The Attaché, la recensione: Integrazione e paranoia in una serie ambientata a Parigi

La recensione di The Attaché, la nuova serie disponibile su Starzplay, che racconta l'arrivo di una famiglia araba in una Parigi colpita dagli attentati terroristici.

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The Attaché: Eli Ben-David in una scena

Ce ne sono poche, ma noi inizieremo la nostra recensione di The Attaché proprio dalle certezze. È una serie israeliana scritta e interpretata da Eli Ben David e gli episodi usciranno a cadenza settimanale ogni domenica su Starzplay dal 14 marzo. Episodi dalla durata di circa trenta minuti e che, infatti, non richiedono un grosso sforzo alla visione. Anzi, il ritmo degli episodi è parecchio elevato, ma la sensazione generale è che questa serie sembra intraprendere varie strade senza volerle sviluppare al meglio. L'effetto è parecchio straniante perché sulla carta The Attaché ha parecchi pregi e spunti tematici e narrativi molto interessanti. Va detto che abbiamo potuto vedere solo quattro dei dieci episodi che compongono la stagione, quindi non possiamo prevedere se e come la serie si svilupperà. Forse molti di quelli che al momento sono dei punti interrogativi troveranno risposta; probabilmente la storia, al momento così nebulosa, prenderà una direzione precisa togliendoci più di qualche dubbio. Per ora, però, rimane un disorientamento generale nonostante un inizio riuscito e una prima puntata coinvolgente. Ne parliamo meglio nei prossimi paragrafi, ovviamente senza spoiler.

Disorientati a Parigi

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The Attaché: una foto di scena

La vita sembra sorridere al nostro protagonista di nome Avshalom. Ha una moglie amorevole, un figlio vispo, e professionalmente sta avendo successo con la sua band musicale tanto da essere prossimi ad incidere un disco. Una sera, però, una notizia sconvolgerà i suoi piani: la moglie Annabelle ha trovato lavoro all'ambasciata israeliana a Parigi. Devono partire. Avshalom si ritrova, quindi, a seguire la moglie in una città che non conosce, senza lavoro, senza riuscire a parlare inglese o francese e, soprattutto, con la difficoltà dell'integrazione sociale. I nostri protagonisti arrivano in Francia proprio nei giorni in cui si compie un tremendo atto terroristico parigino trasformando il loro viaggio pieno di speranza in un incubo colmo di paranoia e difficoltà. Dovranno lottare contro i pregiudizi, gli sguardi accusatori, la difficoltà di essere considerati "terroristi" solo per la lingua che parlano e il loro Paese d'origine. Tra tutti, sarà proprio Avshalom a soffrirne di più. Il suo disorientamento sfocia presto in paranoia mettendo a repentaglio non solo i legami con la sua famiglia, ma anche la sua condizione psicologica.

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Fuori da ogni genere

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The Attaché: una foto di scena della serie

Un thriller? Quasi. Un dramma? Forse. Una commedia? A volte. Difficile provare a incastrare The Attaché in un genere preciso. Ogni puntata sembra concentrarsi su un aspetto diverso della storia di Avshalom e della sua famiglia, mantenendo un tono a cavallo tra il dramma e la commedia, ma dimenticandone alcuni aspetti da un episodio all'altro. Se le prime due puntate sembrano porre l'accento sulla paranoia crescente di Avshalom e sul rischio che possa essere considerato un terrorista in fuga, le rimanenti due che abbiamo potuto vedere dimenticano questo aspetto più appassionante per concentrarsi sulle difficoltà a iniziare una nuova vita in un luogo così distante da casa. Anzi, la difficoltà è proprio quella di non sentirsi a casa, di costruirne una nuova e di non avere le forze per farlo. Eppure, anche in questo caso, la serie sembra non voler prendere una direzione precisa, manca di graffiare e di stimolare davvero lo spettatore anche nei temi più cari, come la difficile integrazione e il pregiudizio. Difetto ancora maggiore è che le storie singole di ogni episodio sembrano interrotte senza una degna chiusura che possa dare un certo appagamento nella visione e, soprattutto, stimolare la curiosità necessaria per attendere l'episodio successivo.

Poco impegno

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The Attaché: Héloïse Godet in una scena

Come quegli studenti che avrebbero tutte le capacità per spiccare all'interno della classe e che non si impegnano per esserlo davvero. The Attaché è così: si intuiscono le potenzialità del racconto (basato sulla vera storia del protagonista) che potrebbero essere ottime, ma che non sono ben sviluppate. Si percepisce un discorso importante che non ha la forza di colpire lo spettatore. I personaggi stessi portano con sé un peso narrativo che, sviluppato in altri modi, potrebbe dar vita a ottime figure tridimensionali. È una serie che si accontenta col minimo, gettando qualche seme, qualche suggestione, qualche tematica nella speranza che possa bastare, cercando in tutti i modi non solo di non impegnarsi ma nemmeno di impegnare lo spettatore. A cavallo tra una serietà potenzialmente interessante e una leggerezza sulla carta piacevole, The Attaché racconta la storia di un protagonista disorientato rendendo disorientato anche lo spettatore.

Conclusioni

A conclusione della nostra recensione di The Attaché siamo un po’ delusi da questi primi quattro episodi. La serie israeliana avrebbe tutte le potenzialità per affrontare discorsi importanti quali l’integrazione e i pregiudizi, ma anche i cambiamenti della vita inaspettati e la forza di volontà per volgerli a proprio vantaggio. Eppure, con episodi di gran ritmo, ma troppo brevi, dà vita a uno strano ibrido che non convince né come dramma né come commedia. Probabilmente nel resto della stagione il personaggio (e la serie stessa) troveranno il giusto equilibrio, ma per il momento, nonostante un semplice e superficiale piacere di visione, si rimane parecchio disorientati.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • Gli episodi, della durata di circa mezz’ora l’uno, non annoiano e hanno gran ritmo.
  • Le tematiche che la serie vuole affrontare sono interessanti e potenzialmente importanti.
  • A cavallo tra dramma, thriller e commedia, la serie potrebbe appassionare…

Cosa non va

  • …ma sceglie di trattare il tutto superficialmente senza coinvolgere davvero lo spettatore.
  • Ogni episodio sembra chiudere troppo repentinamente la storia, spaesando e rimanendo in superficie.