Superman, recensione: il film di James Gunn è un gentile dito medio ai miserabili guerrafondai

Il fattore Krypto, gli occhi di David Corenswet e un cuore grande tanto quanto il suo budget: l'universo DC riparte esaltando la vulnerabilità e l'empatia, in un enorme spettacolo cinematografico che non rinuncia ad essere politico. Il miglior cinecomic degli ultimi anni? Senza dubbio. Al cinema.

Superman e Krypto

Non si può uccidere Superman, né il più profondo senso di giustizia che incarna. Nemmeno a pensarci, nemmeno se un villain da fumetto diventa il Presidente eletto o un piagnucoloso miliardario gioca a fare il profeta (cercando di nascondere la sua inettitudine). Non si può, perché Superman - creato da Jerry Siegel e Joe Shuster nel 1933 - incarna l'altra faccia degli Stati Uniti, quella che riflette - accecando? - la libertà e la moralità (anche se la morale è un concetto discutibile e pericoloso). Proprio gli Stati Uniti d'America, fondati e costruiti grazie agli immigrati. Per questo, James Gunn, che ha ereditato il controverso universo DC dopo una sequela di fragorosi flop, ha immediatamente chiarito il concetto, poi reso straordinaria pratica in un film pienamente riuscito: epico, commovente, lieve, romantico, a tratti drammatico, ma pure esplosivo e divertente.

Le responsabilità di James Gunn

Superman David Corenswet Foto
Il profilo di Superman

"Superman, che piaccia o no, è un film politico", ha detto Gunn. Ed è vero. Lo è, nel suo assunto di cinema spettacolare, e lo è nella declinazione empatica di un uomo-alieno smarrito e, guarda caso, divenuto un rifugiato costretto a nascondere la propria identità. Come? Diventando giornalista e prendendosi cura dell'oggettività e della verità. Elementi, questi, oggi piuttosto rari. Un alieno-divinità (il nome kryptoniano è Kal-El, in ebraico Voce di Dio) che si erge a salvatore senza una patria ma che, intanto, diventa parte di un tessuto popolare da cui assorbe il concetto di umanità e vulnerabilità. L'uomo d'acciaio è il pop nella sua forma più alta che incontra l'antropologia, la società, i libri di storia. Tuttavia, Gunn ha la capacità di plasmarlo seguendo un'intimità dal forte valore narrativo. Per questo è vincente, per questo è convincente: del fragore e delle battaglie sul grande schermo, pur entusiasmanti, resta sempre poco. Per fare la differenza serve l'anima.

È un uccello! È un aereo! È Superman!

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Una scena di Superman

La trama in poche righe: da una parte c'è Clark Kent (e sì, David Corenswet è il miglior Big Blue dai tempi di Christopher Reeve), giornalista del Daily Planet fidanzato con Lois Lane (Rachel Brosnahan). Dall'altra c'è Superman, che ha appena subito una batosta. Per la prima volta. Acciaccato, riprende le forze ritrovandosi al centro di un complotto. Si è messo in mezzo ad una questione geopolitica, facendo arrabbiare il Governo degli Stati Uniti: un paese alleato dell'America aveva pianificato l'invasione di uno Stato confinante (è la moda del momento), ma Superman si è intromesso scongiurando una sanguinosa guerra ingiusta (anche qui, i rimandi a ciò che accade dall'altra parte del Mediterraneo sembrano chiari, o almeno una visione empatica porta a trarre certe conclusioni). Soprattutto, ha indispettito l'invidioso e rancoroso Lex Luthor (Nicholas Hoult). L'AD della LuthorCorp mette in moto la macchina del fango verso l'eroe e, come se non bastasse, rapisce Krypto, l'indisciplinato cane (in affido) di Superman. Come insegna John Wick, questo è troppo.

Il coraggio di essere fragile

Dietro la sua granitica sostanza, Superman è forse l'eroe di cui l'immaginario collettivo dovrebbe finalmente riappropriarsi. James Gunn ha una reverenza quasi religiosa nei confronti del personaggio, pur sfumandolo di una leggerezza tale da renderlo incredibilmente accessibile, quasi fosse un eroe da fumetto pulp, e avvolgendolo in una calorosa estetica anni Settanta (alla fotografia Henry Braham). Superman è lì, tra le nuvole, a sfiorare le guglie di Metropolis. Eppure, è anche più giù, immerso tra quella gente capace di odiarlo e venerarlo allo stesso tempo. Quanta strada ha fatto: dai fumosi uffici dell'Empire State Building degli anni Trenta fino alla Hollywood del green screen.

Superman David Corenswet Rachel Brosnahan Dc Universe Lois Lane
Superman: David Corenswet e Rachel Brosnahan in una scena del film

Superman, risoluzione, capo espiatorio, la speranza che non muore: la contraddizione di un pianeta che brucia. E gli eroi, in fondo, cosa sono se non la trasfigurazione effimera della speranza stessa? Di più, per Gunn, Superman/Clark Kent è l'anti-eroe perfetto per illuminare - al cinema - gli incubi di un mondo sconnesso e impaurito. Per il regista de I guardiani della galassia, il personaggio diventa quindi un outsider dal cuore buono, che professa gentilezza, verità ed empatia, tracciando un solco e strutturando un punto di vista effettivamente politico.

Superman Krypto
Il cane Krypto

Insomma, James Gunn raccoglie e custodisce tutte le responsabilità del caso, in un film che segna, di fatto, l'inizio di una nuova epoca di cinecomic targati DC (come dire, meglio tardi che mai). Come? Sdoganando il cambiamento e facendo sì che ci sia una rinnovata esperienza cinematografica, scena dopo scena. A proposito di cambiamenti: Gunn non ha paura di rendere Big Blue straordinariamente vulnerabile, e quindi mai come ora lo vediamo ammaccato, sconfitto, sanguinante. A salvarlo, non solo la sua sovrumana forza ma una squadra di comprimari brontoloni, la Justice Gang (bisogna dirlo, ci mettono un po' ad acchiappare la sceneggiatura), e poi lui, il punto fermo, il deus ex machina di un film amabilmente dog friendly: Krypto (che ovviamente ruba la scena a tutti).

Un film politico, dal cuore grande tanto quanto il suo budget

Lex Luthor
Nicholas Hoult versione Lex Luthor sul set

Se si parla di cambiamenti si parla anche di differenze: l'autore non eleva il Kryptoniano ma, anzi, lo asciuga di quell'onnipotenza da primo della classe, trasformandolo in un simbolo di resistenza e di rivoluzione (e che bella la scena finale in cui un bambino alza al cielo il vessillo con la mitica 'S'). Una rivoluzione, come detto, sociale e politica. "Se non vi piacciono gli immigrati, allora non siete americani", ha ricaricato James Gunn, durante la prima del film. E c'è una frase emblematica, che esalta il senso ritrovato del personaggio: "Superman non è un uomo, è una cosa che è diventato il centro delle conversazioni del mondo intero, e io non posso, non voglio accettarlo", sostiene Lex Luthor. Glaciale e spregevole, il personaggio di Nicholas Hoult è assimilabile a uno dei tanti lobbisti sparsi per il globo, impuniti e legittimati nel considerare "cose" gli esseri umani. Distruggendo, pavidamente, la dignità di interi popoli.

Superman David Corenswet Rachel Brosnahan Kiss
Il bacio tra Lois Lane e Superman

Cosa non banale: Superman dimostra che dietro ogni film c'è una ri-lettura del contesto storico in cui viene prodotto; dietro la coltre da enorme blockbuster, quello di Gunn non rinuncia a essere metafora di un'epoca reazionaria e polarizzata (e soggetta a un'umoralità dettata da piani che puntano a screditare per mezzo dei social). Superman vuole diventare umano, e quindi vuole integrarsi, sentirsi meno solo. Diritto universale, oltre i confini geografici e mentali. E ciò che esce fuori è l'allegoria di un eroe capace di accarezzare con lo stesso amore un cane dispettoso e un'umanità sull'orlo del baratro. Superman, alla fine, è sempre stato parte di noi, tagliando a metà decenni di evoluzioni e involuzioni. Forse l'abbiamo capito solo adesso. Potenza di un cinema gigantesco, con il cuore grande tanto quanto il suo budget. Ciò che ci dice Gunn, dopo due ore di puro spettacolo, è dunque chiaro: il Bene non ha bandiera. Sono le nostre scelte a plasmare ciò che siamo, e non di certo la nostra nazionalità.

Conclusioni

James Gunn rilegge Superman. Simbolo di una umanità scevra dai superpoteri, alla ricerca dell'integrazione e della speranza. In mezzo, la presenza esplosiva di Krypto, gli occhi profondi di David Corenswet, la perseveranza di Lois Lane e una narrazione che punta al cuore e all'emotività. Il regista non ha paura di modellare una delle più grandi leggende pop, avvolgendo l'eroe da una grazia e da una gentilezza sfumata, capace di essere addirittura rivoluzione. Un enorme spettacolo cinematografico, che si fa carico di essere anche disamina politica. Non abbiamo dubbi, questo Superman è il miglior cinecomic degli ultimi anni.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.9/5

Perché ci piace

  • La regia di James Gunn, capace di modellare al meglio l'azione e l'intimità.
  • Il fattore Krypto (Superman è un film dog friendly!)
  • David Corenswet è il miglior Big Blue dai tempi di Reeve.
  • Il finale.
  • Le prese di posizione politiche.

Cosa non va

  • La Justice Gang funziona ad intermittenza.
  • La parte centrale ha un fisiologico calo d'umore.