Il cowboy Terence Hill torna ad assaporare l'odore della biada e il gusto di montare un cavallo, in una nuova fiction per la Rai dopo il clamoroso successo de L'uomo che sognava con le aquile, campione d'ascolti di qualche stagione fa con un altisonante 37% di share. L'indimenticato interprete di Trinità, che ha ritrovato una seconda giovinezza con il fortunato Don Matteo, è ora protagonista della miniserie in due episodi L'uomo che cavalcava nel buio nel ruolo di Rocco, un insegnante di equitazione la cui vita è stata segnata dalla morte di Fabrizio, un suo allievo, padre di famiglia, avvenuta per un incidente durante una gara d'equitazione. Per quella morte è stato ingiustamente condannato e in essa ha visto infrangersi i sogni di un'intera comunità legata alla scuderia Montidoro, dove svolgeva la sua attività. Undici anni dopo il tragico evento, l'uomo torna alla scuderia per sbrigare delle faccende burocratiche: lì troverà la giovane Serena, figlia di Fabrizio, col sogno di salire in sella a una cavalla apparentemente indomabile per diventare finalmente un'amazzone sulle orme del padre. Contro le resistenze di sua madre, Rocco diverrà il suo mentore, e per l'uomo giungerà finalmente il momento di rinascere.
Prodotto da Rai Fiction e da Albatross Entertainment, il film mette di nuovo insieme la squadra che aveva determinato il successo de L'uomo che sognava le aquile affidando allo sceneggiatore Salvatore Basile anche il compito della regia. Ricco il cast, che vede accanto a Hill, tra gli altri, Francesca Cavallin, Domenico Mignemi, Marco Cocci, Ivo Garrani e la sorprendente Marta Gastini, al suo debutto in un ruolo da protagonista.
L'uomo che cavalcava nel buio ha potuto beneficiare del patrocinio di istituzioni ed enti e, oltre al cast tecnico ed artistico, alla conferenza stampa di presentazione del tv movie, in onda domenica 10 e lunedì 11 maggio in prima serata su RaiUno, sono presenti per l'occasione il sottosegretario Francesca Martini, con delega per la tutela della salute e del benessere degli animali, e il sottosegretario alle Politiche Agricole Antonio Bonfiglio, oltre a Paola Masini, capostruttura di Rai Fiction, che parla del film come di una "fiction di grande qualità, con l'atmosfera adatta ad una storia del genere, nello stesso tempo moderna e al di fuori del tempo. Sa coniugare in modo emozionante l'intrattenimento, la spettacolarizzazione, con dei contenuti profondi, quali lo sport, il rapporto terapeutico e formativo con i cavalli, l'inquietudine dell'adolescenza, il doping e l'amore che guarisce. Tutti questi elementi sono uniti da un filo rosso rappresentato da due valori fondamentali come l'onestà e la passione."L'uomo che cavalcava nel buio è anche l'occasione di raccontare il percorso formativo di una ragazzina annichilita dalle sue paure che grazie all'amore per i cavalli e per lo sport si metterà in gioco, diventando infine una giovane donna pronta ad affrontare la vita. "E' una fiction portatrice di grandi valori sociali - dichiara Francesca Martini - Il rapporto uomo-animale come relazione capace di curare rappresenta per me un valore aggiunto, che andrebbe diffuso di più, sia attraverso le istituzioni che i mezzi di comunicazione. Altro aspetto importante del film è il tema del doping. In questo periodo sto cercando di spingere sulla cultura dell'equitazione come sport fondato sul rapporto tra uomo e animale. Il doping riguarda non solo lo sportivo, ma anche gli animali e per questi andranno intensificati i controlli." L'incontro con la stampa è quindi proseguito con le domande dei giornalisti al protagonista della miniserie, l'attore Terence Hill.
Terence Hill, questa fiction rappresenta per lei l'occasione di un grande ritorno a cavallo dopo i western che l'hanno resa celebre nel passato.
Terence Hill: Questo film nasce dalla volontà di portare avanti il sodalizio con il produttore Alessandro Jacchia e lo sceneggiatore Salvatore Basile che aveva scritto L'uomo che sognava con le aquile. Ho chiesto loro come mai quel prodotto avesse fatto quello share fenomenale e mi sono sentito rispondere: 'Perché erano trent'anni che non salivi su un cavallo!'. E' nata così l'idea di questo film, incentrato sul mondo dell'ippica, un ambito non facile da portare sullo schermo e che ci aveva suscitato tanti dubbi. La storia scritta da Basile, che in questo caso è anche regista, offriva però un grande intrattenimento e abbiamo capito che era la strada giusta.Cosa le è piaciuto di più della sceneggiatura?
Terence Hill: Mi ha entusiasmato questa storia di guarigione che coinvolgeva non solo il mio personaggio, ma anche la ragazzina, sua madre, il nonno e tutti quelli che gli stavano intorno. Quello che mi piace è che sia la madre che la figlia sono rappresentate come persone normali. In televisione si sta sviluppando un linguaggio in cui il teenager per avere un impatto sul telespettatore deve per forza essere un ribelle. Serena rappresenta invece la maggioranza delle ragazze italiane. Sono convinto che le bambine, dai sei anni in su, potranno immedesimarsi nel suo personaggio.
Com'è cambiato il mondo dei giovani e dello sport rispetto ai suoi tempi?
Terence Hill: Io all'epoca prendevo solo la vitamina C, oggi i tempi sono proprio cambiati. Credo comunque che allenarsi tanto non dia sofferenza, ma solo soddisfazione. Spesso mi capita di sentire dire dagli allenatori dopo le partite che la squadra "ha sofferto" ma dopo quello che ho visto in America usare la parola sofferenza in questi casi mi sembra un po' esagerato.
Lei rappresenta un personaggio simbolo di un'Italia che vorremmo ci fosse, ma che è probabilmente in via d'estinzione. Sente la responsabilità di questo ruolo?
Terence Hill: Quello che si fa è sempre la somma di quello che si è fatto nel passato. C'è stato un episodio in particolare che mi ha responsabilizzato. Dopo aver fatto Trinità sono stato avvicinato da alcune madri che mi hanno chiesto di proseguire con questo tipo di film perché così potevano portare i loro figli al cinema senza alcun timore. Io cerco sempre di interpretare personaggi che non offendano. Io che vengo dal western grazie alla fiction ho avuto la possibilità di fare personaggi più profondi che raccontano storie importanti e questo da sempre grandi soddisfazioni.Dal punto di vista dell'attore, non ha invece voglia di tentare altre strade? Insomma, non è stufo di fare il buono?
Terence Hill: Faccio l'attore da quando avevo dodici anni e nella mia carriera ho interpretato ruoli dei più diversi. Sono stato anche il bandito Graziano cassitta nel film Barbagia diretto da Carlo Lizzani. Oggi non ho più queste velleità, ciò che mi interessa è il film, l'intrattenimento, avere scene con altri personaggi che mi stimolino. Non ho bisogno di fare il cattivo.