Mischiare un pilastro della letteratura gialla come Dieci piccoli indiani ad uno dell'horror come La cosa? Un abbinamento apparentemente azzardato, ma, come vedremo in questa recensione di The Head, se si trova il giusto spunto per dare il via alla storia non può essere che una scelta vincente. Non c'è location migliore, a pensarci bene, per la struttura narrativa del più classico whodonut (a cui si aggiungono però parecchi brividi, e non solo dovuti alle bassissime temperature) che un isolata stazione scientifica al Polo Sud, dove un gruppo di scienziati si ritrova coinvolto in un caso dai risvolti estremamente misteriosi e ricco di colpi di scena.
Parliamoci chiaro, citando il capolavoro di Carpenter non vogliamo mandarvi fuori strada, gli alieni non sono assolutamente presenti in questa serie ( da noi disponibile su Amazon Prime Video) diretta da Jorge Dorado e sceneggiata da Álex e David Pastor: messi da parte gli eventuali elementi sovrannaturali, resta però l'atmosfera claustrofobica ed angosciante che solo un setting di questo tipo può ricreare, pochi personaggi isolati dal resto del mondo, tutti possono essere il possibile colpevole. E che cosa rende questa storia ancor più avvincente e particolare? La struttura narrativa in cui diversi piani temporali si intrecciano, rivelando pian piano il passato, e di conseguenza le motivazioni, dei protagonisti. Una struttura a cipolla, l'ha definita uno dei membri del cast nell'incontro stampa a cui abbiamo preso parte: "Una serie che è estremamente profonda, solo alla fine ci si rende conto di quanti strati abbia, di quanti siano gli elementi nascosti in cui poi il pubblico può ritrovarsi." E noi, che abbiamo potuto vedere solo i primi due episodi in anteprima, non vediamo l'ora di scavare in questa storia, scoprire i suoi segreti ed arrivare a quella che si prospetta una rivelazione finale assolutamente sorprendente ed inaspettata.
Una trama che procede nell'intrecciarsi di flashback
La serie si apre durante il party che, tradizionalmente, chiude la stagione estiva per la stazione scientifica Polaris VI: la crew invernale, ridotta di numero rispetto a quella dei mesi precedenti, resterà al Polo, completamente isolata durante sei mesi di buio totale. Gli altri faranno poi ritorno insieme all'estate, pronti a riprendere il lavoro. Tra i membri della squadra invernale abbiamo Annika (Laura Bach), moglie del comandante Johan Berg (Alexandre Willaume), che invece è tra quelli che fanno ritorno alla civiltà. Annika sta portando avanti, insieme al famoso scienziato Arthur Wilde (John Lynch), ricerche che potrebbero rivelarsi fondamentali per il bene dell'umanità, e sceglie così di separarsi dal marito e restare a Polaris VI. Mesi dopo, al sorgere del sole, Johan fa ritorno alla base molto preoccupato, non ha infatti notizie di Annika e gli altri da ben tre settimane: ad attenderlo, però, la più terribile delle scoperte. La stazione di ricerca è costellata dagli inequivocabili segni di una terribile violenza, i cadaveri di alcuni dei membri del gruppo vengono rinvenuti in condizioni terribili e, degli altri, solo la dottoressa Maggie (Katherine O'Donnely) ricompare, ma in stato confusionale. La polizia ci metterà troppo tempo ad arrivare e Johan non può perdere tempo, perché sua moglie è tra i dispersi e non può sopravvivere a lungo da sola.
Sarà grazie al ritrovamento di Maggie che quanto accaduto durante i mesi di isolamento invernale comincerà lentamente a venire alla luce ma, come presto ci rendiamo conto, tutti i personaggi che man mano impariamo a conoscere nascondono dei segreti e dei secondi fini. Ognuno di loro può avere una qualche responsabilità in quanto accaduto e, grazie ad una struttura narrativa in cui i flashback si intersecano di continuo al presente, diviene sempre più chiaro che il movente di quanto è accaduto giace nel passato di uno dei personaggi, o forse del gruppo stesso, visto che molti di loro si conoscono da molto tempo.
Tra le tematiche che la sceneggiatura di questi primi due episodi si limita a sfiorare, ma che siamo convinti verrà approfondita maggiormente con il proseguimento della storia, c'è senza dubbio quella sulla posizione della donna in un ambiente così "maschile" come quello della ricerca scientifica. Il rapporto tra Annika e Arthur è evidentemente non paritario, e il suo valore di scienziata viene costantemente messo in ombra e soffocato dalla presenza ingombrate dell'uomo. Che questa sia stata la miccia che ha fatto esplodere la catena di eventi al centro di The Head? Lo scopriremo solo continuando con la visione.
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Un cast molto variegato
Tra i pregi di The Head non possiamo che includere il suo variegatissimo cast: proprio il suo essere così internazionale - con attori che provengono dalla Svezia, dalla Danimarca, dal Regno Unito e, addirittura, dal Giappone - è quel che rende la serie ancora più particolare e coinvolgente. Il continuo incontro/scontro tra lingue, culture d'origine e personalità diverse da una parte arricchisce la narrazione e, dall'altra, motiva l'inasprirsi dei rapporti tra i personaggi, messi già alla prova dal prolungato isolamento. Tutti i membri del cast ci hanno a loro modo colpito: dai già citati Alexandre Willaume, Laura Bach e John Lynch, al resto della crew invernale, tra cui si nota subito la presenza dello spagnolo Alvaro Morte, conosciuto in tutto il mondo per il suo ruolo del Professore ne La casa di carta. Tra le interpretazioni che hanno ci sono rimaste maggiormente impresse ci sono però quelle dei "nuovi arrivati" nel team: la Maggie di Katharine O'Donnelly e Aki, il personaggio di Tomohisa Yamashita (star nel suo paese d'origine, il Giappone), che si distaccano dai membri "anziani" del gruppo per il modo di affrontare le cose e per il loro idealismo .
Una serie autoconclusiva?
Se non era chiaro fino ad ora, The Head ci ha piacevolmente stupito, e non vediamo l'ora di poter proseguire nella visione per scoprire la chiave del mistero che viene così efficacemente introdotto nel primo episodio. Un'altra domanda a cui cast tecnico ed artistico ha dovuto rispondere durante la conferenza di presentazione è stata quella su una possibile seconda stagione della serie, la risposta è stata che The Head sarà probabilmente autoconclusiva (cosa che non esclude la possibilità di raccontare però nuove storie con nuovi personaggi in futuro, un pò come si sta facendo Netflix con Hill House): questo, secondo noi, non può essere che un pregio, una storia di questo tipo perderebbe infatti inevitabilmente di mordente se diluita in troppi episodi.
Non possiamo che chiudere questa recensione con una domanda: visto il tema trattato, ossia quello degli effetti dell'isolamento prolungato su un gruppo di persone costrette a convivere, quanto la situazione in qualche modo simile che abbiamo vissuto negli ultimi mesi influirà sulla ricezione della serie da parte del pubblico? Da una parte potrebbe senza dubbio attrarlo, dall'altra, forse, potrebbe invece respingerlo, visto quanto certi elementi di questa storia possano sembrare fin troppo familiari. Noi speriamo che The Head abbia successo, e sia impulso, in futuro, per tante altre produzioni internazionali d'eccellenza.
Conclusioni
Terminiamo questa recensione di The Head, di cui abbiamo potuto vedere i primi due episodi in anteprima, sottolineando quanto la serie diretta da Jorge Dorado e sceneggiata da Álex e David Pastor ci abbia colpiti. La storia ambientata tra i ghiacci del Polo Sud, in cui la trama ispirata ai classici della letteratura mistery si mescola alle atmosfere di un horror come La cosa, ci ha catturato fin da subito. Ottime le interpretazioni del cast internazionale, in cui spiccano i giovani attori Katharine O’Donnelly e Tomohisa Yamashita.
Perché ci piace
- La trama, molto ben strutturata, che ci ha catturato fin da subito.
- Le atmosfere angoscianti e claustrofobiche.
- Le ottime interpretazioni del cast.
Cosa non va
- Avendo visto solo due episodi non siamo in grado di predire come la narrazione procederà, e se si manterrà allo stesso livello fino al finale.