Chi di voi conosce la FA Cup? Iniziamo da qui la recensione di The English Game, la serie tv in sei puntate disponibile dal 20 marzo su Netflix. Stiamo parlando di calcio: la FA Cup è la coppa nazionale inglese, l'equivalente della nostra Coppa Italia, ma è estremamente più amata. Di più: la FA Cup è qualcosa di sacro. E in The English Game capiamo perché. Vedere come è nata la FA Cup è comprendere come è nato il calcio. Quel gioco che, un tempo, era fatto solo da "gentiluomini", cioè figli di famiglie ricche che, come tali, potevano permetterselo come hobby perché avevano il tempo di allenarsi.
Il calcio aperto ai proletari, agli operai, è stato il prodromo del calcio professionistico, perché persone che lavoravano dalle cinque di mattina alle nove di sera, sei giorni su sette, non potevano allenarsi né avere tempo e forze per giocare, e quindi essere competitivi. The English Game, la serie creata da Julian Fellowes, lo showrunner di Downtown Abbey, è il ritratto di un calcio ai primordi ma anche lo specchio della società del tempo, delle lotte sindacali, una di quelle serie impeccabili: ben scritta, ben recitata, edificante.
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La trama: 1879, la nascita del calcio moderno
Siamo nel 1879, il calcio è ai primordi. È un gioco dominato da squadre dell'alta società che ne hanno inventato le regole. Fino a quell'anno nessuna squadra proletaria è mai arrivata ai quarti di finale di FA Cup. Una squadra di operai del Lancashire, il Darwen FC, ingaggia per la prima volta due giocatori scozzesi, Fergus Suter (Kevin Guthrie) e Jimmy Love (James Harkness) strappandoli alla loro squadra di Glasgow e pagandoli per giocare. Nel primo episodio vediamo la squadra di operai opposta agli Old Etonians, squadra di ricchi londinesi, campione in carica, capitanata da Arthur Kinnaird (Edward Holcroft).
Con un salto temporale, nel secondo episodio ci troviamo sei mesi dopo, con la nuova FA Cup da disputare, e una nuova squadra, il Blackburn Rovers, che ha deciso di acquistare i migliori giocatori, compresi Suter e Love, per creare un team di professionisti e provare davvero a vincere la coppa. Nel frattempo, Suter si è innamorato di Martha (Niamh Walsh), giovane ragazza madre, e Kinnaird è sposato con Alma (Charlotte Hope): i due hanno perso un bambino, ma proprio questo fatto li porterà a interessarsi alla causa delle ragazze madri.
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Che emozione sentir nominare il Blackburn, il Bolton, il Notts Country...
The English Game è una serie fatta apposta per piacere a una larga fetta di pubblico. Prima di tutto agli appassionati di calcio, anche quelli che, in questi giorni, sono orfani del campionato e della Champions League. C'è, tra gli appassionati, chi ha nostalgia del calcio di un tempo, e fare un ulteriore salto indietro non potrà che far loro piacere. Vedranno il calcio degli albori, che hanno visto solo in vecchie foto. La ricostruzione è meravigliosa: maglie a tinta unita, celesti o granata, a righe orizzontali nere e marroni, fatte di un tessuto spesso, pesante che, ci dicono i protagonisti, sulla pelle pizzica. I pantaloni "alla zuava", appena sotto il ginocchio, a volte lunghi, a volte tenuti su dalle bretelle, e scarponi o stivali ai piedi. E poi quelle porte di legno naturale, con i pali quadrati, e ancora senza la rete a raccogliere i palloni spediti alle spalle del portiere. Sentir nominare squadre come Blackburn Rovers, Bolton Wanderers, Notts Country ed Everton è emozionante. Assistere a The English Game, per un appassionato, è entusiasmante. Significa vedere nascere il calcio moderno.
È Cartwright (Ben Batt), il presidente del Blackburn, che ne intuisce il potenziale di grande spettacolo di intrattenimento. "L'antagonismo fa bene agli affari" dice a un collega. "Non ho mai visto persone così felici" gli fanno notare. "È questo il punto: questo gioco è tutto per loro" risponde. Aveva intuito che, per persone che lavoravano dalla mattina alla sera, cinque giorni su sette, quella partita del sabato era l'unico svago. Dall'altro lato ci sono i primi calciatori, ragazzi dell'alta società, per cui il calcio è un hobby e il professionismo è una "pagliacciata". In realtà, dietro alla difesa del dilettantismo c'è una lotta di classe, la difesa dei privilegi, il voler mantenere il gioco - come altri diritti - una cosa per pochi, la paura di perdere una comfort zone dove a giocare e a vincere sono sempre gli stessi. C'è, insomma, una lotta politica.
Quella Old England di Downton Abbey
E sarà un personaggio come Arthur Kinnaird, prima star del calcio e destinato a diventare presidente della FA per lungo tempo, a cambiare le cose, a dimostrarsi, pur stando dalla parte dei potenti, lungimirante e illuminato. Questo suo scivolare su posizioni inaspettate, passare non solo dalla parte dei più deboli ma anche da quella di un'evoluzione e di un progresso inevitabili, ci fa capire come The English Game sia un racconto fatto di chiaroscuri, dove bianco e nero sfumano, non ci sono buoni o cattivi ma personaggi che si evolvono. Ed ecco l'altro punto di interesse della serie, al di là del calcio: il racconto di si muove nel solco dei migliori prodotti inglesi che rappresentano quella "Old England" che per tanti ha un grande fascino, come Downton Abbey. Dietro al calcio si muovono, ben costruiti, una serie di rapporti familiari ad alto tasso di drammaticità. Ci sono ragazzi ormai adulti, come Fergus e Arthur, che faticano, per un motivo o per l'altro, ad uscire dall'ombra di padri ingombranti. Ci sono giovani donne che vorrebbero essere madri e non possono, come la moglie di Arthur, e madri che hanno dei figli e fanno fatica a mantenerli, come Martha. Il tutto è reso benissimo in una confezione patinata, dalle tinte brunite e a lume di candela degli interni, a quel verde dei campi che sa di pioggia degli esterni.
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Quasi un film di Ken Loach
Sullo sfondo, come avete intuito, c'è anche la società dell'epoca, il capitalismo e la classe operaia, le rivendicazioni salariali e gli scioperi. Se, da un lato, The English Game ha certi interni alto borghesi che potrebbero essere usciti da un film di James Ivory, per gran parte del racconto, per i temi politici e sociali, e per certi volti incredibili che sembrano davvero pescati dall'Inghilterra proletaria di fine Ottocento, The English Game potrebbe essere un film di Ken Loach. Se non lo diventa è (e questo è uno dei leggerissimi difetti del film) perché non spinge ulteriormente su alcune situazioni drammatiche e su un realismo come solo il maestro inglese (o chi come lui, ad esempio Mike Leigh) sa fare, portandoci verità al racconto. The English Game si ferma sempre un attimo prima. È pur sempre un prodotto che, essendo su Netflix, deve cercare di raggiungere il maggior pubblico possibile.
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Girare le scene di calcio giocato: la cosa più difficile al cinema
The English Game, poi, si scontra con una delle difficoltà più grandi del cinema, cioè girare delle scene di calcio giocato. La difficoltà si nota anche qui. I registi se la cavano in vari modi. Ad esempio, girando molti primi piani o piani americani dei calciatori in azione senza inquadrare piedi e pallone, stringendo poi solo sulla palla. Usando molto il ralenti (un po' alla Fuga per la vittoria), in modo che non si capisca che l'azione non è girata a velocità naturale e la coreografia dell'azione è preparata e realizzata non a velocità di gioco. I creatori della serie, più che calciatori attori hanno scelto degli attori calciatori. E hanno fatto bene. Il cast è azzeccato: spiccano i bei volti d'altri tempi di Kevin Guthrie (visto in Dunkirk e in Animali fantastici e dove trovarli) e Jimmy (Rogue One: A Star Wars Story e L'ora più buia), e l'aplomb da star di Edward Holcroft, già nella serie L'altra Grace e al cinema in Kingsman: Secret Service e Kingsman: Il cerchio d'oro. Tra le protagoniste femminili colpisce la luminosità e il carattere del volto di Niamh Walsh, una giovane attrice (ha recitato nelle serie Holby City, Jamestown e Good Omens) che ci ricorda Naomi Watts. È anche merito loro se le scene della lotta di classe tra Londra e il Lancashire sono così emozionanti.
Conclusioni
Nella recensione di The English Game, la serie creata da Julian Fellowes, lo showrunner di Downtown Abbey, vi parliamo di un ritratto di un calcio ai primordi ma anche di uno specchio della società inglese di fine Ottocento, delle lotte sindacali e della condizione degli operai. La serie Netflix è uno di quei prodotti impeccabili: ben scritta, ben recitata, edificante.
Perché ci piace
- La ricostruzione del calcio di altri tempi è meravigliosa.
- Dietro al calcio si muovono, ben costruiti, una serie di rapporti familiari ad alto tasso di drammaticità.
- Per i temi politici e sociali, e per certi volti, potrebbe essere un film di Ken Loach...
Cosa non va
- ... se non diventa un film di Ken Loach è perché non spinge ulteriormente su alcune situazioni drammatiche.
- Il film si scontra con una delle difficoltà più grandi del cinema, le scene di calcio giocato.