personaggio che già conoscevamo, ma personale nella resa su schermo, in quel difficile equilibrio tra copia e reinterpretazione che rappresenta l'adattamento ideale. Ma non possiamo non citare anche Isabela Merced nel ruolo di Dina e Young Mazino in quello di Jesse, con menzione speciale per una guest d'eccezione come Catherine O'Hara.
L'umanità di The Last of Us 2

Ci limitiamo a citarli, senza approfondire oltre per evitare qualunque tipo di anticipazione non voluta, ma è bene sottolineare le prove degli attori proprio per quanto detto prima: sono i personaggi a rendere la serie (e il gioco a cui si ispira) qualcosa di diverso da altre storie ambientate in contesti post-apocalittici: se camminare tra le macerie di una città in cui la natura sta riconquistando i suoi spazi è qualcosa di già visto altrove, a rappresentare una differenza è il farlo insieme a personaggi il cui destino ci è caro, le cui motivazioni e pulsioni ci sono chiare e comprensibili. Gli autori di The Last of Us stuzzicano la nostra empatia immergendoci in un mondo che ci è ormai familiare, facendoci ritrovare personaggi a cui siamo legati, ma ampliando il contesto narrativo con delle interessanti digressioni, aggiungendo nuove dinamiche e mettendo alla prova le nostre sicurezze per riprendere e ribadire il ragionamento su cosa sia giusto o sbagliato, su chi sia buono e chi cattivo, in un mondo in cui l'umanità così come la conosciamo ha cessato di esistere.

Un mondo che, dal punto di vista visivo, viene riprodotto in modo magistrale dagli elevati valori produttivi della serie, che appaiono anche superiori a quelli della prima stagione, con scenografie eccelse sia nella ricostruzione della comunità di Jackson, come si intuiva già da quel poco visto nel trailer, che per le altre location in cui si muove la storia. Un contesto narrativo mutuato dal gioco, spesso richiamato in modo fedele, che accoglie, minaccioso e spietato, lo spettatore, tra ambienti segnati dall'abbandono e dal tempo, infetti da fronteggiare e trucco.
Un adattamento difficile
Abbiamo detto da sempre quanto ci sembrasse difficile l'adattamento di The Last of Us 2, ancora più di quanto fatto nella prima stagione nel rendere il primo gioco. In parte proprio per quanto appena detto: essendo i personaggi il cuore della storia, essere in loro compagnia per le 9 ore del primo ciclo di episodi o le 7 del secondo cambia rispetto alle 20 e passa pad alla mano. Ma questo gap emotivo ci è sembrato più evidente per la prima stagione rispetto a questa seconda, che è riuscita a (ri)emozionarci guardando gli episodi tanto quanto era riuscito a fare il videogioco Naughty Dog. Questo al netto di qualche passaggio in cui ci siamo sentiti meno partecipi, in cui la nostra conoscenza della storia ci faceva scorgere le inevitabili scorciatoie narrative o ci proiettava già a quello che sarebbe arrivato rispetto a vivere il momento.

Una sensazione che non sarà condivisa da chi invece si avvicina a questa storia per la prima volta, vedendo direttamente Pedro Pascal, Bella Ramsey, Kaitlyn Dever e tutti gli abili interpreti al posto delle loro controparti digitali. A tutti questi spettatori a digiuno del gioco invidiamo la purezza della prima volta, un'innocenza che sarà ancora una volta ferita dal mondo duro e spietato di The Last of Us.
Conclusioni
Prosegue sulla falsariga della prima stagione la storia di The Last of Us 2, cercando e trovando un equilibrio tra fedeltà al materiale di partenza e deviazioni capaci di espanderlo per proporre qualcosa di nuovo a chi è già a conoscenza della storia e dei personaggi. Se alcuni passaggi lasciano intravedere i compromessi dell'adattamento a chi già conosce, si conferma ottimo il cast nel rendere quello che è il vero cuore pulsante del mondo di The Last of Us: i personaggi. Accanto ai sempre bravi Pedro Pascal e Bella Ramsey, si ritagliano uno spazio importante le new entry, guidate ovviamente dalla Abby di Kaitlyn Dever.
Perché ci piace
- Pedro Pascal e Bella Ramsey, capaci di trasmettere il rapporto complesso tra i rispettivi personaggi con piccoli gesti e sguardi.
- Kaitlyn Dever, che conferma le nostre sensazioni positive avute sin dal casting nel ruolo di Abby.
- L'equilibrio tra fedeltà e novità, tra compromessi ed espansioni del mondo di The Last of Us.
- I valori produttivi generali, evidenti in particolari in un paio di sequenze da vero survival horror.
Cosa non va
- Chi conosce il materiale originale rischia di percepire alcuni passaggi come transitori senza viverli in prima persona giocando.