Recensione E venne il giorno (2008)

Oggettiva metafora dei tragici eventi dell'11 settembre 2001 - da notare gli orari degli 'attacchi' che compaiono nelle prime scene del film - il nuovo atteso lavoro di M. Night Shyamalan finirà nuovamente per dividere pubblico e critica.

Suicidi ecologici

Sono le 8:33 a Central Park, due ragazze sono sedute su una panchina e chiacchierano del più e del meno. Dieci secondi dopo tutto intorno a loro si ferma, ogni persona sembra all'improvviso come ipnotizzata e preda di movimenti innaturali, persino l'aria sembra rarefarsi. Con un movimento lento una delle due si sfila il fermaglio dai capelli e ci si trafigge la gola. A poca distanza da loro scene di delirio nel traffico cittadino della Grande Mela, operai che si gettano dai grattacieli come inanimati, gente che si spara in testa per strada, migliaia di morti inspiegabili in poche ore stanno flagellando l'Ovest degli Stati Uniti. Inizialmente tutti pensano ad un attacco terroristico da armi chimiche ma si scoprirà ben presto che si tratta di tutt'altro. Le morti si moltiplicano, e si concentrano tutte nelle principali città dotate di grandi parchi, la spiegazione è presto data: la Natura è entrata in conflitto con l'umanità che ora è minacciata da una neurotossina letale, una forza invisibile che corre alla velocità del vento senza risparmiare nessuno.
Arriva anche a Philadelphia, città in cui Elliot, un insegnante di scienze, sta tenendo una lezione su percentuali e probabilità. Poco dopo è il panico generalizzato. La popolazione fugge dalle città verso i piccoli centri urbani di provincia e anche Elliot insieme alla moglie Ama, con la quale attraversa un periodo di profonda crisi, al suo amico Julian e alla figlioletta Jess, inizia la sua corsa contro il tempo alla ricerca di zone franche in cui rifugiarsi e attendere la fine del misterioso evento...

Oggettiva metafora dei tragici eventi dell'11 settembre 2001 (da notare gli orari degli 'attacchi' che compaiono nelle prime scene del film) il nuovo atteso lavoro di M. Night Shyamalan finirà nuovamente per dividere pubblico e critica. Perché se da una parte l'idea di fondo risulta azzeccata e la sua messa in scena ed abbastanza efficace nella prima parte, tutte le dinamiche familiari, che così tanto avevano convinto nei suoi precedenti lavori (vedi su tutti The Village e Signs), risultano invece prive di spessore e solo accennate, facendo perdere all'intera pellicola il suo senso più profondo. Il 'vero' Shyamalan non regge più di 25 minuti e concentra tutta la suspense, la sindrome da cine-paranoia e l'effetto sorpresa nella parte iniziale finendo per diluire tutto il resto nell'abisso della didascalia, della retorica filo-ambientalista, della psicanalisi delle fobie americane post-attentato. Sino ad un finale che più irritante e fastidiosamente esplicativo non sarebbe stato possibile. Ora, se si riuscirà ad apprezzare le buone intenzioni del regista, la straordinaria idea di fondo e l'incipit a dir poco agghiacciante, allora in parte ci si accontenterà e saremo a posto, altrimenti si griderà nuovamente alla disfatta.

Tornano i ritmi lenti e dilatati nella narrazione, i temi cari al regista quali l'alienazione dal mondo (incarnata dal personaggio dell'anziana signora che vive reclusa nella casa di campagna), i sentimentalismi, la religiosità e l'effetto sorpresa sempre dietro l'angolo, ma siamo lontani anni luce dalla realizzazione di un'opera completa, dotata di un senso compiuto e di un suo significato profondo indipendente dai film precedenti dell'ambizioso cineasta di origini indiane. A due anni di distanza dal discusso flop di Lady In The Water, Shyamalan tenta invano di tornare al successo attraverso un genere per lui inedito come il thriller catastrofico, che fino ad ora era rimasto prerogativa esclusivamente di suoi illustri colleghi dichiaratamente più interessati alla spettacolarità che al messaggio filosofico-ambientalista. Qui invece c'è tutto tranne gli effetti speciali, c'è una minaccia incombente ma del tutto invisibile, c'è preoccupazione, c'è una palpabile atmosfera di nervosismo creata dal regista attraverso immagini shockanti e spaventi fulminei. Immagini esplicite talvolta assai cruente che fanno sobbalzare dalla poltrona ma che contrastano non poco con gli elementi volutamente buonisti, moralisti e fortemente mistici disseminati lungo il resto della storia. Per non parlare dei dialoghi e della povertà di invenzioni di una sceneggiatura che smorza non solo la potenza visiva del film ma anche l'impatto orrorifico di una storia thriller dalle enormi potenzialità, ridotta alla fin fine ad un cumulo di banalità troppo difficile da digerire.

Rimane qualche straordinario fermo immagine, tanto macabro quanto poetico, qualche inquadratura ad effetto e qualche sequenza memorabile (su tutte quella della morte dell'anziana psicotica e quella dell'auto decappottabile) ma manca del tutto la caratterizzazione dei personaggi - fondamentale in una vicenda così 'umana' come quella narrata - sciaguratamente privi di fascino e di senso dell'umorismo volontario. Gli attori riescono a fare veramente poco. Poche delucidazioni, nessuna spiegazione plausibile. Soltanto illazioni abbozzate e qualche riflessione che sa di lezioncina: la serenità familiare e la predisposizione verso il prossimo possono rappresentare (forse) una sorta di panacea per tutti i mali del mondo.

Possiamo così catalogare E venne il giorno come l'ottima intuizione di un regista di talento che ha perso la sua verve ironica e i suoi guizzi geniali nella scrittura, un artista che nella fretta di risalire la china nel cuore del suo annoiato pubblico ha finito per impantanarsi nel suo stesso orticello con un'opera che si lascia guardare anche con piacere ma resta clamorosamente incompiuta.

Movieplayer.it

3.0/5