The Last of Us 2: e se alla serie mancasse lo “sporco sotto alle unghie”?

Sì chiude la stagione 2 dello show HBO, un blocco di puntate in cui le differenze principali dal videogame tendono a banalizzare la narrazione e la struttura stessa della storia.

Kaitlyn Dever nelle battute finali di The Last of Us 2

What a difference a day makes, 24 little hours cantava Dinah Washington. What a difference a bullet makes, potremmo cantare riadattando il testo della celeberrima canzone al finale di The Last of Us stagione 2. Un proiettile sparato da Ellie ad Owen che finisce per uccidere anche una ragazza che, di lì a poco, avrebbe dato luce a una nuova vita in un mondo derelitto e putrefatto che può sperare di "resistere e sopravvivere", e magari diventare migliore del precedente, solo grazie alle nuove persone arrivate dopo gli ultimi di noi.

The Last Of Us 2 Immagine Episodio 7
Young Mazino in The Last of Us 2

Un proiettile sparato forse a caso, forse no, da Abby verso chi stava per irrompere nell'atrio del Pinnacle Theatre. Poteva uccidere Ellie scrivendo la parola fine (?) a un'insensata spirale di vendette incrociate, ma invece fa fuori Jesse. Un ragazzo che sarebbe presto diventato il padre della piccola creatura che stava crescendo nel grembo di Dina.

E adesso?

E adesso ecco che il pubblico televisivo di The Last of Us 2 si ritrova nello stessa situazione in cui, cinque anni fa, i videogiocatori di tutto il mondo sono stati gettati dai deus ex-machina Neil Druckmann e Halley Gross. Senza volerlo. Obbligati a conoscere un personaggio, Abby, che detestavano visceralmente e di cui non volevamo conoscere le motivazioni. Il perché delle sue azioni e del suo fisico così muscolare. Quello che resta da capire è come le persone digeriranno la lunga pausa che li porterà, gioco forza, a empatizzare con una nemica che forse nemica non è perché, a volte, tutto è davvero relativo.

The Last Of Us 2 Scena
La presenza di Isaac nel finale rasenta l'illogico

Nel gioco avveniva senza soluzione di continuità. Senza alcun trucchetto cheap come quello usato nella serie tv: il rumore di uno sparo con lo schermo virato in nero. Per l'ennesima volta, Craig Mazin e Neil Druckmann cercano di fare Il trono di spade senza aver davvero interiorizzato i meccanismi impiegati magistralmente da Benioff & Weiss nelle prime cinque, sei a voler essere gentili, stagioni dell'epopea fantasy (e pensare che Benioff è presente con un importante cammeo libresco sia nel videogioco che nella serie). Nel videogame Abby puntava con rabbia la pistola contro Ellie dicendole che aveva completamente sprecato la possibilità della "seconda vita" che le aveva concesso in quel dannato giorno d'inverno nello chalet nei paraggi di Jackson. Schermo nero.

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Poi la voce di una ragazzina bionda e mingherlina che, zaino in spalla, chiamava il padre mentre lo seguiva in mezzo alla vegetazione. Con un flashback, venivamo obbligati a giocare con nemico pubblico numero 1, un viaggio che dal rigetto iniziale avrebbe portato prima a una diffidente curiosità verso di lei, fino alla totale comprensione che le due ragazze sono una lo specchio dell'altra. La serie tv, resta da capire se per limiti narrativi del mezzo o per errori nelle scelte della sceneggiatura, ci porta subito al Giorno Uno a Seattle di Abby. L'antipasto di quello che vedremo in una terza stagione per cui dovremo contare i giorni per non meno di un anno e mezzo. Nella migliore delle ipotesi. Ma sarà così anche per il telespettatore?

Come burro spalmato su troppo pane

La prima stagione di The Last of Us rasentava la perfezione. Di scrittura, di messa in scena, di casting. Digressioni comprese. Con la seconda, attraverso le nostre analisi comparative con il videogame, abbiamo notato che, spesso e volentieri, qualcosa non ha funzionato. Si dice troppo (e spesso male) in troppo poco tempo. Un meccanismo che si è inceppato perché le scelte fatte da Craig Mazin e Neil Druckmann sono apparse illogiche, indirizzate quasi a snaturare l'essenza stessa della seconda parte della saga.

The Last Of Us 2
Che senso ha vedere Ellie sull'isola dei Serafiti?

Che è una profondissima riflessione su una spirale di vendetta basata sull'ossessione che Ellie e Abbie hanno coltivato. Per la prima è un dolore freschissimo e lacerante, per la seconda un supplizio alimentato nel tempo, tanto da portarla a diventare una macchina da guerra con muscoli ipetrofici così in contrasto con la delicatezza di quando suo padre era ancora in vita. Certo, visto che per conoscere il destino televisivo di Abby ci sarà da aspettare, non possiamo ancora essere troppo tranchant, ma se il modus operandi sarà lo stesso di questa seconda stagione, fatta di personaggi fuori fuoco e sceneggiature scricchiolanti, c'è poco da stare allegri. Questo finale di stagione è il perfetto riassunto di tutto quello che non ha funzionato in maniera corretta, a partire dal numero troppo esiguo di puntate peraltro connotate da una brevità eccessiva.

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Personaggi che si spostano da un punto A a un punto B senza che si avverta in alcun modo il come si siano guadagnati il tragitto fatto, aggiunte narrative insensate (se questa è la storia di Ellie, a che pro mostrare l'inizio dell'assalto dei lupi all'isola dei Serafiti? Perché aggiungere il poco credibile naufragio e conseguente comodissima fuga della ragazza dalla medesima isola?) e uno standard recitativo di Bella Ramsey e Kaitlyn Dever che comincia a far rimpiangere quello più centrato (indubbiamente anche grazie a una scrittura più organica) di Ashley Johnson e Laura Bailey. Tanto che la mancanza di un attore di razza come Pedro Pascal si fa sentire con forza.

Il destino che rema contro

A saltare all'occhio è come questo finale di stagione (e, nel complesso, tutte e sette le puntate), non abbia quella crudezza tipica del videogame. Prendete la scena della morte di Mel. Nella serie accade tutto per caso. Un proiettile la prende di striscio ferendola mortalmente. Nel gioco, anche Mel, incinta o meno, vuole vendicarsi della morte di Owen e aggredisce Ellie. Che poi la uccide scoprendo la sua gravidanza. Tutto "leggermente" più crudo che nella serie tv, nonostante l'intuizione della richiesta che Mel da ad Ellie di far nascere suo figlio che arriva a salvare in corner la riuscita e la portata emotiva del frangente.

The Last Of Us 2 Immagine
In The Last of Us 2 i limiti nella recitazione di Bella Ramsey sono più evidenti

Un trauma per il giocatore che si svolge dopo una fase di gameplay estenuante in cui bisogna lottare con le unghie e con i denti contro un un ambiente che, fra infetti e tempesta, rema letteralmente in direzione contraria alla nostra. Come se il mondo si fosse messo a gridare in faccia ad Ellie "ma cosa ti sei messa in testa di voler fare?". Per quanto in un adattamento sia doveroso operare delle scelte che potrebbero essere dettate anche da questioni di budget molto pratiche, nella 2x07 c'è lo stessa assenza di nessi causali che, qualche episodio fa, ha portato Ellie da Nora in maniera fortuita. Magari Mazin e Druckmann si potevano concentrare quindici muniti in meno al Consiglio di Jackson e alle inutili scene di mera esposizione con Gail e lavorare con più precisione ad altro. Infine, parlando di differenze, proprio il plot twist finale che annuncia la terza stagione su Abby fa un ulteriore scivolone. Così stonato in una produzione che fa della cura degli effetti speciali, della fotografia che cattura ogni spora e pulviscolo, di una messa in scena capace di riprodurre con meticolosità certosina alcuni passaggi del videogioco.

Proprio nella controparte interattiva di The Last of Us 2 vediamo Abby svegliata da Manny dopo essersi addormentata leggendo City of Thieves di David Benioff. Il look è, chiaramente, paramilitare. E per quanto la comunità della WLF possa essersi organizzata nello stadio di Seattle, quelli indossati da Abby sono comunque abiti consunti. Non lerci, sia chiaro. Portati una volta di troppo, quello sì. Vedere Kaitlyn Dever che si affaccia dalla balconata con vestiti di scena che sembrano appena arrivati dalla stireria del dipartimento costumi, ci fa sperare che la terza stagione di The Last of Us possa essere meno avara in quanto a sporco sotto alle unghie.