È un cielo stellato, a tratti immenso, il mondo dello spettacolo; un firmamento attraversato da menti geniali, fuori dal comune, commistioni di una comicità brillante, ma spesso incompresa, perché anticipatrice sui tempi, irriverente e respingente verso un pubblico ancora impreparato ad accoglierla e assimilarla. Sembra paradossale constatare quanto il nome di Andy Kaufman venga oggi celebrato, amato, ammirato, quando solo pochi decenni fa la sua comicità venisse osteggiata e criticata.
Come sottolineeremo in questa recensione di Thank You Very Much, l'opera eletta Miglior documentario alla 80.esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, è solo l'ultimo tassello di un recupero sincero della personalità di Kaufman. Una sorta di omaggio entro il quale ritrovare un tentativo di rivalutazione e riscoperta di un genio incompreso, seminatore di una comicità che ha potuto sedimentarsi, crescere e finalmente germogliare nel corso di un'epoca come quella contemporanea, pronta ad accedere alla sua istrionica irriverenza. Una comicità in cui il personaggio è l'uomo, e il comico la sua creatura; un'ironia dove i confini si abbattono e la separazione tra realtà e fittizio viene meno, destabilizzando gli spettatori, investendoli di tanti dubbi e poche certezze. Thank You Very Much si fa pertanto saggio sincero sulla figura di Kaufman, un ringraziamento sentito, sprigionato con quella fanciullesca risata con cui il comico salutava il proprio pubblico disorientato a fine performance: "Thank You Very Much".
Comicità e pubblico: è tutta una questione di tempi
Il processo di recupero e rivendicazione a posteriori della genialità di Andy Kaufman non è stata cosa immediata; neanche la sua morte (per un cancro ai polmoni) ha stabilito un cambiamento nella percezione spettatoriale nei confronti del comico. Neanche la fine, cioè, ha cambiato le carte in tavola rendendo magicamente Kaufman un genio. La sua è stata una figura per anni rinchiusa nella bolla dell'estrosità, della stranezza, ma nulla più. Lo stesso insuccesso di un film come Man on the Moon (biopic dedicato a Kaufman e interpretato da Jim Carrey) è andato a confermare una certa ritrosia nel pubblico a recepire in maniera corretta l'eccentricità del comico. C'è voluto del tempo prima che i tempi cambiassero, la sensibilità del pubblico mutasse, e la potenza di una comicità più accessibile lasciasse spazio anche a un'ironia più pungente, intelligente, cattiva come quella di Kaufman. Il tempo pare ora giunto, e non c'è tempo migliore di quello attuale per riscoprire una figura come quella indagata da Alex Braverman in Thank You Very Much.
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Geni incompresi, battute non colte
Senza scadere nella facile apologia, Braverman tratteggia il personaggio di Andy Kaufman con l'intento di trascinarlo del tutto fuori dalla nebbia che lo avvolgeva, per insignirlo di quella luce che tanto aspettava di ricevere. Il suo nome può adesso nuovamente brillare sul palcoscenico dei ricordi, e sugli schermi della memoria. Grazie a un montaggio dinamico, cronologicamente saltellante, pronto a prendere per mano lo spettatore e insieme saltellare da un'epoca all'altra, il regista ha saputo viaggiare sull'onda dei ricordi, cogliendo in ogni attimo il cuore di un uomo sempre inafferrabile, imprevedibile, unico. Un uomo che andava oltre l'ispirazione, o l'estro di un momento: Kaufman diventava prigioniero e di se stesso e dei suoi personaggi; non creava, Kaufman, ma aderiva pienamente a un'idea fino ad assimilarla e incarnarla. Ed è qui che si ritrova l'essenza di un'eredità lasciata ai posteri e perfettamente restituita da Thank You Very Much: quello messa in atto da Kaufman era un totale annullamento dei confini che separano la realtà dalla finzione e il suo impegno nella performance ha reso inutile qualsiasi distinzione tra i suoi personaggi e la sua vita reale. Sequenza dopo sequenza, è l'affetto, la passione viscerale e l'ammirazione totale per Kaufman che va a infondere aliti di vita nello spazio di ogni raccordo. Ciononostante, Baverman è abile a non scadere nella facile retorica, o nell'elogio eccessivo, riuscendo a cogliere i momenti bui, i difetti, il passato celato e/o reinventato, e gli eccessi che hanno frenato l'ascesa di un interprete che tanto poteva dare, rimanendo bloccato nello spazio di un'eterna possibilità.
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Ritrarre l'inafferrabile
Quello realizzato con Thank You Very Much è pertanto un ritratto sincero, di cuore e di mente, dipinto con i ricordi e le testimonianze di chi ha incrociato il proprio percorso di vita e/o professionale con Andy, o chi lo ha semplicemente elevato a modello da seguire ed emulare. Con dovizia di dettagli, il regista lascia correre la propria opera su un percorso a tappe volte a dare un senso a una comicità che un senso a volte pare non averlo: sostenuto da materiali di archivio, interviste inedite e sketch televisivi d'annata, Thank You Very Much si sveste di didascalismo, o di una narrazione prettamente scolastica, per sussurrare ai propri spettatori la forma di una comicità ancora circondata da segreti e inganni; dopotutto il talento comico di Kaufman è un po' come la Coca Cola: inimitabile. Una comicità che non serve essere spiegata, ma percepita, sentita, amata. Dopotutto, se spiegata, una battuta non fa più ridere, no? Quindi tanto vale lasciarsi sommergere, come onde che si abbattano sull'esistenza, al silenzio di Kaufman; un silenzio fragoroso, a scena aperta, accolto da sincere risate. E grazie tante.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Thank You Very Much sottolineando come il documentario firmato da Alex Braverman riesca a tracciare con onestà di racconto, e un affetto di fondo, una personalità così incompresa e bistrattata negli anni come quella di Andy Kaufman. Un nome, quello del comico, soggetto a un processo di rivalutazione e riscoperta, a cui questo documentario fornirà un assist fondamentale.
Perché ci piace
- La voglia di far scoprire la comicità di Kaufman a chi non la conosceva, o non la capiva fino in fondo.
- Le testimonianze di colleghi, amici, o semplici ammiratori del comico.
- L'obiettività di racconto che salva l'opera dal rischio di cadere nella facile elegia.
- Il montaggio dinamico e coinvolgente.
Cosa non va
- Manca comunque un aspetto personale che avrebbe di fatto aiutato ulteriormente a comprendere il Kaufman uomo dietro quello del comico.
- La mancanza di testimonianze da parte di giovani comici circa il loro rapporto con Kaufman.