Se non spiccasse nel bel mezzo di una piazza medievale, quasi si confonderebbe nel panorama autunnale. È un enorme albero dalle radici bombate e le foglie purpuree. Una visione poetica, straniante e imponente. Alcuni lo notano soltanto per la stramba collocazione, mentre altri si fermano ai suoi piedi quasi in venerazione perché hanno riconosciuto l'Eterea, l'albero-simbolo della saga fantasy Shannara. Avviata quasi quarant'anni fa (era il 1977) con il romanzo La spada di Shannara, apripista di uno dei fenomeni editoriali più travolgenti di sempre, segnata da eventi bellici e dall'epica vicenda di razza in conflitto tra loro. Se per decenni l'appassionante lavoro di Terry Brooks è rimasta un'esclusiva cartacea, dopo il 2001 qualcosa inizia a cambiare.
L'uscita de La compagnia dell'anello sdogana definitivamente il fantasy, genere fino a quel tempo cinematograficamente assai timido, e fa sì che tante mani inizino a bussare alle porte della saga di Shannara. Il grande passo dalle pagine allo schermo avviene soltanto 15 anni dopo con una serie tv prodotta da MTV, The Shannara Chronicles, già confermata con una seconda stagione in arrivo all'inizio del 2017. L'approccio dello show abbassa leggermente il target del pubblico grazie ad una "vocazione teen", il che porta i giovani spettatori a riscoprire i romanzi e vecchi lettori a storcere un po' il naso. Ma cosa ne pensa lo stesso Terry Brooks? Lo abbiamo chiesto direttamente lui, di ritorno al Lucca Comics & Games dopo esattamente 6 anni, quando annunciò proprio l'avvio della trattative per una serie tratta dai suoi libri. Abbiamo scoperto un autore libero, una persona autoironica e disponibile, radicato nell'immaginario fantastico come solo gli alberi riescono a fare.
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Dalla pagina allo schermo
Cosa ne pensa della trasposizione messa in scena da The Shannara Chronicles?
Questa è la classica domanda a trabocchetto (ride). Beh, è chiaro che la serie non è propriamente la stessa cosa che ho scritto. Dobbiamo capire che sono due linguaggi diversi: i libri sono libri e le serie sono serie. Però devo dire che mi piacciono sia la resa dei personaggi che il livello degli attori, anche perché non sono un autore che ha un'idea chiara dell'aspetto dei propri personaggi. Alcune delle scene della serie erano così belle da farmi venire voglia di riscriverle. Certo, non ero sempre d'accordo con gli autori dello show, ma questo non nega che sia ben fatto.
Non ritiene la serie sia troppo rivolta ai teenager?
In realtà il primo obiettivo della serie TV era quello di venire incontro ai lettori che mi seguono da una vita, ma obbiettivamente, in seguito, è emerso uno sguardo molto giovanile sulla storia. Questo però non è affatto un male, perché i miei lettori sono cresciuti con me, per cui hanno iniziato a leggere la saga da ragazzi e questo approccio potrebbe farli tornare indietro nel tempo. Invece il pubblico dei giovani mi ha portato nuovi lettori, quindi li stiamo in qualche modo rieducando.
In che modo ha partecipato alla realizzazione dello show?
Sono stato sempre molto coinvolto dagli sceneggiatori. Ci siamo confrontati su ogni aspetto: dialoghi, nuove idee, definizione degli episodi. Se loro hanno domande sulla storia, possono tranquillamente scrivermi, perché per loro sono e sarò sempre reperibile. Allo stesso modo, qualora dovessi notare qualche errore, posso sempre correggerli e consigliare qualche modifica. Ecco, per quanto io possa dire la mia su tutto, dagli attori alla scenografia, non lo faccio mai perché non è il mio lavoro. Io sono uno scrittore. Vi faccio un esempio: io e mia moglie siamo stati 10 giorni in Nuova Zelanda durante le riprese. Abbiamo conosciuto tutta la troupe, ma ho assistito alla lavorazione senza commentare. Poi, diciamo la verità, controllare tutto quel materiale è davvero un mucchio di lavoro (ride).
Cosa avresti cambiato nella serie?
Attenti! Loro ci ascoltano, ci spiano. Ci stanno osservando (ride riferendosi agli autori della serie). Se devo proprio trovare una piccola cosa che non ho gradito, direi la rappresentazione della rinascita. Quando l'ho riferito mi hanno risposto: "Guarda che non piaceva neanche a noi, ma sono finiti i soldi". È davvero incredibile come 100 milioni di dollari oggi non valgano più di tanto.
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Chi è il personaggio della serie che più si discosta dalla sua idea iniziale?
Come ho detto poco fa, sono un tipo di autore che non si crea mai un'immagine rigida e definita di un personaggio. Preferisco pennellare e non scolpire. Ad ogni modo non credo ci siano personaggi estremamente diversi, almeno che uno non si fissi su aspetti come l'altezza o il colore dei capelli.
La nascita di un mondo
Come è nata la saga di Shannara?
Ho passato l'infanzia ad immaginarmi storie che raccontavo a me stesso, per cui questa saga fantastica è il prodotto naturale di una vita passata ad immaginare. Mi è venuto spontaneo.
Come ha creato l'universo narrativo?
Ok, per fortuna abbiamo due ore a disposizione (ride). Il processo creativo dietro la saga è stato estremamente graduale, anche perché prevedere lo sviluppo narrativo nel primo libro di quarant'anni fa sarebbe stato del tutto impossibile. Ho costruito il mondo poco alla volta, libro dopo libro, inserendo di tanto in tanto quello che mi serviva per arricchire una precisa storia. Per me ogni volta che finisco un libro è come costruire un trampolino per sviluppare i prossimi. E in ogni romanzo parlo sempre di noi, di me, di voi. Le mie storie nascono dal mondo reale e i problemi affrontati, siano essi grandi o piccoli, partono sempre dalla realtà.
Scrivere di mestiere
Cosa caratterizza il suo stile di scrittura?
Il mio primo obiettivo è sempre quello di non risultare mai didascalico. Non bisogna mai dire troppo, ma fornire cenni per far riflettere il lettore. Nella mia personalissima visione della letteratura lo scrittore e il lettore devono incontrarsi a metà strada. Per cui vi prometto che non sarò mai letterale e non vi invaderò mai di informazioni. Io voglio concedere uno sforzo al lettore.
La definiscono spesso "il Tolkien dell'era mdoerna". Le fa piacere?
Onestamente non so quanto sia vero, anche perché lui era un accademico, mentre io sono solo un avvocato (ride). Mi hanno chiamato in tanti modi, ma è chiaro che questa definizione la apprezzo molto e mi lusinga. Tolkien ha scritto cose impagabili.
Che differenza c'è tra la scrittura letteraria e quella televisiva?
Ce n'è essenzialmente una, che è qualcosa di fondamentale. Quando scrivi un romanzo, tu sei l'unico vero responsabile di quello che fai, delle tue scelte, di ogni cosa. Al contrario lavorare per una serie televisiva ti mette davanti alla necessità di un lavoro corale, pieno di compromessi e di tempi molto più lunghi.
Pensa di aver cambiato stile nel corso degli anni?
Sicuramente sì, guai se non fosse successo, visto che sono passati 40 anni dal mio esordio. Le cose che mi interessavano prima, ora non mi interessano più. Ad esempio una volta ero molto più coinvolto dall'epica, mentre adesso bado più al sodo di ogni storia. Ora scrivo più di mestiere e sono più pragmatico.
Cosa c'è nel futuro della saga di Shannara?
Ci saranno altri quattro libri, ma potrebbero essercene altri. Credo che continuerò a scrivere sino alla fine, sino quando le mie dita potranno battere su una tastiera, perché ho ancora tante altre idee.
L'incontro si chiude così: Brooks prende il suo cellulare e chiama sua moglie davanti a tutti. La signora è seduta nelle ultime file del teatro. La sua suoneria è quella della sigla di The Shannara Chronicles.