Roma, fine marzo, un hotel a pochi passi da Via Veneto. Mentre entriamo nella hall per intervistare Guy Nattiv e Zar Amir, riflettiamo su quanto Tatami, visto alla Mostra di Venezia del 2023 (qui la nostra recensione), avrebbe meritato di essere presentato in Concorso, invece che nella sezione Orizzonti. Il motivo? Presto detto: quello diretto da Nattiv e Amir è un film di pregevole fattura (narrativa e visiva), nonché capace di essere al contempo potentissimo e, per antitesi, dolcissimo. Un film diremmo attuale, che esplora, sfruttando al meglio gli archetipi sportivi, la conflittualità moderna esacerbata dal potere invasivo e repressivo della politica e della religione.
Ma è emblematico che Tatami sia anche un punto di incontro: oltre essere il primo film co-diretto da una regista iraniana e da un regista israeliano, è anche una presa di posizione che, appunto, incrocia diversi punti di vista, che si rimpallano su quel perimetro che da il titolo alla pellicola. Al centro della storia c'è la judoka iraniana Leila (Arienne Mandi) e la sua allenatrice Maryam (interpretata dalla stessa Zar Amir). Durante i campionati di judo, in Georgia, ricevono un avvertimento dalla Repubblica Islamica, in quanto ci potrebbe essere la possibilità che Leila, in finale, affronti una judoka israeliana. Un'incontro sgradito (anzi, proibito) secondi i dogmi, e dunque la ragazza deve fingere un infortunio, e ritirarsi. Leila però non ci sta, ha un sogno, e intende portarlo avanti. Costi quel che costi.
Tatami: video intervista a Zar Amir e Guy Nattiv
Un film di unione, e di regole che vengono infrante (complicato, oggi, infrangere le regole nell'arte), come ci dicono Guy Nattiv e Zar Amir nella nostra video intervista: "Oggi è difficile rompere le regole al cinema, soprattutto se hai molto budget a disposizione. Un film meno costoso è più libero, ci sono meno rischi. E ringraziamo i produttori per averci fatto girare un film in bianco e nero, persiano. Un approccio non facile, ma creativo. È stato un lavoro fatto con amore, cercando di rompere il muro del mainstream. Stiamo combattendo una buona battaglia, nonostante i pochi film in sala", spiega Nattiv.
Per Zar Amir, che abbiamo già visto e amato in Holy Spiders, passato a Cannes (dove ha vinto il premio per la miglior interpretazione femminile), Tatami è stato una sfida: "Avevamo poco tempo per girare, e credo che questo sia stato motivo di sfida. Parliamo di Judo, dovevamo capire come muovere la macchina da presa, sul set, intorno agli atleti. C'era la sfida della lingua, del lavorare con altre culture. Anche la post-produzione è stata low-budget, tutte le riunioni le abbiamo fatte on-line".
"Il potere nelle nostre mani"
Ciò che esce fuori, in modo lucido, è quanto la politica (non solo quella dittatoriale) abbia sradicato i sogni delle persone, entrando nel privato dell'individuo. Tuttavia, come dicono in Tatami, "abbiamo il potere nelle nostre mani". Una frase decisiva, su cui riflette Zar Amir, "Una frase forte, e attuale. È un film reale, il punto di vista è quello di una donna iraniana. Finché non siamo insieme, tutto traballa. Riunendoci troviamo la forza. Come per noi registi iraniani e israeliani. La gente non ha bisogno di litigare, abbiamo bisogno di pace. Di arte, di creatività. Pare non ci sia più futuro, e allora, perché non amarsi?"
Lo sport al cinema, il pericolo delle fake news
Se lo sport al cinema è sempre un viatico perfetto, in Tatami il bianco e nero è una citazione diretta a Toro scatenato di Scorsese. Come conferma Guy Nattiv: "Lo sport al cinema? Sfrutta il collegamento tra le persone, come tessuto connettivo. Toro Scatenato è un riferimento, e uno dei miei film preferiti, ma per Tatami ho tratto ispirazione anche da L'Odio di Mathieu Kassovitz e dal cinema viscerale degli Anni Settanta e Ottanta".
In conclusione, una riflessione su quanto il potere e la politica sfrutti in modo sordido la piazza dei social network, per amplificare il dissenso o il consenso, plasmando il pensiero sociale. "Questa è la realtà che viviamo", prosegue la regista, "I social sono diventati un loro strumento. Si fanno forti dietro ad essi". Per Guy Nattiv, invece, "Tutto inizia sui social. Anche le fake news. Penso ai conflitti ucraino-russo, o Israele e Hamas. Sui social c'è molta disinformazione, e tutto è manipolato".