The Big Cigar è una serie che si è presa un'onere non da poco: raccontare una parte di Storia davvero poco conosciuta, ovvero quella di Huey P. Newton e di come abbia lottato per i diritti dei neri e delle minoranze. Allo stesso tempo la serie Apple TV+ mette in scena l'incredibile storia della fuga del leader delle Pantere Nere a Cuba. Accanto ai protagonisti André Holland e Tiffany Boone, che interpretano il protagonista e la sua dolce metà, ci sono il "nostro" Alessandro Nivola (I Molti Santi del New Jersey) e P.J. Byrne (The Boys), che vestono i panni di coloro che aiutarono in ogni modo possibile quella fuga impossibile, ovvero i produttori cinematografici realmente esistiti Bert Schneider e Steve Blauner.
Li abbiamo incontrati su Zoom insieme ai creatori e produttori, la vincitrice del NAACP Image Award Janine Sherman Barrois (Claws, Self-Made) e Jim Hecht (Winning Time: L'ascesa della dinastia dei Lakers), per farci raccontare l'importanza di uno show come questo nel 2024, in occasione del finale, disponibile dal 14 giugno su Apple Tv+.
L'intervista a Alessandro Nivola e PJ Byrne
Mentre il dinamico duo scherza su come abbiano entrambi la cittadinanza italiana - Alessandro è nipote del pittore e scultore sardo Costantino Nivola ed è sposato dal 2003 con Emily Mortimer, conosciuta sul set - ma solo quest'ultimo sia fluente nella lingua, riflettono su come i loro personaggi (realmente esistiti) vogliano realizzare un finto film per coprire la fuga di Huey P. Newton a Cuba. Alessandro Nivola: "Penso che l'arte imiti la vita e viceversa, allo stesso tempo. I due erano nel business di concedersi delle fantasie quando si sono scontrati con la vita reale. Credo che Bert pensasse che ciò che mancava nella sua vita di produttore hollywoodiano fossero proprio le conseguenze della vita vera. Era determinato a spostare la sua attenzione su quell'aspetto. Penso sia per quello che poi ha deciso di abbandonare la produzione cinematografica, perché pensava che questi altri elementi erano talmente importanti da rimpiazzare lo storytelling come sua principale ossessione. È stata la fine della sua carriera così come di quella di Steve, una sorta di periodo di transizione dall'essere produttori ad essere attivisti a tempo pieno".
Gli fa eco P.J. Byrne, interprete di Steve Blauner: "Come P.J. e Alessandro oggi, non riesco a immaginare la vita di queste persone, così folle e surreale, che se la vivessi io avrei bisogno di almeno cinque giorni di riposo successivi (ride)".
Cinema e tv potenzialmente rivoluzionari
Nella serie Huey dice che il potenziale rivoluzionario di Hollywood è che puoi fuggire dalla tua realtà creandone una nuova oppure una versione alternativa della tua. Quindi i film e la serialità possono essere più d'impatto dei fatti stessi che vanno a raccontare? Dice P.J. Byrne: "Una riflessione interessante su larga scala. Preferiresti essere un Membro del Congresso e avere le idee oppure un sindaco e mettere davvero in atto quelle idee e il cambiamento? Quando prendi a cuore una causa e vuoi diffonderla alle persone, ad un certo punto vuoi avere più occhi possibili su di essa e Hollywood può aiutare in tal senso. Io stesso ad esempio non sapevo nulla di Newton e delle Pantere Nere e di come i nostri personaggi lo abbiano aiutato. L'intrattenimento è sempre un'industria ma quando hai l'opportunità di raccontare parti della Storia come questa, penso diventi inestimabile".
Concorda Alessandro Nivola: Nella serie c'è una scena in cui Burt parla di una celebre pellicola, La Battaglia di Algeri, che ha avuto un impatto enorme sulla cultura giovanile americana dell'epoca (anni '60, ndr) e creato attivisti dai giovani cittadini. Credo sia un esempio diretto di come l'audiovisivo possa impattare direttamente la società".
The Big Cigar, la recensione: André Holland tra le pagine nere della Storia
L'intervista ai creatori della serie storica Apple TV+
The Big Cigar è quindi importante oggi più di altre epoche, come racconta Janine Sherman Barrois: Penso che ora come ora stiamo facendo fatica a raccontare la Storia in qualsiasi forma, grande o piccolo schermo che sia. Nel nostro sistema politico stiamo lottando affinché venga raccontata la storia dei Neri, ad esempio. Quindi quando hai l'occasione di raccontare qualcosa di tragicomico come questo - un fuggitivo che cerca di arrivare a Cuba con l'aiuto di varie persone e vari stratagemmi - puoi utilizzarlo per raccontare anche quella di Newton e delle Pantere Nere e di come abbiano messo i propri corpi in prima linea non solo per la black community ma per il mondo intero. Siamo stati in grado di equilibrare entrambi gli aspetti del racconto ma abbiamo provato grande soddisfazione nel sapere di persone che non avevano mai sentito parlare delle Pantere Nere e di Huey a scuola e si sono avvicinate proprio grazie allo show".
Il produttore esecutivo Jim Hecht aggiunge: "Penso che gli ideali di cui parlava Huey risuonino ancora oggi, se non di più. Viviamo in tempi in cui, almeno negli Stati Uniti, il mondo sembra in fiamme. Per via del riscaldamento globale, della diffusione delle armi, e così via. Sono forze che sono sopra di noi, per le quali non possiamo fare nulla, ci fa sentire piccoli e insignificanti. Questa è la storia di uno studente universitario a Oakland che lesse i libri di legge e scese in strada per urlarle al mondo riuscendo a cambiarlo e a cambiare il modo in cui le persone si vedevano l'un l'altra, in cui vedevano la politica. Huey ha in un certo senso ri-concettualizzato i diritti, che non erano solo quelli da cui si partiva: non si trattava più solamente di 'questo è il mio voto e ora lascio te a governare'. Era per il comunalismo. Magari questa può essere una piccola scintilla che inizi a cambiare la nostra visione della politica, degli altri e dei movimenti sociali in questo Paese".
The Big Cigar, i protagonisti André Holland e Tiffany Boone come "Renaissance" di Beyoncé
Poliziotto buono e poliziotto cattivo
Un personaggio dice nel serial all'agente dell'FBI che insegue Newton come un'ossessione: "Tu ancora pensi che ci siano persone buone e persone cattive. Ma ci sono solo persone". Nessuno in The Big Cigar è solamente buono o solamente cattivo. Un risultato importante da ottenere in un drama storico come questo e per un personaggio controverso come il protagonista. Ne è convinta la creatrice: "Non penso che sia mai indice di buon storytelling raccontare qualcuno che non sia sfaccettato. Bisogna mostrare il bianco, il nero e il grigio degli esseri umani. C'è stato molto grigio in ciò che ha fatto Huey. Era ricercato dall'FBI, era ironico ma anche irascibile. Vedeva le enormi potenzialità del mondo ma allo stesso tempo carpiva cosa accadeva nelle piccole comunità, che fosse Oakland oppure sugli Appalachi. Voleva riunire le persone insieme affinché riuscissero a cambiare le cose. Se lo avessimo ritratto solamente come un eroe le persone che hanno vissuto quel periodo storico avrebbero storto il naso. Volevamo anche mostrarlo innamorato, un rivoluzionario costretto ad abbandonare il movimento e forse non poter più rimettere piede negli Usa. O ancora la sua amicizia con Bert Schneider. Un leader complesso e pieno di sfumature".
Chiude il discorso il produttore con un'iperbole: "Personalmente non credo sia sempre d'aiuto mostrare persone perfette compiere azioni lodevoli. C'è qualcosa di potente nel vedere esseri ordinari compiere azioni straordinarie. Per quanto siano persone che guardiamo dall'alto in basso, le star dei reality oppure gli influencer sui social media hanno dato un contributo, ovvero farci apprezzare le persone per i loro difetti. La vulnerabilità può essere vista come un segno di forza. In un certo senso amiamo di più le persone per le loro lotte quotidiane che per le imprese eccezionali che hanno compiuto. Penso che sia diventato un vantaggio e che sia per questo che vediamo molta narrativa non di finzione con persone incredibili, che non sono le stesse di vent'anni fa. Mostrare qualcuno come essere umano eccezionale senza mostrarlo necessariamente come perfetto".