L'apertura del BFI London Film Festival 2021 è targata Netflix con il revenge western black The Harder They Fall, maxi regolamento di conti tra bande che riunisce figure realmente esiste nel XIX secolo come i fuorilegge Rufus Buck (Idris Elba) e Nat Love (Jonathan Majors) ponendoli l'uno contro l'altro senza preoccuparsi di discrepanze temporali. Quando scopre che Buck è fuggito di prigione, Nat Love riunisce la sua vecchia gang per vendicarsi dell'uomo che ha sterminato la sua famiglia. E proprio Idris Elba e Jonathan Majors sono i mattatori della conferenza stampa di apertura del London Film Festival insieme a Regina King, che interpreta Trudy Smith, alleata di Rufus Back, e il regista Jeymes Samuel, noto anche come The Bullits.
"Sono cresciuto guardando western, sono un cinefilo" esordisce Jeymes Samuel, nato e cresciuto a Londra. "Il genere Western mi ha sempre affascinato, ma il punto di vista su queste storie era davvero ristretto, non lasciava spazio per altre interpretazioni. Le donne, di qualsiasi colore, erano sempre sottomesse. Se eri una persona di colore, eri meno che umano. Così, visto che amavo così tanto il genere, ho deciso di farne uno per cambiare le cose. Chi chiamare nel cast? Tutti".
Un cast da urlo per reinventare il genere
The Harder They Fall, scritto da Jeymes Samuel a quattro mani con Boaz Yakin, è prodotto da James Lassiter insieme a Jay Z, che ha fatto un'apparizione a sorpresa sul red carpet del festival insieme alla moglie Beyonce. La scelta di casting più scontata era senza dubbio quella di Idris Elba, amico d'infanzia di Samuel. La star di Luther commenta il suo coinvolgimento confessando: "Non avevo scelta, non potevo dire no o forse. Siamo cresciuti insieme a Harrow Road facendo cavolate e adesso abbiamo fatto anche un Western insieme. Anche io sono cresciuto guardando Western, Bonanza, mio padre lo adorava. Questo film ridefinisce il genere, è qualcosa di speciale e ho accettato subito".
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Assai meno amante del genere, Regina King è stata un osso duro da convincere, soprattutto perché il regista non riusciva a raggiungerla al telefono. "Stavo lavorando" spiega l'attrice ridendo. "ho parlato con Jeymes via FaceTime ed è stato lui a convincermi esprimendo la sua visione, suonando alla chitarra alcune musiche del film che aveva scritto, descrivendo le inquadrature, il rapporto tra musica e immagine. Jeymes pensa in musica. Allora mi sono detta 'Un Western così? Forse potrebbe piacermi. E poi avevo finalmente la possibilità di tornare a lavorare con Idris dopo tanti anni. Come potevo lasciamela scappare?"
Anche per quanto riguarda Jonathan Majors, la cui carriera ha preso il volo dopo The Last Black Man in San Francisco e Lovecraft Country, il regista non ha avuto dubbi. Senza bisogno di fargli provini o leggere lo script gli è bastato sentirlo parlare per capire che era lui Nat Love. "Non solo sono cresciuto guardando Western con la mia famiglia, ma ho anche vissuto in un Western" spiega Majors. "Sono cresciuto in una fattoria, lavorando sotto il sole. Come mi giravo c'erano fucili, quindi quando ho letto lo script ho ritrovato un'atmosfera che conoscevo molto bene, il pericolo del Western, lo spirito della frontiera, quel sentimento ferale".
L'emancipazione femminile a colpi di pistole
Come svela la nostra recensione di The Harder They Fall, molti personaggi del film sono figure realmente esistite durante l'epopea del West. Idris Elba spiega come ha affrontato questa realtà del suo personaggio: "Quello che mi ha colpito di Rufus Buck è che era molto giovane, a soli vent'anni aveva già messo in piedi una gang multirazziale che univa neri e nativi americani. Noi abbiamo deciso di calarlo nel mondo creato da Jaymes, è un tipo rude, ma ha idee progressiste. Viveva in un'epoca in cui i neri venivano emarginati, ma lui combatteva per combattere la segregazione, è un personaggio che ha anche un lato romantico, è interessante la sua relazione col personaggio di Regina King". A dare ulteriore spessore al personaggio è stata anche l'esperienza di Elba col Covid-19, che ha contratto insieme alla moglie: "All'inizio pensavamo che questo virus avrebbe distrutto il mondo, invece siamo sempre qui. Ho avuto tempo per riflettere sulla mia vita, ho interiorizzato l'esperienza e ho iniettato un po' della nuova maturità acquisita nel personaggio arricchendolo ulteriormente. Nello script era un villain feroce, ma nel film c'è molto di più".
L'aspetto progressista del film è anche ciò che ha catturato l'attenzione di Regina King che sottolinea come, pur essendo profondamente diversi, tutti i personaggi femminili hanno un aspetto in comune: "La loro esistenza non è basata su nessun uomo o bambino o genitore o su una storia che le colleghi a qualcosa di diverso da ciò che loro sono. Avere tre donne così diverse e così sicure di sé, ma anche così complesse e stratificate è emozionante. E il fatto che sia stato un uomo a crearle è qualcosa di davvero speciale".