Recensione Nickname: l'enigmista (2005)

Nickname: enigmista è un college/horror dignitoso, che ha però il difetto di mostrare cose già viste un centinaio di volte, e di non farlo in una forma migliore di tanti altri.

Sulla scia di Scream

I distributori italiani hanno provato a far man bassa della scia di successo tracciata dal (quasi) omonimo Saw - l'enigmista, per lanciare con un titolo analogo il film che in America si conosce come Cry_wolf.
Le analogie tra i due lavori si fermano all'assonanza del titolo.
Nickname: l'enigmista è un college-movie dei più classici, che si richiama al patrimonio di Scream e affini, mirando a scoperchiare attraverso il genere le paure e la psicologia del mondo adolescenziale.

Ambientato interamente all'interno di un campus studentesco, luogo sincretico e riassuntivo di una certa condizione giovanile, luogo di estrema libertà, di distacco dalla "serietà" del mondo adulto, e insieme prigione, isola (in)felice di speranze e paure, il film si dipana senza eccessive sorprese o momenti di alto cinema.
Il regista, Jeff Wadlow, non punta sul realismo o sulla verosimiglianza della vicenda. Anzi, tende a gettare un velo di incongruità e di lontananza dalla storia, quasi volesse celare tra le pieghe visibili della narrazione, nel girato, la soluzione non decrittabile dei suoi misteri.
Questa operazione, portata avanti da una narrazione non del tutto coerente ed omogenea, e coadiuvata da una fotografia patinata e vagamente televisiva, alterna momenti riusciti ad altri meno, creando qua e là un eccessivo senso di spaesamento e un'effettiva e reale disorganicità narrativa.

La sceneggiatura tenta di mescolare, non riuscendoli ad amalgamare perfettamente, elementi tradizionali del genere, la (quasi) seduta spiritica, il passamontagna (arancione, però!) e il coltello, con la nuova tecnologia che condiziona pesantemente la vita adolescenziale odierna: l'instant messenger ( e giù di product placement con Aol) il videofonino digitale e via discorrendo.
Operazione questa lodevole, ma non sviluppata al massimo delle proprie potenzialità. Interessante comunque l'introduzione di elementi così "quotidiani" inseriti in un contesto horror, chiaro (e critico) riferimento alla quotidiana socialità ma anche elemento di identificazione, e dunque di maggior disturbo, per gli spettatori delle nuove generazioni.

La costruzione del film si poggia infatti intelligentemente sul tentativo di creare tensione attraverso la costruzione scenica, rifuggendo la meccanicità degli splatteristici "schizzi-di-sangue-e-budella" dei quali oggi si abusa non poco.
Una pellicola dignitosa dunque, che ha però il gravissimo difetto di mostrare cose già viste un centinaio di volte, e di non farlo in una forma migliore di tanti altri.