Recensione Garfield il supergatto (2009)

Il placido Garfield verrà scosso dal suo torpore nientemeno che per salvare le sorti dell'universo: il suo atletico alter-ego Garzooka, infatti, richiede l'aiuto degli abitanti del mondo dei cartoni per sgominare la perfida Vetvix, che minaccia di ridurre tutti in schiavitù.

Supereroi con superpigrizia

Impossibile sbagliare: Garfield è un grosso gattone tigrato, dedito all'esercizio del cinismo ai danni del proprio padrone, l'imbranatissimo Jon, e del bonario cane Odie, nei ritagli di tempo che gli avanzano tra uno spuntino (preferibilmente a base di lasagne) e un altro. Il regista Mark A.Z. Dippé, però, non la vede in maniera così lineare. Garfield il Supergatto è infatti il terzo film di una serie iniziata nel 2007, di cui solo il secondo episodio, Garfiel's Fun Fest, è brevemente giunto sugli schermi italiani, e sceneggiata da Jim Davis, lo storico autore e disegnatore delle strisce dedicate al panciuto felino.


In questo nuovo universo Garfield, Jon, Odie, ma anche la sensuale gattina Arlene e il pestifero cucciolo Nermal, sono ben consci della loro natura di prodotti di fiction, tanto da recarsi agli studi di produzione ogni giorno per dar vita alla propria serie. Anche nel mondo dei cartoni, comunque, esistono i fumetti, e soprattutto esiste Pet Force: le esaltanti avventure di una squadra di supereroi animali, capitanati dal fiero Garzooka, i cui membri presentano inequivocabili somiglianze con i nostri protagonisti, che infatti ne sono accaniti fan. Ma nemmeno tra i fumetti tutto fila liscio: nonostante la vigilanza dei Pet Force, la perfida Vetvix è riuscita a impadronirsi dello Scombinatore Molecolare, un marchingegno capace di mischiare gli oggetti o le persone tra di loro, rendendo l'inquietante risultato dell'operazione schiavo di chiunque l'abbia ridotto in quello stato. Solo Garzooka è sfuggito alla furia di Vetvix, ma per sperare di batterla deve formare una nuova squadra, ed è per questo che travalicherà il confine che separa fumetti e cartoni animati e piomberà nel mondo di Garfield, deciso ad arruolare Arlene, Nermal e Odie nelle fila dei combattenti per la libertà. Ma anche al niente affatto impressionato Garfield è stato assegnato un ruolo di primaria importanza: dovrà infatti nascondere il cristallo Klopman, fonte di alimentazione dello Scombinatore, senza il quale la potenza bellica di Vetvix è azzerata.

Questo nuovo punto di vista, dai rimandi quasi metacinematografici, è il contributo più originale offerto dalla direzione di Dippé, che per tutto il resto si mantiene su binari piuttosto convenzionali, banalizzando anche il materiale di partenza senza sfruttarne i punti di forza e le caratteristiche più amate, o se non altro note, al pubblico. Aldilà di una manciata di sequenze, la vera natura di Garfield stenta a venir fuori, e se lo spettatore non possedesse già un proprio background faticherebbe a identificare nel protagonista le peculiarità che lo hanno reso famoso. L'esclusione del micio dall'azione sembra più dovuta alla presenza del suo clone più atletico che non alla sua familiare pigrizia, mentre delle battute taglienti che lo avvicinavano al pubblico più adulto non c'è addirittura traccia. Quest'ultima è senz'altro una delle conseguenze della scelta di privilegiare lo spettatore più giovane, che apprezzerà particolarmente anche le inserzioni slapstick, declinate nella loro accezione più esagerata. Con ogni probabilità anche il character design è stato pensato e realizzato per essere a misura di bambino, producendo però un risultato non molto accattivante, specialmente nel caso delle protagoniste femminili, ma che risulta comunque adatto a personaggi smaccatamente caricaturali come l'assistente di regia Betty e il professor Wally.

Garfield il Supergatto è una storia classica di riscossa che insegna come, con la buona volontà e la collaborazione, si possano superare i propri limiti e raggiungere risultati apparentemente impensabili. E questo è un messaggio sempre importante da ribadire, ma ciò non toglie che potesse essere trasmesso in maniera ancora più efficace da personaggi meno abbozzati e da una vicenda meno lineare, magari destinando un budget più alto allo sviluppo della sceneggiatura ed eliminando i costi relativi alla tridimensionalità, che ancora una volta è realizzata con una certa approssimazione e risulta più che superflua nell'economia della pellicola.

Movieplayer.it

2.0/5