Terminator, i 40 anni del film che doveva sparire dai cinema al secondo week-end

Spegne 40 candeline sulla torta il primo Terminator, un film leggendario su cui la Orion Pictures non credeva affatto

Un dettaglio del poster di Terminator

Terminator di James Cameron è una di quelle scommesse cinematografiche alle quali, col senno di poi e con la complicità degli anni che sono trascorsi dalla sua uscita - 40 - si può applicare con scioltezza tutta una serie di epiteti o espressioni tipiche in casi di questo genere. Capolavoro, pellicola seminale, cult, pezzo di storia del cinema. Tutte queste cose qua che sono un po' automatiche e prive di fantasia, ma, diamine, se sono perfette per quello che James Cameron e la produttrice Gale Anne Hurd (che poi dal 1985 al 1989 è stata anche moglie del regista) tirarono fuori dal cilindro. Per la seconda si trattava di un vero e proprio esordio alla produzione di un film, mentre per il primo era già una seconda opera dopo il tormentatissimo, produttivamente parlando, esordio con Piraña paura.

Linda Hamilton in Terminator
Terminator: LInda hamilton in una scena del film

Ma per entrambi è stato lo strepitoso punto di partenza di carriere di altissimo profilo nel novero dell'industria del cinema nordamericana. James Cameron è semplicemente diventato "il re del mondo" andando a occupare, con Avatar, Avatar 2 e Titanic la prima, la terza e la quarta posizione nella classifica non aggiustata all'inflazione dei maggiori incassi cinematografici di sempre. Gale Anne Hurd è, in un contesto come quello di Hollywood tutt'altro che facile per una donna, una delle produttrici più potenti di La La Land. Un viaggio cominciato con quello che doveva quasi essere solo un B-movie nato dal know-how che Hurd e Cameron avevano acquisito facendosi le ossa nella factory del leggendario Roger Corman.

La lezione di Roger Corman

Terminator: Arnold Schwarzenegger nell'iconico ruolo
Terminator: Arnold Schwarzenegger nell'iconico ruolo

Per il concretizzarsi di Terminator, l'esperienza maturata da James Cameron e Gale Anne Hurd alla corte di Roger Corman fu fondamentale. Lo ha ribadito, di recente, anche la stessa Hurd a The Wrap spiegando che "lavorando per Roger in ogni possibile ruolo per alcuni anni, ho imparato il valore della pre-produzione". Una gavetta grazie alla quale la produttrice ha subito compreso che fare cinema è un lavoro di squadra, che tutte le persone coinvolte nel processo sono preziose e contribuiscono alla produzione indipendentemente dal ruolo che ricoprono. Ed essendo stata responsabile del marketing per la New World Pictures, aveva anche una chiara visione di quanto, nel percorso di post-produzione di una pellicola, fosse importante promuoverla in maniera adeguata e corretta.

Terminator - una scena del film di James Cameron
Terminator - una scena del film di James Cameron

Inevitabilmente, lei e Cameron, proposero la sceneggiatura di Terminator proprio a Roger Corman che però, seguendo il suo mantra all'insegna della produttività parsimoniosa, disse ai due che servivano loro più soldi, per fare un buon film, di quanti lui avrebbe potuto darne. E difatti per "girare bene" il film ci vollero 6.5 milioni di dollari ottenuti grazie alla HBO, la prima realtà a credere fortemente nel progetto acquistandone anticipatamente i diritti per il via cavo, alla defunta casa di produzione inglese Hemdale e alla Orion Pictures. E fu proprio quest'ultima a veder completamente disattese le basse aspettative sulla resa commerciale del film.

Nessuno, alla Orion, aveva previsto la capacità di Terminator di fare presa sul pubblico. Pensavano di avere per le mani un film d'exploitation "brutto, sporco e cattivo" che sarebbe subito uscito dai radar dopo il primo fine settimana. E invece rimase al primo posto per ben due week-end venendo scalzato solo al terzo da Oh, God! You Devil. Il film, che aveva esordito nei cinema nordamericani il 26 ottobre del 1984, finì per essere una hit dell'allora meno frequentato periodo che separava le uscite estive da quelle natalizie. Come sottolineò lo stesso Cameron al tempo, era meglio essere il pesce grosso di un piccolo stagno, che l'opposto.

Terminator: Arnold Schwarzenegger nell'iconico ruolo
Il temibile T-800 di Arnold Schwarzenegger

Alla fine, Terminator incassò ben 78,3 milioni in tutto il mondo, lanciando le carriere di James Cameron e Gale Anne Hurd e trasformando l'ex culturista austriaco Arnold Schwarzenegger in una delle più grandi star di Hollywood. Ma per Gale Anne Hurd, passare dal contesto indipendente di Roger Corman a quello degli studios di Hollywood fu anche una sorta di doccia fredda. Perché presso gli studios canonici, le donne non erano così ben rappresentate come in casa Corman. Una politica, quella cormaniana, che venne adottata anche sul set di Terminator dove c'erano una donna come assistente alla regia, una contabile donna e una direttrice di produzione donna. Solo dopo l'esperienza con questo film e l'ingresso nel sistema hollywoodiano classico, la produttrice comprese che quella non era la prassi.

Il lato oscuro della tecnologia

Non è di certo un caso se il night club che vediamo nella pellicola sia stato battezzato Tech Noire. Tutto Terminator è un grande monito sugli "aspetti più oscuri" della tecnologia e negli ultimi anni la sua portata allegorica e il suo "memento mori" sono diventati anche più evidenti in tutti gli ambiti delle attività umane. Hollywood compresa e, non a caso, buona parte delle rimostranze degli scioperi degli attori e degli sceneggiatori dello scorso anno, avevano proprio a che fare con la richiesta di tutele dall'IA.

Un timore condiviso dalla Hurd che dice "Non voglio che le persone perdano il lavoro, questo per me è la cosa più importante, e ho letto statistiche secondo cui entro il 2030 potremmo vedere il 30% dei lavori nell'industria cinematografica scomparire". Il principale timore e per il comparto degli effetti speciali, ma, aggiunge la producer, che "stiamo già vedendo lo stesso con la realizzazione degli storyboard e il design di produzione. Alla fine, l'idea di girare tutto con sfondi digitali renderà superflui i set in location. Interi team di costruzione e il reparto artistico non esisteranno più. È qualcosa che lascia davvero senza parole". Chiaramente, come ogni bel racconto di fantascienza che si rispetti, anche Terminator ci propone un'iperbole che ci mette in guardia da quelle che potrebbero essere le derive più pericolose dell'intelligenza artificiale.

Uno strumento che, giorno dopo giorno, diventa sempre più sofisticato già a livello di noi consumatori standard e che quindi, per i possibili impieghi al di fuori della nostra portata, militari in primis, può sicuramente già garantire un utilizzo "fantascientifico" di cui noi persone comuni non siamo neanche a conoscenza. Ma che possiamo ipotizzare proprio perché racconti come Terminator ci hanno offerto un possibile scenario. Esagerato, cupo e chi più ne ha più ne metta.

Una riflessione, questa, fatta anche dallo stesso James Cameron lo scorso luglio ai microfoni di CTV News. Analizzando i possibili rischi e le minacce poste dall'IA ha sentenziato senza indugi che ci aveva avvertito nel 1984, ma che nessuno è stato ad ascoltarlo. Il suo ragionamento si basa su un assunto terrificante sulla carta i cui sviluppi sono, allo stato attuale delle cose, ignoti fra profeti di sventura a tutti i costi ed entusiasti a tutti i costi dell'IA.

Cameron pensa che "armare l'IA sia il pericolo più grande. Penso che ci ritroveremo in una situazione analoga a una corsa agli armamenti nucleari con l'IA. Se non saremo noi americani a farlo, sicuramente lo faranno altri e così assisteremo a una escalation. Provate a immaginare un'IA in un teatro di guerra, l'intera battaglia combattuta solo dai computer a una velocità d'intervento inarrivabile per gli umani in cui si è persa la capacità di de-escalare il tutto". Per il papà di Terminator avremmo anche superato indenni il 27 agosto del 1997 ma, a quanto pare, la data del giorno del giudizio potrebbe solo essere stata spostata in avanti di qualche anno.