Recensione L'uomo che cavalcava nel buio (2009)

Il racconto di formazione si intreccia quindi alla bella storia di rinascita del protagonista, in un film pulito adatto alla famiglia che nei suoi personaggi, nelle loro fragilità e nei punti di forza saprà certamente riconoscersi.

La rinascita a cavallo

Da icona del cinema western degli anni '70, Terence Hill si è trasformato in questo nuovo millennio in un cavallo di razza del piccolo schermo. I prodotti che lo hanno visto protagonista su RaiUno, dalla serie tv Don Matteo al tv movie L'uomo che sognava con le aquile, sono stati infatti campioni d'ascolto, restituendo sotto nuova luce la faccia pulita e gli occhi azzurri dell'attore veneto all'immaginario collettivo. Il suo percorso prosegue sulla strada dei caratteri positivi, del modello di riscatto e sensibilità, in una nuova produzione RaiFiction e Albatross Entertainment che riportano Hill in sella a un cavallo. L'uomo che cavalcava nel buio rinnova la fortunata collaborazione dell'attore con lo sceneggiatore Salvatore Basile, qui promosso anche al ruolo di regista, per parlare ancora una volta di sentimenti e valori universali in un ambiente, apparentemente ostico da tradurre in tv, come quello dell'ippica.

Nella miniserie di RaiUno, Terence Hill interpreta un ex insegnante di equitazione messo alla berlina dalla giustizia e dalle persone che costituivano il suo mondo a causa di un tragico evento che l'ha visto suo malgrado protagonista: la morte del suo pupillo durante una gara, causata dalla caduta da un cavallo dopato. La colpa ricaduta sull'uomo l'ha condannato al carcere e a una vita solitaria, dalla quale si convince a uscire solo dopo dieci anni di purgatorio, per ritrovare la scuderia che l'aveva messo alla porta e una reputazione da ricostruire. L'occasione per la sua rinascita è tutta nella fiducia che gli accorda la figlia di quel suo sfortunato allievo. Tenuta lontane dalle stalle da una madre che non è mai riuscita a superare il dolore di quella perdita, la ragazzina (interpretata da una bravissima Marta Gastini qui al suo esordio) supererà le sue paure grazie al suo nuovo mentore che l'aiuterà a salire a cavallo per raggiungere quella vittoria che è mancata al padre. Il racconto di formazione si intreccia quindi alla bella storia di rinascita del protagonista, in un film pulito adatto alla famiglia che nei suoi personaggi, nelle loro fragilità e nei punti di forza saprà certamente riconoscersi.
La prima volta dietro la macchina da presa di Basile resta una formalità di servizio, lasciando che a fare la differenza sia una sceneggiatura corretta e solida, dalla deriva di certo un po' buonista, ma che sa comunque intrigare e appassionare. La difficile elaborazione del lutto e la fatica del perdono alimentano il racconto che oltre all'antagonista di turno, rappresentato dal nuovo tecnico sbruffone, propone un contrasto di sentimenti affini tra chi sente di aver perso tutto e dà o si prende la colpa per ragioni sbagliate. Qualche nota stonata si avverte negli accenti di sentimentalismo col commento musicale di Pino Donaggio e nei risvolti più scontati sui quali si appoggia la sceneggiature. In definitiva però, siamo di fronte a un discreto prodotto televisivo che avrà di sicuro il suo appeal e soddisferà chi crede ancora che le ingiustizie possono essere riparate e che alla fine le persone col cuore puro trionfano sempre. Siamo nel mare della retorica? Sì, ma con garbo e professionalità, e finché si può illudere tanto vale lasciarsi conquistare.