The Bad Guy, la recensione dei primi due episodi: o vivi da eroe, o reciti la parte del cattivo

La recensione dei primi due episodi di The Bad Guy, la serie firmata Prime Video e presentata al Torino Film Festival. Una serie dall'impronta visiva d'impatto e dalla narrazione in evoluzione.

The Bad Guy, la recensione dei primi due episodi: o vivi da eroe, o reciti la parte del cattivo

O vivi da eroe, o vivi abbastanza a lungo da diventare il cattivo. Ma Nino Scotellaro (Luigi Lo Cascio) non è il bad guy che tutti vogliono; lui è diverso, è un buono, sono gli altri che lo disegnano così. Lui, ex-magistrato, si è soltanto limitato a prendere i colori e riempire i contorni, vestendosi di quegli abiti da anti-eroe consegnatigli dai suoi simili.
Uomo di legge, Nino non si nasconde dietro un mantello, ma si aggira nell'oscurità. Come sottolineeremo in questa recensione dei primi due episodi di The Bad Guy, Giuseppe G. Stasi e Giancarlo Fontana dopo l'ottimo esordio di Metti la nonna in freezer, ritornano a scardinare i canoni della commedia all'italiana, strappando sorrisi e investendo di umorismo nero il mondo della criminalità. Le loro mani sono nuovamente voraci, i loro sguardi bacini pronti a riempirsi dei lasciti appresi da registi di culto come Edgar Wright per riscrivere in chiave moderna e contemporanea il mondo della mafia.

The Bad Guy Luigi Locascio
The Bad Guy: Luigi Lo Cascio nella prima foto della serie

Nessun boss da inseguire, o criminale da catturare; nel corso dell'opera è il cacciatore che si fa preda, l'eroe che all'investitura di idolo da applaudire, preferisce il buio della strada e del disonore così da agire in sordina, brancolando nel buio e pianificando indisturbato la propria vendetta. In un mondo bombardato dai giudizi altrui, dove gli utenti si svestono della propria unicità per divenire manichini da abbigliare, e contenitori da riempire con pensieri e pregiudizi esternati da terzi, anche i possibili eroi diventano i cattivi se le menti giudicanti e gli schermi dei social lo decretano.

L'inquadratura parlante

Pv Thebadguy Luigi Lo Cascio 2   Photo By Paolo Ciriello
The Bad Guy: Luigi Lo Cascio in un'immagine della serie

Che Nino sia destinato a vivere da misantropo, eroe decaduto, lo anticipano gli stessi registi, cogliendolo singolarmente nello spazio di un'inquadratura. Nessuno è disposto a condividere con lui la medesima cornice di ripresa, se non l'amata moglie Luvi (Claudia Pandolfi). Perfino la sorella Leonarda (Selene Caramazza) si fa nemica interna, voce votata alla giustizia e pronta a denunciare il fratello: un atto pre-annunciato da continui campi e controcampi che rivelano l'incapacità dei due di condividere tanto i pensieri, e i ruoli a loro affidati, quanto il medesimo spazio di un'inquadratura. Si avverte pertanto uno studio millimetrico delle istantanee cinematografiche pronte a prendere vita nell'universo di Stasi e Fontana. Vien da sé, pertanto, che ogni dettaglio in campo, soprattuto se restituito in formato mediale e a portata di doppio-schermo, non è mai lasciato al caso, ma figlio di un'elucubrazione attenta. E così la serie "Il magistrato buono", dedicata al fittizio personaggio di Paolo Bray - e padre di Luvi - è un gioco metatelevisivo e pluristratificato su un intelligente sviluppo antitetico e opposto sviluppato dalla serie madre. Perché in quello di Stasi e Fontana non c'è più nulla di buono: Nino è per tutti il magistrato cattivo, perfetto contrapposto speculare di quel padre putativo e suocero mancato elevato per anni a modello, e adesso ridottosi a carta carbone da replicare in maniera antitetica.

Gioco di luci e musiche

Pv Thebadguy Claudia Pandolfi E Luigi Lo Cascio   Photo By Paolo Ciriello
The Bad Guy: una scena della serie

È un gioco di opposti dipinto con luci accecanti e colori cangianti, pronti a illuminare il cuore della notte, per poi desaturarsi alla luce del giorno, The Bad Guy. Un quadro impressionista, con un tocco di Hopper, pronto a lasciar spazio alle fotografie à la Bill Pope e Newton Thomas Sigel ossia di grembi cromatici che colorano film come quelli diretti da Edgar Wright, o Nicolas Winding Refn. Un bacino citazionistico e autoriale, questo, in cui Stasi e Fontano tornano a intervenire a piene mani, lasciandosi influenzare anche nell'impiego della musica, a volte empaticamente coerente con l'umore sullo schermo, altre completamente opposta, e per questo ancora più di impatto a livello emotivo.

Bolide esteticamente perfetto in sosta

The Bad Guy Prime Video 23
The Bad Guy: Giulia Maenza

Linearità narrativa decostruita, puzzle scomposto e ricomposto a proprio piacimento, salti temporali e sguardi in camera: The Bad Guy si lascia alle spalle la canonicità del racconto naturalista, per tramutarsi in un gioco personale e travolgente dei due registi. Eppure, per quanto visivamente d'impatto, qualcosa frena il percorso di questi due episodi iniziali. È un nascondino alla ricerca dell'indizio finale, una caccia al tesoro sapientemente costruita, ma poco dinamica, la porta aperta sul racconto di The Bad Guy. Nessuno slancio improvviso nei primi giri compiuti dal bolide seriale firmato Prime Video; quello di questa serie è un processo da compiersi a piccoli passi, anche a costo di risultare lento, impersonale, incompreso.

Una storia di promesse

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The Bad Guy: Giulia Maenza in un momento della serie

The Bad Guy diventa allora la storia di una promessa; non quella di vendetta per un suocero ucciso, e nemmeno per una felicità depredata. The Bad Guy è la promessa di divenire ciò che gli altri hanno deciso essere: un'accettazione lunga sei episodi, in cui il buono viene indicato come cattivo, e in questo ruolo decide di trasformasi. Una trasformazione composta, realizzata e seguita dai due registi anche grazie a un Luigi Lo Cascio camaleontico e dalle mille personalità intrinseche. Una rinascita che l'attore rende credibile, fattibile, restituendo le due facce contrapposte di una stessa anima.

Un Bad Guy tra il dire e il fare

Thebadguy Primevideo Poster Vert
The Bad Guy: nuovo poster della serie Prime Video

Eppure in questa macchina ben oliata qualcosa si inceppa; i suoi funzionamenti cosi perfettamente costruiti, e magistralmente innestati incontrano un vuoto d'aria, una bolla che li blocca ingolfando il motore. Un rallentamento dovuto probabilmente anche al settaggio iniziale, e alla volontà di preparare lo spettatore, mettendolo alla conoscenza di ogni singola pedina in campo. E così, la costruzione estetica, unitamente alla resa registica, trovano uno stallo dal punto di vista narrativo componendo una disparità di resa tra ciò che si vorrebbe mostrare, e ciò che si racconta. Troppo avangurdistico dal punto di vista visivo nelle sue fasi iniziali, The Bad Guy vive sull'impronta di una narrazione ancora debitrice di uno stampo tradizionale nelle sue fasi introduttive che impedisce ai due poli di rafforzarsi a vicenda, finendo per depotenziare la loro carica esplosiva. Uno slancio in evoluzione, un'esplosione adesso messa in pausa, nell'attesa dello scoppio finale di una dinamite narrativa promessa e - si spera - restituita negli episodi a venire.
Solo così quella che è stata mostrata all'ombra dell'aspettativa come una serie buona, può non cadere nell'oblio della "cattiva TV", lasciando che a rivestire il ruolo di "bad guy" sia solo il nemico del protagonista, e con lui la maschera di Nino.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione delle prime due puntate di The Bad Guy sottolineando come la serie firmata Prime Video e diretta da Giuseppe G. Stasi e Giancarlo Fontana riesca a far sorridere di un tema così delicato come la mafia. Un progetto sostenuto dalle abilità interpretative di due attori di eccezione come Luigi Lo Cascio e Claudia Pandolfi e da una resa visiva fortemente di impatto. A frenare questo bolide in corsa è forse una narrazione ancora in fase di rodaggio, nell'attesa di scoprire cosa i restanti quattro episodi riserveranno a noi spettatori.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • La resa visiva e fotografica della serie.
  • La regia dinamica di Stasi e Fontana.
  • L'interpretazione di Luigi Lo Cascio.
  • L'uso della musica.

Cosa non va

  • Una narrazione ancora in fase di rodaggio.
  • Una disparità tra racconto e impianto visivo.